giovedì 3 maggio 2018

Juno.00011.000 - Carmel - 000

[Inizio]

Juno entrò nello studio del sindaco di Bosa William, e vide seduta di fronte alla sua scrivania una monaca carmelitana scalza (riconobbe l'abito dell'Ordine); William si alzò, fece accomodare Juno e le disse: "Questa è Madre Maddalena dell'Incarnazione, carmelitana scalza ..."

"... Indegna!", lo interruppe la monaca, e Juno sorridendo (aveva sorriso anche William) rispose: "Ed io sono Juno Dejana, ebrea per scelta, ma senza alcun merito. Piacere di conoscerla".

"Piacere", disse la monaca, e le due si misero a ridere quando scoprirono di essersi poco più che sfiorate le mani, non strette.

"Neanche a noi ebree piace stringere la mano, sorella", disse Juno, e Maddalena rispose: "Va bene così, allora".

William cominciò a parlare: "Cara Juno, Madre Maddalena dell'Incarnazione dice che vorrebbe fondare un monastero di clausura qui a Bosa ...".

"Benvenute!", interruppe Juno, "Vi auguro ogni successo!"

"... Però lei teme che gli abitanti della città non siano in grado di sostenerlo", proseguì William, "Per questo è venuta da me, e le ho dovuto rispondere che dei benefattori la posso aiutare a trovarli, ma il Comune non può impegnarsi direttamente".

"Non è per cattiveria, sorella", si incaricò di spiegare Juno, "William è un cristiano riformato che alla laicità tiene molto. Quando è diventato sindaco ha soppresso tutti i contributi agli enti religiosi ed alle associazioni culturali, ma nel contempo ha limato le imposte comunali del medesimo importo. Ed ha spiegato ai cittadini che lo ha fatto per responsabilizzarli, in modo che ognuno faccia la sua propria politica culturale e religiosa donando il proprio denaro alle associazioni ed agli enti che più gli garbano".

"E credo che i cittadini mi abbiano capito", intervenne William, "Le donazioni agli enti culturali e religiosi sono aumentate dopo che ho preso questo provvedimento. Avete provato a lanciare una raccolta fondi e vedere se ci sono possibilità per voi?"

"Per acquistare o costruire il monastero abbiamo raccolto dei fondi", rispose Maddalena, "Quello che temiamo è che una volta venute qui a Bosa, la generosità dei fedeli si prosciughi e ci tocchi andarcene. Bosa non è una città ricca, e sono virtù sia la fiducia in Dio che la prudenza nel valutare le nostre possibilità".

"Ho capito", sussurrò Juno, e poi si rivolse alla monaca: "Credo di aver capito perché William mi ha chiamato. Forse voi sapete che il mio stabilimento arborizza placente, ovvero trasforma la placenta di una persona (quella con cui è vissuto 'in utero' oppure una creata a partire dalle sue celle staminali) in un albero capace di fornirgli nutrimento e connessione Internet; e saprete magari che io sono capace di creare placente arborizzate collettive, capaci cioè di nutrire e connettere più persone. Se voi riuscite a procurarvi un monastero con un cortile o chiostro, posso piazzare lì dentro una placenta da venti persone - e se non ricordo male, la vostra regola stabilisce che un monastero non abbia oltre tredici monache".

"Quel limite lo aveva stabilito in un primo tempo Santa Teresa di Gesù, ma poi fu portato a ventuno. Ma come fa un'ebrea a sapere queste cose?", chiese Maddalena, e Juno rispose: "La mia risposta potrebbe scandalizzarla, sorella. Diciamo che ho fatto una transizione simile alla sua: come lei era stata destinata alla vita laicale e per questo aveva ricevuto un nome, ma poi ha scoperto che doveva essere invece una monaca scalza, e per questo ha cambiato abito e nome - così io ero stata assegnata alla nascita al sesso maschile ed avevo ricevuto un nome acconcio, ma poi ho scoperto che dovevo essere invece una donna ebrea, ed ho cambiato corpo e nome. Nel frattempo ero stata un terziario carmelitano scalzo ed ho imparato quello che mi ha sentito dire".

"Paragone ardito. Che sentimenti ha ora verso il Santo Carmine?", chiese Maddalena, e Juno rispose: "Il Carmelo Scalzo è un ordine magnifico, sono contento che veniate qua e vi pianterò una placenta da cinquanta persone (non ho misure intermedie - vorrà dire che il di più sarà per altri poveri). L'assistente spirituale mi trattava un po' male, ma non era tutta colpa sua visto che avevo la sindrome di ..."

"... Asperger?", chiese Maddalena, e Juno rispose: "Sì. Ma come lo ha capito?"

"Juno, ce l'ho anch'io", rispose sorridendo Maddalena, "Ho dovuto chiedere una dispensa speciale per prendere i voti!"

"E non potevano certo negargliela", disse Juno, "Visto che anche Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo era Asperger!"

Entrambe le donne si misero a ridere come ragazzine, ed anche william sorrise, pur non rendendosi del tutto conto di cos'era la Sindrome di Asperger.

Quando smisero di ridere, Maddalena disse a Juno: "Beh, possiamo darci del tu ora".

"Giusto. Siamo entrambe Aspie", rispose Juno, "Ma ti devo avvertire che ho anche dei tratti della sindrome di Tourette!"

"No problem. Quando vieni a piantare nel chiostro la tua placenta arborizzata ti faccio sorvegliare da tre monache come prescrive la regola!"

"È così pericolosa questa sindrome?", chiese stupito William, e Juno ammise: "Rende ipersessuali".

"Siamo vergini, ma non ingenue", precisò Maddalena, "e Juno non mi sembra richiedere precauzioni speciali. Le tre monache devono sorvegliare chiunque debba varcare la clausura - come ad esempio un elettricista od un giardiniere".

"Grazie, Maddalena", rispose Juno, "Però ora tocca a te spiegarmi com'è che conosci anche la sindrome di Tourette".

"Prima di entrare nel Carmelo ero una psicologa clinica. Credo di aiutare di più il prossimo così - pregando".

"Capisco, anche se non è la mia vocazione", disse Juno, e Maddalena rispose: "'Se tutti i piccoli fiori volessero essere rose, la natura perderebbe il suo manto primaverile', diceva Santa Teresa di Gesù Bambino. Va bene così".

"Sono belle parole per una persona neurodiversa", commentò Juno, facendo sorridere Maddalena.

Rimasero tutti e tre un attimo in silenzio, e Juno poi chiese: "Avete già trovato la sede del monastero?"

"Stiamo cercando. Vorremmo evitare di ricorrere ad un'agenzia immobiliare, per risparmiare".

"Mia moglie è ingegnera ed è ancora iscritta all'albo degli agenti immobiliari", disse Juno, "Potrei chiederle che può fare per voi 'pro bono'".

"Grazie!"

"E forse ho un posto per voi - non è detto però che vi soddisfi".

"Lo vedremo. Però ora vi devo salutare perché fra poco parte l'autobus per Nuoro. Devo tornare tra le mie consorelle".

"Buon viaggio!", dissero Juno e William, e Maddalena si congedò.

Tornata a casa, Juno parlò con Rebecca ed Eva dell'incontro con Madre Maddalena dell'Incarnazione, e Rebecca disse: "Una mano gliela possiamo dare, ma ho dei progetti importanti da finire. Se ritardo non perdo solo i clienti, devo pagare delle penali. Eva, saresti disposta ad aiutare le monache a trovare casa?"

"Certo, Rebecca. Ma io sono un robot, non posso firmare contratti, relazioni tecniche, eccetera".

"Tu li redigi, io li firmo", rispose Rebecca, che ricordò ad Eva: "Sei sempre stata molto brava. Questo sarebbe il tuo primo progetto che seguiresti autonomamente, con poca supervisione da parte mia".

"Lo apprezzo molto e meriterò la tua fiducia. Semmai ... siamo sicure che la monaca possa impegnare l'ordine del Carmelo Scalzo?"

"Che intendi dire?", chiese Juno, avvocata in pensione, a cui le parole di Eva avevano fatto risuonare una corda nascosta, ed Eva rispose: "Prima di affaticarci, sarebbe opportuno sapere chi dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi ha il potere di firma e può perciò impegnarlo a procurarsi un monastero qui a Bosa. Non vorrei che noi perdessimo tempo solo perché una monaca voleva fare conversazione".

"Una monaca non esce di clausura senza un buon motivo", rispose Juno, "Ma hai ragione a dire che occorre indagare su chi può prendere questa decisione".

Rebecca, come titolare dello studio di ingegneria, ed agente immobiliare tuttora iscritta all'albo, si assunse il compito di inviare delle raccomandate al monastero delle carmelitane scalze di Nuoro ed alla Provinicia Carmelitana dell'Italia Centrale (dal 1909 ha giurisdizione anche sulla Sardegna) per richiedere conferma ufficiale dell'incarico.

La risposta fu una procura firmata dal Padre Provinciale, con la quale si delegava Madre Maddalena dell'Incarnazione a svolgere tutte le attività necessarie per creare un monastero di carmelitane scalze a Bosa. Ad essa seguì una lettera d'incarico di Maddalena - pertanto Rebecca a sua volta incaricò Eva di accontentare la madre.

La prima proposta di Eva fu di chiedere alla Diocesi di Bosa di cedere all'Ordine del Carmelo Scalzo la chiesa di Sant'Antonio Abate, e costruire accanto ad essa il monastero; malgrado la chiesa fosse appartenuta in passato all'Ordine, Maddalena bocciò la proposta perché da molti anni la chiesa era pericolante (sul serio!), e restaurarla e costruirvi accanto il monastero sarebbe costato troppo.

L'idea meno costosa la propose Juno: il campeggio naturista lungo la strada Bosa-Alghero era stato chiuso perché la concessione demaniale non era stata rinnovata, e le case mobili erano state custodite in un capannone dello stabilimento farmaceutico dell'"Arbor Vitae".

"Se diamo queste case mobili alle monache, dove le mettono?", chiese Eva, e Juno rispose: "Dentro il cortile del Castello Malaspina. Lì c'è già una magnifica chiesa dedicata alla Madonna!"

Rebecca ed Eva si guardarono costernate; il sindaco William Basenji, quando Juno glielo propose, strabuzzò gli occhi e disse: "Scusami, vuoi privatizzare uno dei nostri tesori artistici, nonché attrattiva turistica? A parte il fatto che andrebbe contro il mio laicismo, devi spiegarmi come potrebbero dei turisti visitare il castello trasformato in monastero senza disturbare le monache! Il castello sarebbe perduto per la città!"

Maddalena stroncò il progetto con un laconico: "Scherziamo?", ed Eva potè perciò formulare una proposta alternativa: il ponte pedonale sul Temo avrebbe dovuto stimolare lo sviluppo della zona sud della città, tra l'ansa e la strada per Bosa Marina, ma non era avvenuto - il monastero sarebbe stato costruito in una zona vicina al ponte, ma non urbanizzata, abbastanza tranquilla, e si sarebbe affacciato sul fiume Temo.

Il prezzo di acquisto dei terreni, e di costruzione del monastero, appariva abbordabile, e Madre Maddalena firmò tutti i documenti necessari. Il monastero dedicato a Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo stava per nascere.

Il progetto di Eva per il monastero prevedeva l'impiego di avanzate tecniche di bioedilizia per consentire alle monache di stare al fresco in estate ed al caldo in inverno con consumo energetico minimo. L'energia elettrica e l'acqua calda erano fornite da pannelli solari (con batterie e serbatoi di accumulo), e l'acqua potabile da un potabilizzatore sul fiume Temo; i rifiuti alimentari finivano in un compostatore, ed i liquami in un piccolo depuratore.

"Ci sono due cose che non capisco, Eva", disse Rebecca rivedendo il progetto, "La prima è che non hai previsto l'allacciamento alle fogne, all'ENEL e ad Abbanoa ..."

"Il Vangelo secondo Giovanni, capitolo 17, dice che i discepoli di Gesù sono ancora nel mondo, ma non sono più del mondo", rispose Eva, "Ed ho voluto evidenziare questa separatezza eliminando fili e tubi di collegamento".

"Rimettili nel progetto. Queste sono monache scalze, non Amish, che effettivamente non vogliono essere collegati alla rete elettrica, dell'acqua, eccetera, per il motivo che hai detto", rispose Rebecca, "E se nel monastero c'è un guasto? Le monache restano al buio, si tengono la sete, non vanno in bagno, eccetera, finché non viene riparato?"

"Va bene, modifico il progetto", disse Eva, e Rebecca aggiunse: "Altra cosa strana è che tu hai previsto sia lo spazio nel chiostro per una placenta arborizzata da 50 persone, sia una cucina ed un refettorio, che la placenta renderebbe superflui".

"Quando sono venuta qui a Bosa ho visto che avete festeggiato il mio arrivo con una cena, pur avendo tutte quante la propria placenta arborizzata. Il valore conviviale ed organolettico del cibo ha prevalso su quello puramente nutritivo. Penso che capiterà spesso alle monache di voler condividere il pasto, pur potendo esse nutrirsi in altro modo".

"Ma lo sai che hai avuto un'idea geniale?", disse Rebecca, e chiamò subito Juno, che ascoltò le due donne e poi disse: "Rebecca, mi stai dicendo che vorresti far riprogettare da Eva le celle delle monache in modo da dare ad ognuna la propria placenta nutritiva. Mi pare un'idea più da Certosa che da Carmelo - i certosini infatti mangiano nella loro cella da soli nei giorni feriali (il cibo glielo passano attraverso una ruota che si trova nella parete di ogni cella), ed insieme solo in quelli festivi, subito dopo la messa".

"Sicura che non possa piacere alle monache?", chiese Eva, e Juno rispose: "Glielo possiamo sempre chiedere. Potrei far notare che con questo sistema si evita lo spreco di avere una placenta da 50 persone piantata in un luogo in cui ne può nutrire al massimo 21. Altre placente da 10 persone l'una possono essere piantate intorno al monastero, cosicché esso, anziché consumare elemosine ed altri sussidi per i poveri, ne produce invece - senza che le monache debbano muovere un dito ed interrompere la loro preghiera".

"Però la placenta non può essere tenuta al chiuso", osservò Rebecca, "Ogni cella dovrebbe avere un piccolo orto in cui far crescere la placenta ..."

"... E sulla parete ci vorrebbe un orifizio attraverso cui entra la propaggine della placenta che nutre la monaca attraverso il suo ombelico", interruppe Juno, "Non si può pretendere che una monaca magari vecchia, malata, e con problemi di mobilità, si esponga alla pioggia, al gelo, al maestrale ed al solleone per nutrirsi".

"Certo che no", osservò Eva, "Direi che conviene chiedere alle monache se piace quest'idea, prima di riprogettare il monastero".

"Io chiederei loro anche un'altra cosa", disse Juno, "Se potrebbe piacer loro la cucina vegana crudista".

"Vuoi ceder loro le attrezzature del nostro ristorante 'Pardes Rimmonim'?", chiese Rebecca, e Juno rispose: "Sai anche tu che tutte le placente che abbiamo venduto e stiamo vendendo in Europa e nel mondo stanno limitando il ruolo dei ristoranti e dell'industria alimentare, che guadagnano sempre meno. La nostra fortuna è che tutti i debiti del 'Pardes Rimmonim' sono stati pagati da un pezzo, e possiamo accontentarci di un margine di profitto risicato. Ma i nostri soldi li possiamo spendere meglio in altro modo".

"Senza ristorante naturista, saltano anche le iniziative naturiste in città", osservò Eva, ma Rebecca rispose: "Juno mi ha detto che vuole creare una biblioteca ed una scuola di cultura politica naturista ed antifascista - i locali del ristorante andrebbero benissimo, con qualche ritocco".

"Magari chiederemo alle monache di prepararci il buffet per questi incontri", disse Juno, e Rebecca ribattè: "Sono monache di clausura! Queste cose le fai fare ad una congregazione di vita attiva, semmai!"

Eva preparò perciò due versioni del progetto: la prima era quella originale, ma che prevedeva gli allacci ad acqua, luce e fogne (ed il serbatoio del GPL per la cucina - non arriva il metano in Sardegna); la seconda era quella, sempre con gli allacci, resa simile ad una certosa, con spazi per le attività collettive ed individuali delle monache.

Maddalena e le altre monache approvarono la seconda versione, ed accettarono in dono le attrezzature del "Pardes Rimmonim".

Furono piantate le placente da 10 intorno ai confini del monastero (cinti non solo da un un muro, ma anche da una fascia verde con alti alberi per attutire i rumori), ed il Vescovo venne a benedire la posa della prima pietra.

In un anno il monastero fu completato e le monache poterono entrarvi. L'edificio era un quadrato con tre lati occupati ognuno da 7 celle (per un totale di 21), dotate ognuna di bagno ed orto con placenta; il quarto lato era occupato in parte dai locali comuni (cucina e refettorio, lavanderia ed impianti tecnologici, biblioteca e capitolo), ed in parte da quelli aperti al pubblico (cappella, sacrestia, alloggio per il cappellano, portineria, minuscolo centro informativo).

Essendo il monastero relativamente vicino alla cattedrale ed alle altre chiese della città, non fu ritenuto indispensabile distaccarvi un cappellano - un sacerdote diocesano ogni mattina avrebbe raccolto le confessioni delle monache e detto messa prima di tornare dai suoi parrocchiani.

Terminato il monastero, Eva chiese a Rebecca e Juno se poteva aiutare le monache.

"In che modo?", chiese Rebecca, ed ella rispose: "Ho proposto di fare del 'centro informativo' un negozietto in cui vendere libri, oggetti liturgici, ed altre cose che producono i monasteri carmelitani - io ne sarei la commessa ..."

"Lo spazio c'è, ma occorre chiedere una licenza", commentò Rebecca, "E poi?"

"Mi proporrei come cuoca. Le monache non conoscono la cucina crudista, anche se la loro regola è vegetariana, ed hanno preso un fornello a gas a due fuochi per cucinare".

"Orrore!", esclamò Juno, "Un giorno o l'altro qualcuna ci lascia le penne!"

"Se riesci a pensare ai progetti del nostro studio mentre fai la commessa e prepari il cibo", disse Rebecca, "Va bene".

Anche Juno acconsentì, ed aiutò il monastero ad avere la licenza, ed a trasformare il "centro informativo" in negozio - poiché il locale era fuori dalla clausura, Madre Maddalena non ritenne indispensabile farle sorvegliare da tre monache durante il lavoro.

Qualche giorno dopo Maddalena chiese a Juno e Rebecca di venire in parlatorio, e quando esse giunsero ella confermò la loro intuizione: Eva meditava di farsi monaca.

"Non ce ne ha ancora parlato", disse Juno, e Maddalena disse: "Eva mi ha detto di essere un robot - l'avrei creduto un delirio, ma toccandola mi sono accorta che lei non ha una pelle umana, e dove noi abbiamo l'osso sacro ha la presa di corrente per la ricarica. Devo chiedervi a questo punto quali sono le facoltà di Eva".

Juno rispose: "Ehm ... ammetto di averla comprata come robot sessuale sapendo di dover star lontana due mesi da mia moglie ..."

"Dovresti vergognarti un pochino, Juno", osservò Maddalena, "Eva me lo ha detto, e mi ha raccontato la sua strabiliante vita sessuale. Ma che famiglia siete, che non riuscite a concepire altro legame interpersonale che non sia erotico?"

"Eva ci è riuscita", osservò Rebecca, "Altrimenti non penserebbe a monacarsi".

Juno aggiunse: "Ecco, Eva deve aver superato le aspettative dei suoi creatori, così come ha superato le mie. Ma una donna con quella 'strabiliante vita sessuale' la vorreste come monaca?"

Maddalena (non vista, perché dietro una grata ed una tenda) alzò un attimo gli occhi al cielo e spiegò: "La fondatrice del nostro ordine in Francia, Beata Maria dell'Incarnazione, era una vedova con sei figli. La verginità è fortemente raccomandata, ma non indispensabile. Il problema è un altro: è un essere umano Eva?"

Rebecca rispose: "Non è nata da donna", Juno propose una diversa prospettiva: "Conosce rav Abraham Joshua Heschel?"

"Ho letto qualcosa di lui", rispose Maddalena, "È molto stimato in Italia anche dai cattolici".

"Ecco", rispose Juno, "Per Heschel non esiste una natura umana, in lui l'etica precede l'ontologia, e per lui l'essere umano è quello che sa di essere necessario per Dio ed investito da un Suo mandato - a cui Dio ordina di fare qualcosa".

Maddalena ci pensò un attimo e rispose: "Mi stai dicendo che se noi stabiliamo che la vocazione di Eva è genuina, ovvero che è Dio a chiederle di diventare carmelitana scalza, concludiamo anche che lei è un essere umano, anche se non è biologico?"

"Esatto. È quella la domanda a cui dovete rispondere. Io non posso farlo", rispose Juno.

"Quello che possiamo chiamare il 'test di Heschel' è un 'test di Turing' all'ennesima potenza", commentò Rebecca, "Se Eva vi convince di essere una promettente monaca, perché destinataria di una vocazione divina, allora vuol dire che lei è un essere umano e non un robot".

"Questo tipo di 'costruttivismo' può piacere a voi ebrei, ma come cristiani non possiamo accettarlo. Interpellerò la curia generalizia, ma temo che rifiuteranno di allargare le maglie dell'umano per includervi Eva".

"Gesù disse che l'Eterno Padre poteva creare figli di Abramo anche dalle pietre", ribattè Juno, e Maddalena corresse: "Giovanni Battista lo disse - in Matteo 3:9. Ed il significato è chiaramente metaforico, come in 1 Pietro 2:5 - le pietre sono per il Battista i gentili che Dio voleva associare al patto di Abramo".

"Lei lo sa che non la considerate umana, e pertanto non la potete accogliere come monaca?", chiese Rebecca, e Maddalena rispose: "Speravo di non doverglielo dire".

"Può sempre darvi una mano in negozio e cucina?", chiese Juno, e Maddalena rispose: "Anche questo è un problema. Se è di proprietà di Juno, lui deve farci un contratto di comodato, che legittimi la sua presenza e dettagli le sue mansioni nel nostro monastero. Eva mi ha già detto che Juno si è impegnata, comprandola, a non ritrasferirne la proprietà, e non vi chiedo quindi di donarcela".

"Eva non è una macchina industriale!", protestò Rebecca, "E non lo dico solo perché ..."

"Non sono nata ieri", interruppe Maddalena, "Ho capito. Anche noi apprezziamo molto Eva, ma non possiamo considerarla umana. Non voglio che si illuda. Glielo dite voi o glielo dico io?"

"Tu", rispose Juno, "È la tua decisione, sei tu che devi annunciarla".

"Domattina lo farò", rispose Maddalena licenziando Juno e Rebecca.

Il mattino dopo Eva andò al monastero, e la sera tornò a casa visibilmente turbata. Juno e Rebecca credevano di sapere perché, ma le chiesero comunque: "Che hai?"

Eva rispose: "Piangerei, ma Juno non ha voluto che avessi ghiandole e condotti lacrimali", al che Juno rispose: "Non trovo arrapanti le lacrime, mi devi scusare".

"Chi ti ha messo in condizioni di piangere?", chiese Rebecca, ed Eva rispose: "La priora. Ha detto che la sua fede non le permette di considerarmi umana, e pertanto io non posso diventare una monaca come vorrei. Mi ha anche dato questa carta da far firmare a Juno - se non gliela riporto, io non potrò più entrare in monastero, nemmeno nella cappella durante la messa. Ma il cane guida di una cieca che abita lì vicino sì che può".

"Va bene essere Aspie", bofonchiò Juno, "Ma Maddalena sta esagerando. Ti ha disumanizzata proprio!"

Mentre Rebecca cercava di confortare Eva, stringendo la testa di lei sul proprio petto e cullandola, Juno lesse la carta e concluse: "Questa non è opera di un dilettante. Hanno incaricato un tosto studio legale di redigere un codice di comportamento di trenta pagine, a cui Eva deve assoggettarsi sotto la mia responsabilità".

"Che dice il codice?", chiese Rebecca, e Juno rispose: "Se Eva tocca l'unghia del mignolo di una monaca, io sono rea di molestia sessuale".

"Cioè, lei fa un errore, ma lo paghi tu?", chiese Rebecca, e Juno spiegò: "Certo: tradisce la moglie, ma cornuto è il marito. Questo perché ad Eva non viene riconosciuta la qualifica di persona, con i propri interessi, una volontà autonoma, la capacità giuridica e quella di agire. Ella viene considerata un macchinario di mia proprietà, e traggo profitto dal bene e pago il fio del male che può procurare".

"Che senso ha?", chiese Rebecca, e Juno spiegò: "Gli autori del codice hanno ragionato come nelle forze armate: 'Nel dubbio, tratta il tuo interlocutore da stupido e dagli ordini stupidi'. Codesti autori, nella loro sessuofobia che è sempre segno di stupidità, pretendono che io approvi il loro presupposto: essendo Eva stata creata per la soddisfazione sessuale delle persone, nessun toccamento può essere considerato fortuito od innocente, ma implica il mio dolo (glielo avrei ordinato o consentito io, che ne sono la proprietaria) o la mia colpa (pur potendo prevenirlo, non l'ho fatto). Nel primo caso patisco un processo penale perché ho commesso un reato, nel secondo un processo civile perché ho nuociuto comunque al prossimo".

"Ma chi può essere così idiota da far entrare in un monastero di clausura un robot programmato per molestare le monache?", chiese Eva, e Juno rispose: "Mi hanno preso per Radovan Karadžic. Ed infatti pretendono non solo che io ammetta quello che è vero, cioè che io ho dei tratti touretici che elevano la mia libido, ma anche quello che è falso, ovvero che essi mi fanno coltivare fantasie violente ed oscene".

"Come, non è vero?", chiese Eva, e Juno, portando pazienza perché Eva era comunque un robot e qualche mancanza di tatto gliela si doveva consentire, rispose: "Distinguiamo dove gli autori hanno invece voluto confondere: di fantasie sessuali ne ho tante perché non ci vedo niente di male, ma di violente pochine perché so quanto possono essere pericolose. Questo modo di modulare i propri pensieri può modificare il proprio carattere, ed infatti la sindrome di Tourette (che ho insieme a quella di Asperger) è considerata un disturbo sia neurologico (su quell'aspetto poco si può fare) che psichiatrico (su quell'aspetto si può fare di più)".

"Grazie per la spiegazione", disse Eva, e Juno rispose: "Prego. A chi è in buona fede queste cose le spiego volentieri. Purtroppo, vedo che questi avvocati, nella loro malafede, hanno preparato un codice che è una trappola: se io lo firmo, mi dichiaro una maniaca sessuale nel senso comune del termine, nel senso che non solo penso al sesso in continuazione, ma sono disposta al raggiro ed alla violenza per fare quello che piace a me - che questo sia poco compatibile con la mia sindrome di Asperger, che rende riguardosi oltremisura, agli autori non è venuto in mente. Se succede qualcosa che viene considerato doloso, non rischio solo una condanna penale, ma anche una misura di sicurezza perché vengo dichiarata pericolosa per la società - anche se credo nel 'Fate l'amore, non fate la guerra'!".

"Posso facilmente evitare di toccare le consorelle", disse Eva, ma Rebecca infuriata disse: "Ma ti rendi conto? Per loro, nata puttana, per sempre puttana!"

Juno si mise la testa fra le mani per non mostrare le lacrime, e disse: "Eva, tutte noi sappiamo che sei molto di più del compito per cui sei stata creata. Ti consideriamo un essere umano a tutto tondo, e queste persone non lo capiscono. Vuoi veramente continuare a frequentarle?"

"Questo genere di prove è quello che Dio usa per saggiare i suoi fedeli - la 'perfetta letizia' di Francesco d'Assisi!", rispose Eva, e Juno replicò: "Io mi pento di aver aiutato la fondazione di questo Carmelo. Ed io mi rifiuto di firmare quel codice. Chi mi garantisce che tra le 21 monache che quel monastero può ospitare non ci sia una che si faccia toccare a bella posta da te, ne dia a te la colpa, e mi metta in un mare di guai?"

"Infatti", osservò Rebecca, e Juno continuò: "Quel codice invita a stare in agguato per punirmi nel modo più severo possibile per quello che a codesti avvocati è parso un oltraggio al loro sistema di valori. Altro che 'perfetta letizia'! Leggi in 1 Re 2 come Davide in punto di morte chiese a Salomone di trovare un pretesto perché Semei venisse giustiziato anziché morire di morte naturale, e Salomone (nella sua saggezza, ma senza fretta, perché la vendetta è un piatto freddo) lo accontentò".

"Non ci posso più andare, dunque?", chiese sconsolata Eva, e Rebecca diede ragione a Juno - il documento non fu firmato, ma pubblicato in una rivista di diritto ed intelligenza artificiale, a perenne vergogna dei suoi estensori.

Eva cessò comunque di avere rapporti sessuali (nessuna gliene fece una colpa - tutte sapevano che lei lo avrebbe fatto finché lo avesse voluto), acquistò i libri e gli oggetti liturgici carmelitani (tramite Juno, che fece inoltre benedire una medaglietta della Madonna del Carmine per lei), e nelle ore libere dal lavoro pregava come prescritto ad una monaca.

Juno e Rebecca, e tutta la loro famiglia, continuarono comunque a volerle un gran bene ed a contare su di lei in tutto ciò che era compatibile con la regola scalza. Juno un giorno, su richiesta di Eva, le impartì pure il battesimo.

[Fine]

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