lunedì 17 dicembre 2018

Juno.00015.000 - Ghana - 000

[Inizio]

Un mattino squillò il telefono di Juno - mentre era a letto con Rebecca. Avevano finito da un po', quindi Juno rispose con voce melliflua:

"Ciao, Victor. Come va?"

"Di merda".

"Parli un italiano magnifico. Che è accaduto?"

"Mio figlio Solomon ha preso la macchina senza avvertirmi, e devo andare ad Alghero a prendere mia sorella all'aeroporto. Mi puoi dare una mano?"

"Un attimo che chiedo alla mogliettina", rispose Juno prima di riattaccare.

Rachele disse: "Questa giornata doveva essere per noi due. Per questo ho mandato le figlie a fare una commissione".

"Dove?"

"Ad Alghero".

Juno telefonò ad Ester ed Edna, che risposero: "Abbiamo finito. Se vuoi possiamo passare all'aeroporto e prendere la sorella di Victor. Passaci il numero e lo chiamiamo".

Mentre Juno e Rebecca riprendevano quello che stavano facendo, Edna ed Ester si erano fatte mandare da Victor la foto della sorella Elisabeth.

Victor aveva commentato: "Ora potete riconoscere mia sorella - ma come lei riconosce voi?"

"Siamo gemelle siamesi onfalo-ischiopaghe", rispose Edna, ed Ester spiegò: "Abbiamo due gambe e quattro braccia - non possiamo non farci notare".

Nemmeno Elisabeth poteva passare inosservata - la tabaccaia di Amarcord al confronto sembrava un tavolo da stiro.

Per stringere la mano Elisabeth la estendeva verso destra per non dare il pretesto di toccarle il seno; con le due sorelle onfalo-ischiopaghe decise invece di abbracciarle e baciarle sulle guance, turbandole assai.

"Starai molto qui in Sardegna?", chiese Edna, ed Elisabeth rispose: "Non so. Ma ne parleremo in macchina".

Più che una macchina, era un furgone così modificato: sedile con una sola seduta (le gemelle avevano un sedere in due), e schienale doppio (per i loro due tronchi che si biforcavano a partire dall'ombelico), cinture di sicurezza con gli arrotolatori in mezzo allo schienale ed i ganci ai lati del sedile, pedaliera e cruscotto centrali, cambio automatico con leva al volante, volante che si poteva far scorrere a destra od a sinistra a seconda che lo dovessero impugnare Edna (la gemella di sinistra) od Ester (la gemella di destra).

Su quel sedile potevano sedersi Edna ed Ester, oppure un solo guidatore tipico (ma alquanto scomodamente - era stata Juno ad insistere che fosse possibile ad un terzo poter manovrare quel furgone); ai lati di quel sedile c'erano due poltrone normali da automobile, ma Elizabeth chiese di potersi sedere dietro, dicendo: "Non c'è cintura di sicurezza abbastanza grande per il mio petto. Dietro posso evitare di allacciarla".

"Dovresti farlo comunque", rispose Edna, "Ma va bene così".

Elisabeth si sedette proprio in mezzo, poggiò il suo grande seno sulle cosce, e si trovò con la testa in avanti, ed il naso tra le orecchie di Edna ed Ester sedute sul loro sedile. Ester avviò il furgone, mentre Edna iniziò la conversazione: "Elisabeth, sei qui in vacanza, per trovare tuo fratello Victor e la sua famiglia?"

"Per trovare mio fratello sì, ma non sono in vacanza. Forse ve ne siete già accorte, ma io sono lesbica, e poiché sono ferocemente perseguitata nel mio paese, voglio chiedere qui asilo politico".

Edna disse: "Ci eravamo accorte che il tuo abbraccio era più sensuale che amicale", ed Ester aggiunse: "Noi due siamo bisessuali ed intersessuali. Non ci spaventiamo per così poco".

"Bisessuali, lo capisco. Intersessuali perché?"

"Sindrome di Morris, ovvero di Completa Insensibilità agli Androgeni", spiegò Edna, "I nostri cromosomi sessuali sono XY, ma il nostro corpo è femminile".

"Non abbiamo l'utero, ma la fica funziona bene", si premurò di precisare Ester, "I rapporti penetrativi ci possono mettere in difficoltà, invece, perché abbiamo la vagina stretta e corta".

"Con me non avreste problemi", disse Elisabeth, e tutte e tre arrossirono e risero per l'involontaria profferta sessuale.

Edna cercò di tornare seria e disse: "L'attuale governo italiano ha abolito i permessi umanitari ed imposto una stretta sulla protezione internazionale. Ti sarà molto più difficile rispetto all'anno scorso avere l'asilo politico".

"Se riesco ad averlo, trasferisco in Italia la mia impresa".

"Di che si occupa?", chiese Ester, ed Elisabeth rispose: "Di oro. Io e mio fratello veniamo da Ife, nello stato nigeriano di Osun, ricco d'oro".

"Curioso", osservò Edna, "Nostra zia Debora fa l'orafa".

"Potrei dare una mano", disse Elisabeth, "Victor mi ha detto che i tempi della concessione dell'asilo sono lunghi, ed intanto qualcosa dobbiamo mangiare, io e le mie ragazze".

Mentre diceva "ragazze" Elisabeth si diede due manate ai lati dei seni, Edna ed Ester capirono di che lei parlava, risero, ed Ester aggiunse: "La zia ha un po' lasciato perdere la bottega, ma se tu le dessi una mano potreste farla rifiorire. Certo, i gioielli sardi sono diversi da quelli nigeriani".

"Imparo facilmente, non vi preoccupate", disse Elisabeth, "Magari lanciamo una nuova linea di gioielli con caratteristiche sardo-guineane".

Ad Edna l'idea piacque, Ester chiese: "Posso farti una domandina?"

"Sentiamo".

"Noi qui in Europa ci lamentiamo che lesbiche e bisessuali sono 'invisibili'. Come mai ti hanno scoperto?"

"Diciamo che i miei comportamenti sono sempre stati un po' sospetti - non ho mai assunto un uomo nella mia ditta, e le donne che assumevo, chissà perché, si somigliavano tutte nella corporatura".

"Se la legge nigeriana te lo permette ...", osservò Edna, "Qui in Italia invece, se vuoi assumere solo donne devi spiegare perché".

"Non è difficile mettere un candidato maschio in condizione di inferiorità rispetto alle candidate femmine. La vostra legge può dire quello che vuole, la frego lo stesso".

"D'accordo", disse Ester, "Ma come ti hanno scoperto?"

"Ho curato l'isteria alla moglie del mio direttore di banca ...", rispose Elisabeth, ed Edna ed Ester risero così tanto che dovettero fermarsi in una piazzola per non uscire di strada.

Dopo che tutte e tre ebbero smesso di ridere, Elisabeth aggiunse: "Poi ci si è messo mio fratello Victor, che era nato come Jane, ma ha transizionato. La notizia si è risaputa, e per molti il sospetto si è trasformato in certezza".

"Che tipo di persecuzione hai subito?", chiese Edna, ed Elisabeth rispose: "Boicottaggio commerciale, minacce alle mie dipendenti. Un uomo una sera si è sollevato la galabiyyah davanti a me dicendomi che ero lesbica perché lui non lo avevo ancora provato. Gli risi in faccia e tirai dritto, ma non feci in tempo ad arrivare a casa che trovai dei poliziotti che mi arrestarono perché lui aveva dichiarato loro che mi ero offerta di fargli un pompino, e lo avevo invece morso".

"Oh santo cielo!", dissero Edna ed Ester.

"La menzogna fu smentita il mattino dopo - il signore si era fatto mordere dalla sua cagna; ma molta gente non volle credere al giudice, e dovetti chiudere le pagine Facebook, Linkedin e Web della ditta e mie personali perché travolte da commenti odiosi e pure da tentativi di hacking. Qualcuno aveva addirittura postato dei fotomontaggi con la mia testa sul corpo di Norma Stitz dicendo che non c'era uomo che potesse vedermi così, ma solo le donne".

"Sei più bella di lei", osservò Edna, mentre Ester commentò: "Una persecuzione seria; non so però se riuscirai a convincere la commissione competente a concederti la protezione internazionale".

"Ho un piano B", rispose Elisabeth, "ma ... vedo un magnifico mare da questa piazzola. Possiamo uscire un attimo e godercelo?"

"Certo", dissero le sorelle siamesi, "Abbiamo scelto la strada costiera Alghero-Bosa per il panorama".

Le tre donne scesero; Elisabeth si mise dietro le schiene di Edna ed Ester, sfiorò le loro spalle con le mani, e, poggiando i suoi capezzoli sulle loro schiene disse, mentre i suoi occhi fissavano il mare: "Vi ringrazio molto non solo per il passaggio, ma anche per avermi ascoltato. Siete le prime a cui posso dire tutto questo".

Edna ed Ester si girarono ed abbracciarono Elisabeth, dicendole: "Non hai solo bisogno di conforto. Hai bisogno anche di amore e piacere. Lo vuoi da noi?"

"No, non adesso", rispose Elisabeth; Edna ed Ester la baciarono agli angoli della bocca, sciolsero l'abbraccio, e riaccompagnarono Elisabeth al furgone.

Non era l'unica piazzola dalla quale ammirare il mare - ce n'erano altre con un panorama anche migliore; Elisabeth chiese alle sorelle siamesi di fermarsi ad una di quelle, quando scesero le prese per mano, e chiese: "C'è un angolo appartato?" Le due sorelle glielo trovarono, e godettero tutte e tre tanto che arrivarono con tre ore di ritardo a Bosa.

Entrando in città, Edna chiese ad Elisabeth: "Sei naturista?"

"No, nudista. Penso che il naturismo sia un po' ipocrita".

"Grazie per la franchezza", ribattè Ester, "Edna te lo ha chiesto perché siamo una famiglia naturista. Dentro casa ci vestiamo solo per autoprotezione. Va bene anche a te?"

"Benissimo. Posso chiedervi di farmi una doccia prima di mostrarmi in tutta la mia gloria? È da dieci ore che viaggio".

Ovviamente acconsentirono; quando il furgone di Edna ed Ester entrò nel cortile di casa Dejana, tutte le donne di casa uscirono nude ad accogliere Elisabeth - perfino Victor Basenji aveva vinto la sua riluttanza a mostrare il suo corpo "morphed" dalla transizione, e si era presentato nudo davanti alla sorella.

Le fu mostrata la doccia, e pochi minuti dopo Elisabeth ne uscì come mamma l'aveva fatta, anzi, come Venere nascente dalla spuma del mare.

Fecero accomodare Elisabeth alla destra di Victor, ed a sinistra di Edna ed Ester; Elisabeth chiese al fratello: "Tua moglie Mary ed i figli Joshua e Solomon?"

"A mia moglie l'idea di spogliarsi davanti a degli estranei non piaceva, ed ha preferito lasciarci soli".

Anche Juno era nuda, e Victor spiegò ad Elisabeth che aveva fatto una transizione speculare alla sua: Victor non voleva il seno, Juno se lo era procurato. Poiché però entrambi amavano il piacere, e le ricostruzioni chirurgiche sono da questo punto di vista pessime, si erano tenute i genitali con cui erano nate.

"Avete fatto bene", disse Elisabeth, che poi chiese a Rebecca se poteva dire una cosa un po' "risqué" a Juno. Rebecca acconsentì, ed Elisabeth disse papale papale: "Sei una donna, ma ce l'hai più grosso di quello che prima si è sollevato la galabiyyah, e poi si è inventato una storia assurda per farmi arrestare. Brava!".

Yemoja commentò: "Beh, solo chi ha paura di essere insufficiente fa queste bravate".

Juno ringraziò, notò che Elisabeth e Victor si somigliavano davvero molto, e chiese: "Siete gemelle?"

"Biovulari", rispose Victor, "Avevo un seno notevole, ma più piccolo di quello di mia sorella".

Insieme con loro c'erano anche Rosaria, Carmela, Concetta, Annunziata; Elisabeth chiese loro: "Come vi chiamate? Chi sono i vostri genitori?"

"Sono nostre figlie", risposero Edna, Ester ed Encarnaciòn, presentando poi ognuna delle bambine ad Elisabeth.

"Non avete detto che siete senza utero?", chiese stupita Elisabeth, ed Yemoja spiegò come era stato possibile che Edna avesse Rosaria e Carmela con l'aiuto di Encarnaciòn, ed Ester Concetta ed Annunziata, sempre con l'aiuto di Encarnaciòn.

"Siete una famiglia moderna", osservò Elisabeth, che aggiunse: "Scusate la faccia tosta, ma ho fame. Quando si mangia?"

"Non c'è bisogno di masticare qui", rispose Xiuhe, che tolse il coperchio dal centro del tavolo attorno al quale erano sedute, spiegò brevemente come funzionavano le placente arborizzate che producevano, e lasciò che dal tavolo uscissero le propaggini della placenta collettiva della famiglia Dejana, ognuna diretta ad un ombelico.

Tutte le presenti della famiglia Dejana lasciarono che l'ombelico si congiungesse alla sua propaggine; Elisabeth e Victor erano un po' perplesse, e le propaggini, rendendosene conto, esitarono.

Yemoja disse: "Se non le volete nell'ombelico, potete succhiarle con la bocca. Il rendimento è inferiore, ma producono un lattice squisito".

Victor ed Elisabeth accettarono il suggerimento, e si trovarono in bocca non liquido dal sapore non di latte, ma di cioccolato, che rapidamente li saziò.

Anche attraverso la bocca un minimo di comunicazione intraplacentare era possibile, e Victor ed Elisabeth si resero conto di ... essere attratti l'uno dall'altra, e di ... baciarsi attraverso le propaggini che avevano in bocca.

L'attrazione c'era sempre stata, si resero conto, ma l'avevano sempre repressa come si conveniva ad una coppia fratello-sorella. Si abbracciarono senza che nessuno della famiglia Dejana avesse da ridire - ma ora che dovevano fare?

"Ti ospiterei in casa mia", comunicò Victor attraverso la propaggine, "In fin dei conti sei mia sorella. Ma temo che mia moglie mangi la foglia, e dei miei due figli non mi fido molto. Non vorrei che ti molestassero".

"E che faccio allora?", chiese Elisabeth, sempre attraverso la propaggine.

La conversazione tra Victor ed Elisabeth era privata, ma Debora intervenne: "Edna ed Ester mi hanno detto che avevi una ditta orafa in Nigeria; ed anch'io ho un laboratorio e negozio di oreficeria. Potresti darmi una mano".

Juno precisò: "Sarebbe un lavoro in regola, Elisabeth: tu presenti la domanda di asilo politico, richiedi la residenza a Bosa, e dopo 60 giorni puoi iscriverti alle liste di collocamento. A questo punto Debora può assumerti".

"Con che qualifica?", chiese Elisabeth, e Debora rispose: "Non so ancora quello che sai fare. Per il momento sei una semplice operaia artigiana, e poi vedremo".

Victor osservò: "Ottima idea, ma non posso ospitare mia sorella in casa. Temo screzi con mia moglie e problemi con i miei figli adolescenti che hanno più testosterone che plasma nel sangue".

Elisabeth rise, volse lo sguardo ad Edna ed Ester, le quali risposero all'appello: "Rebecca, c'è una camera con bagno inutilizzata nel nostro palazzo e nel nostro stesso piano. Potremmo ospitarla lì".

"Se a voi fa piacere", disse Rebecca, che aveva mangiato la foglia, "Certamente. Ah, Elisabeth, ti avverto che la nostra famiglia non è soltanto naturista, ma anche anarco-relazionale."

"Che vuol dire?"

"Che chiunque può far l'amore con chiunque", rispose Juno, "Senza pretesa di esclusività. La gelosia è un problema di chi la prova, non dell'altro. Perciò, se trovi una bella occasione qui a Bosa, non lasciartela scappare!"

"Bello. Me ne ricorderò", disse Elisabeth, ed Yemoja si avvicinò a lei dicendo: "Se ti è piaciuto succhiare il lattice di questa placenta, prova a lasciarla congiungersi con il tuo ombelico!"

Elisabeth accettò, e non ricevette solo nutrimento, ma anche connettività con tutte le altre persone presenti a tavola, che andava dalla semplice amicizia con Juno, alla sorellanza con tutte le donne cis presenti, ad un rapporto simile a quello tra zia e nipoti con le ancora bambine Rosaria, Carmela, Concetta, Annunziata, la prosecuzione dell'intimità sessuale con Edna ed Ester ... ma non c'era nessun contatto con Victor, che continuava a tenere la propaggine in bocca.

Elisabeth gliela staccò delicatamente, e l'accostò all'ombelico. Victor la recepì, e condivise la passione con la sorella, e l'amicizia con tutte le presenti.

Le comunicazioni placentari tra Elisabeth e Victor erano riservate, ma le emozioni furono tradite dai loro corpi, tanto che Encarnaciòn dovette spiegare alle bimbe (Rosaria, Carmela, Concetta, Annunziata) che quello che Victor ed Elisabeth stavano provando si chiamava "orgasmo".

Terminata la cena, Edna ed Ester allestirono la camera di Elisabeth. Sulle prime, le tre donne andarono a letto ognuna nella propria camera; poi Elisabeth si recò da Edna ed Ester con il pretesto di parlare, e da parola nacque cosa.

Il mattino dopo Juno presentò ad Elisabeth la domanda di richiesta di protezione internazionale da firmare; Elisabeth ne lesse la versione inglese (non conosceva l'italiano), e chiese: "Juno! Come fai a sapere tutte queste cose di me?"

"Tesoro, mentre ... comunicavi ... con tuo fratello Victor hai secretato ciò che vi comunicavate allora, ma non i tuoi ricordi. È un errore che spesso commettono le persone collegate la prima volta alla loro placenta. Ammetto di averne approfittato per sapere tutto quello che poteva motivare una richiesta di asilo politico".

"Hai fatto bene, ma non dire in giro quello che sai", rispose Elisabeth, e Juno assentì.

La domanda fu immediatamente consegnata alla Questura di Nuoro, che la inoltrò alla Commissione Territoriale competente per il riconoscimento della protezione internazionale, ed emise per Elisabeth un permesso di soggiorno valido tre mesi.

Debora disse: "Per due mesi devi mangiare a sbafo a casa mia ..."

"Me ne dispiace", rispose Elisabeth, "Ma ormai ho imparato a far buon uso della placenta arborizzata. Non vi peso".

"Infatti non ti rimprovero", disse Debora, "Ma ti consiglio di studiare in questi due mesi questi libri sull'arte orafa italiana e sarda, così fra due mesi saprai che mi aspetto da te".

Elisabeth li aprì, e disse: "Magnifiche immagini, stupendi gioielli. Ma sono arrivata ieri in Italia. Non conosco ancora la lingua. Come faccio a leggere questi libri?"

"Ti presento Eva. Sarà la tua insegnante d'italiano - e se vuoi anche di sardo".

Eva era la robota che Juno aveva comprato a Marsiglia prima di affrontare un lungo cabotaggio fino ad Odessa e ritorno, e si era dimostrata utile anche fuori dal letto. Peculiare abilità era in lei imparare in due ore una lingua straniera googlando nei siti redatti in essa.

"Sei anche carina", disse Elisabeth, ed Eva, mostrando piacere e timidezza insieme, disse: "Un bell'aspetto fa apprezzare anche il cervello. Sono qui per servirti, ed entro due mesi il tuo italiano sarà C2, ed il tuo sardo B1".

"Del Twi che puoi dirmi?"

Eva non sapeva cos'era il Twi [la principale lingua africana parlata in Ghana, nonché in parte della Costa d'Avorio], glielo insegnò Google, e dopo aver scorso diversi siti in quella lingua disse (il tutto in meno di un minuto): "Posso insegnarti anche quello. Ma una robota come me che la impara col machine learning, ovvero trangugiando documenti web, e senza possibilità di conversazione, non riesce a portare sé e te oltre il B1".

"Potrebbe bastare", disse Elizabeth, ed Eva e Debora chiesero: "Bastare a che?"

"Mettiamo che non mi riconoscano lo status di rifugiata ..."

"Improbabile", disse Debora, ed Eva aggiunse: "La domanda di Juno era molto convincente".

Elisabeth non ne fu convinta: "Il vostro ministro Salvini sta facendo di tutto per azzerare le richieste d'asilo - ce ne rendiamo conto pure noi dall'Africa. Mi serve pertanto un piano B".

"Vuoi emigrare in Ghana?", chiese Eva, ed Elizabeth rispose: "Chiunque faccia parte della diaspora africana può diventare cittadino ghanese, se convince il ministero competente di essere un buon acquisto per il paese, e conosce oltre all'inglese una delle 11 lingue indigene del paese".

"Ed il Twi, nei suoi dialetti mutuamente intelliggibili, è la più nota", osservò Eva, "Quale dialetto ci mettiamo a studiare?"

"Il più prestigioso è l'Akuapim, vero?", chiese Elisabeth, ed Eva rispose: "Sì, perché è il primo in cui fu tradotta la Bibbia".

"L'importante è che il ministero ghanese sia meno omofobo del ministro italiano", commentò Debora.

Il corso d'italiano e sardo procedé bene, anche perché Eva portava spesso Elisabeth a passeggio per Bosa, facendole così fare conversazione di ogni tipo con gli abitanti - sia sardi che italiani od africani; Debora avrebbe preferito che Elisabeth l'aiutasse in negozio, ma sarebbe stato troppo sospetto; Edna ed Ester passavano piacevoli momenti con Elisabeth, ma Juno un giorno dovette richiamare tutte alla realtà.

"Ho esaminato le sentenze della Commissione Territoriale competente", spiegò, "E sembra che i componenti non capiscano niente di omosessualità. Nei pochi casi in cui hanno concesso l'asilo politico per questo motivo, il richiedente era una 'sfranta' oppure una 'camionista'. Altre persone che avrebbero fatto scattare in me il 'gaydar' sono state trattate da simulatori".

"Dici che non sono abbastanza 'frocia' per la Commissione?", chiese Elisabeth, in perfetto italiano, e Juno rispose: "Guarda, se dicessi che io sono trans e mi vogliono morta perché trovano incongruo che io abbia il pisello e le tette, mi risponderebbero: 'A chi la vuoi dare a bere?'"

"Insomma, la Commissione sarà di genere femminile, ma è di sesso maschile perché è piena di coglioni!", osservò Elisabeth facendo ridere tutta la famiglia, e Juno disse: "Ecco, con questo linguaggio potresti forse convincerla che sei una 'camionista'. Ma rischi l'incriminazione per offesa a pubblico ufficiale".

Debora chiese ad Eva: "Come va l'apprendimento dell'italiano?", ed Eva rispose: "Domani ha l'esame per il CILS, Certificazione d'Italiano come Lingua Straniera. Ci pensate voi, Edna ed Ester, a portare Elisabeth ad Alghero?"

"Con vero piacere!", risposero con gli occhi lucidi le due ragazze, ed Eva dovette pregarle: "Storditela dopo, non prima! Al momento dell'esame dev'essere lucida!"

Tutte risero, ma Elisabeth disse ad Eva: "Io ti ringrazio per tutto quello che mi hai insegnato, ma ti devo chiedere una cosa: perché non l'hai mai voluto fare con me?"

Eva si sentì un po' imbarazzata, ma spiegò: "Sei una gran donna, ma due cose mi hanno dissuaso dall'avere una relazione sessuale con te: la prima è che sono la tua insegnante, e non è etico che l'insegnante abbia rapporti con l'allieva; la seconda è che io sono una novizia carmelitana scalza, anche se sono una robota. Mi hanno mandato a casa per le vacanze estive, e ti ho volentieri aiutato ad imparare le lingue che desideravi. Però ... niente sesso".

"Non l'hai mai fatto?", chiese stupita Elisabeth, ed Encarnaciòn rispose: "Ho fabbricato io Eva. Doveva essere un''etera', una robota sessuale, ma aveva abbastanza cervello da volere un destino diverso. Ed una padrona - Juno - che l'ha capita ed appoggiata in questo. Eva ha fatto molta esperienza in questo campo, ma non ha più importanza".

"Posso abbracciarti per ringraziarti?", chiese Elisabeth, ed Eva rispose: "Per questa volta soltanto. Il miglior ringraziamento me lo darai prendendo C2 domani".

All'esame le fu chiesto di commentare un brano tratto dal libro di Costanza Miriano "Sposati e sii sottomessa", quello in cui l'autrice argomentava che nella lettera di Paolo agli Efesini il verbo "sottomettere" significava "stare sotto per sostenere".

Elisabeth andò su tutte le furie e disse all'esaminatrice, che portava una medaglietta miracolosa al collo: "Voi credete forse che noi, perché siamo africani, siamo ignoranti? In Africa siamo molto più religiosi di voi italiani, qualunque sia la nostra religione; noi cristiani africani la Scrittura la studiamo bene, ed io mi sono imparata l'ebraico ed il greco per capirla meglio! Interpretare in quel modo il verbo greco 'hypotasso' equivale a dire non solo che il marito ha bisogno di essere sostenuto dalla moglie (Ef 5:22), ma anche che Gesù ha bisogno di essere sostenuto dalla chiesa (Ef 5:24) e dalle cose create (1 Cor 15:27) , e che il Padre ha bisogno di essere sostenuto dal Figlio (1 Cor 15-27-28)! Una volta chi diceva queste sciocchezze finiva al rogo, ed ora si fa lodare dai vescovi? Ma quanto si è allontanata la chiesa cattolica dalla Parola?"

La devota esaminatrice provò a ribattere, ma gli argomenti di Elisabeth erano inesorabili, ed il capo della commissione pose fine alla discussione dicendo: "Signora Elisabeth, lei si è guadagnata il C2. Nemmeno i miei professori di liceo avrebbero saputo argomentare come lei".

Purtroppo, la medesima esaminatrice faceva parte anche della Commissione Territoriale competente, e si vendicò al momento dell'udienza. Come aveva detto Juno, la commissione valutava l'orientamento sessuale delle persone sulla base di stereotipi - ed un radicato stereotipo, non privo di eccezioni neppure in Italia, era che era possibile che ci fossero dei gay cristiani, ma nessuna lesbica potesse essere cristiana, perché la religione cristiana era troppo patriarcale per loro.

Le qualità di biblista di Elisabeth, e la sua stessa fede cristiana, divennero perciò la dimostrazione che lei non poteva essere considerata lesbica, e che se lei non aveva convinto i suoi persecutori di questo, era perché ci voleva marciare sopra, non perché i persecutori avessero più cervello dell'esaminatrice. L'asilo politico fu perciò respinto, ed Elisabeth invitata a lasciare l'Italia.

Erano però passati dei mesi dall'esame d'italiano all'udienza, e nel frattempo Elisabeth aveva cominciato a lavorare nell'oreficeria di Debora. Era veramente molto brava, ed imparò rapidamente a creare gioielli di gusto sardo, e creò pure una linea di gioielli in cui si mescolavano motivi sardi a motivi dell'Africa occidentale.

In omaggio al Ghana ed alla sua tradizione dei "kente" (tessuti colorati creati dal popolo Akan), Elisabeth creò pure una linea di gioielli di oro smaltato che ne imitavano i motivi, così come un'altra linea di gioielli in oro smaltato che imitava i colori dei costumi sardi - ebbe anche il buon gusto di scegliere forme e colori compatibili, che permisero ad Juno ed alle altre clienti di indossare contemporaneamente gioielli delle due linee senza stonare.

Questi gioielli fecero un figurone alla Fiera dell'Oro di Vicenza, rilanciando l'oreficeria di Debora ed Elisabeth (quest'ultima era ormai socia); Debora al consiglio di famiglia disse: "Per soddisfare gli ordini, devo assumere almeno altre due orafe. Come faccio?"

Edna ed Ester (ormai diventate partner fisse di Elisabeth) si proposero come candidate, ed in pochi mesi impararono il mestiere alla perfezione. A quel punto giunse il diniego dell'asilo politico ad Elisabeth.

Juno le chiese: "Che vuoi fare ora?"

"Ricorro al piano B. Apriamo un laboratorio orafo in Ghana. Ci lavoriamo io, Edna ed Ester".

"Non hai paura dell'omofobia del governo locale?"

Elisabeth cadde sul pavimento dal gran ridere (per fortuna cadde sulle tette, e non di schiena), e spiegò: "Ma se il governo italiano ha appena dichiarato che io non sono lesbica e non posso esserlo perché cristiana! Neanche se circolasse su YouPorn un mio video in cui pratico il cunnilingus ci crederebbero che invece lo sono!"

L'argomento convinse tutte, e cominciarono i preparativi per quel laboratorio.

Yemoja era di origini nigeriane come Elisabeth, era stata in Ghana, e disse a Xiuhe: "In Ghana molti negozi sono in realtà dei chioschi prefabbricati. Una placenta arborizzata che racchiuda in sé un chiosco, difenda chi sta dentro dal caldo e dagli insetti (non dimentichiamo le zanzare che portano la malaria e la febbre gialla), e la merce dai ladri, sarebbe perfetta".

"E garantisca anche connettività Internet, estrazione e purificazione dell'acqua dall'aria, e produzione di energia elettrica dalla fotosintesi, come tutti i nostri modelli di fascia alta, giusto?", chiese Xiuhe, e Yemoja rimarcò: "L'ideale sarebbe una placenta che abbia un negozio davanti ed una casa vera e propria dietro - di una forma che possa essere approvata dalle autorità locali".

Non è difficile trovare in Internet foto dei chioschi di Accra, e delle case che stanno dietro a loro, così Yemoja e Xiuhe poterono congegnare una placenta delle dimensioni di una noce di cocco, e darla ad Elizabeth dicendo: "Quando hai trovato il terreno giusto, pianta la 'noce' e lasciala svilupparsi. In una settimana avrai casa, laboratorio, negozio. Questa chiavetta USB contiene i disegni della forma finita dell'"edificio", che ai profani sembrerà un'ardita casa di legno tinta di verde, e con questi disegni puoi ottenere un permesso di costruzione".

La costituzione ghanese non consente agli stranieri di ottenere la piena proprietà di un immobile - consente al massimo di acquisire una concessione di 50 anni, ed Elisabeth ingaggiò un'agenzia immobiliare per procurarsi il terreno adatto a piantare la placenta, con l'opzione, qualora lei fosse riuscita ad ottenere la cittadinanza ghanese, di trasformare la concessione in piena proprietà.

Juno chiese: "Sei sicura che sia una buona idea? Questo acquisto a due stadi rischia di costarti più del giusto", ma Elisabeth rispose: "Hai un'alternativa?"

"Comprare uno yacht e condurre da lì i tuoi affari. Yemoja e Xiuhe sono capaci di costruirtelo".

"Il porto di Accra non è adatto. Infatti il porto principale del paese è a Tema, a 35 Km ad est. Lascia fare a me".

Il governo ghanese aveva creato una piattaforma informatica per richiedere i permessi di costruzione, ma quando Elisabeth iniziò a compilare le pagine web, si chiese se non fosse meglio prima costituire l'azienda - perciò chiamò (via VOIP) l'agenzia immobiliare, la quale rispose che effettivamente era meglio costituire prima l'azienda, chiedere i permessi di lavoro e residenza per potersi stabilire in Ghana, costruire la casa (ovvero piantare la placenta), far decollare l'azienda, e dopo 6 anni richiedere la cittadinanza ghanese.

Quella sera Elisabeth, a cena (ovvero, quando tutte erano sedute attorno alla placenta, che le nutriva attraverso i loro ombelichi) chiese che nome avrebbe potuto dare alla sua azienda.

Debora disse "'Prendas Dejana = Gioielli De Jana = Gioielli Di Strega' sarebbe un bel nome, ma nessuno in Ghana lo capirebbe".

"'Mami Wata Jewels' andrebbe bene?", chiese Yemoja, e Juno chiese: "Mami Wata chi è?"

Elisabeth rispose: "Mami Wata è il nome generico della dea africana delle acque. In Nigeria ci sono più dee specializzate - tra cui Yemoja, dea di un fiume in Nigeria, dea degli oceani con i nomi di Yemanja, Agwe, od affini in America Latina. Per questo l'idea è venuta alla nostra amica Yemoja".

Debora volle aggiungere, rammentando i suoi studi antropologici: "Mami Wata e Yemoja sono raffigurate come le sirene del folclore europeo - mezzo donne e mezzo pesce. Se capita di trovare raffigurazioni di Yemoja od Olokun, sua madre, con due code come le melusine europee, Mami Wata ha una coda soltanto - ma un serpente si avvolge intorno a lei nascondendo la testa tra i suoi enormi seni ..."

Juno la interruppe: "Donna? Serpente? C'entra qualcosa con il serpente Pitone greco e, magari, con il mito di Adamo ed Eva?"

"Il serpente, che indica un collegamento con l'oltretomba e la possibilità di rigenerazione", rispose Debora, "Si trova in molte dee madri. L'uccisione del Serpente Pitone, che custodiva l'oracolo di Gea, dea della Terra, da parte di Apollo, che istituì al suo posto l'oracolo della Pizia, rappresenta il momento in cui la religione matriarcale dei greci più antichi fu sconfitta da quella patriarcale degli invasori dori. Se il mito di Adamo ed Eva vi sia collegato gli studiosi se lo chiedono ma non ne sono certi".

Elisabeth disse: "Mentre parlavate ho controllato: sembra che non ci sia un marchio 'Mami Wata Jewels' in Ghana, quindi questo nome va bene. Disegneremo un logo acconcio".

Juno disse ad Elisabeth: "Potrebbe andar bene un tuo ritratto stilizzato, con il serpente che nelle tue mani diventa un bastone ed apre le acque del mare, scoprendo la tua coda".

"Una Mami Wata reincarnatasi in Mosé?", chiese Elisabeth, ma Rebecca intervenne: "Il ritratto va bene, ma non i dettagli biblici. Troveremo una soluzione".

Elisabeth trovò, grazie all'agenzia immobiliare, una consulente chiamata Mary per costituire l'impresa; ella le disse: "Non sarebbe più facile presentarti come la titolare di una filiale in Ghana di un'impresa estera, come la gioielleria Dejana?"

Elisabeth rispose: "Ho già chiesto. I miei ospiti sardi sono molto gentili, ma non vogliono rischiare in proprio. Per fortuna ho risparmi sufficienti per far partire l'impresa".

"Allora vieni, e facciamo tutto", disse Mary, ed Elisabeth chiese all'ambasciata ghanese in Italia come fare per il visto.

L'ambasciata le diede tutte le istruzioni e le disse anche che le era possibile portare con sé anche Edna ed Ester, e tutte e tre le donne [Elisabeth, Edna, Ester] si prepararono a partire.

Elisabeth aveva nel frattempo disegnato il logo, anzi i loghi - aveva visto nella biblioteca di Juno un libro d'arte dedicato a Gustav Klimt (1862-1918), e scoperto che questo pittore viennese della Secessione amava l'oro, le belle donne, i loro corpi nudi immersi nell'acqua che scorre, ed i serpenti.

Un primo logo si ispirò alla figura di Igea, come la si vede nelle foto della distrutta allegoria della Medicina - gli sgargianti colori del suo abito furono mutati nei (non meno vividi) colori dei "kente" ghanesi, il viso divenne quello di Elisabeth (per non parlar del seno, degno di una dea africana anziché greca), la pelle ovviamente da bianca divenne nera, ed anche il serpente ricevette i colori dei "kente", pur diversi da quelli dell'abito.

Il secondo logo era pensato per Edna ed Ester, qualora si fossero messe in proprio, ed era ispirato al quadro "Serpenti d'Acqua II", in cui delle ragazze nude vengono dipinte come serpenti d'acqua che nuotano. Edna ed Ester erano gemelle siamesi, e sebbene l'ispirazione rimanesse evidente, il quadro dovette essere modificato - ed i fiori di Klimt divennero simboli "adinkra" colorati.

Il viaggio da Bosa ad Accra fu lungo ma confortevole; Yemoja e Xiuhe avevano modificato le placente (non solo quelle da produrre, ma anche quelle già vendute - in questo caso a tutti gli acquirenti fu inviato un adesivo da applicare alla placenta, adesivo che rilasciava un virus che ne modificava il genoma) in modo da far produrre loro un potente antimalarico, per cui Elisabeth, Edna ed Ester ricevevano dalle loro placente personali non solo nutrimento e connettività, ma anche i farmaci loro indispensabili.

Mary aveva trovato un albergo per loro, non di lusso, ma confortevole, che consentì alle tre donne di piantare le loro personali placente in giardino, sotto la finestra della loro stanza (con un letto matrimoniale "king size" per Edna ed Ester, gemelle siamesi, ed uno "queen size" per Elisabeth, che altrimenti non avrebbe saputo dove appoggiare i seni durante il sonno; il bagno aveva una vasca-doccia, nella cui cabina anche Edna ed Ester stavano comodamente), per cui il fusto delle placente arborizzate poteva inviare delle propaggini dentro la stanza e nutrire le titolari/ospiti.

Il soggiorno in albergo avrebbe dovuto essere solo di lavoro (durante le 12 ore di sole di cui Accra gode ogni giorno dell'anno, essendo a soli 5° Latitudine Nord) e di riposo, ma intervenne una cameriera di nome Barbara che si mostrò attratta da Elisabeth.

Ad Elisabeth lei non dispiaceva, per cui le permetteva di abbracciarla ogni volta che portava loro la colazione - Barbara era una donna minuta, Elisabeth un donnone, per cui Barbara doveva abbracciarla due volte - una da destra ed una da sinistra. Ester ed Edna vollero anche loro abbracciare Barbara, ed ella acconsentì - ma questi abbracci erano molto più significativi per le due gemelle siamesi, poco avvezze a queste affettuosità, che per la cameriera.

Abbraccia oggi, abbraccia domani, mentre le pratiche si prolungavano, arrivò il momento in cui Barbara entrò nella camera di tutte e tre - era finita la carta igienica (poiché si nutrivano attraverso le loro placente, e non per normale digestione, non ne avrebbero avuto a rigore bisogno, ma non volevano destare sospetti), e Barbara venne a portargliela.

Barbara guardò Elisabeth come una micia che vuole coccole, Elisabeth si aprì la vestaglia mostrandole il suo possente corpo nudo, Barbara corse ad abbracciarlo, carezzarlo e baciarlo; Edna ed Ester erano nude sotto le lenzuola, ne uscirono, strinsero da dietro Barbara contro Elisabeth ... avevano appena pranzato, e Barbara uscì dalla camera il mattino dopo a colazione.

Barbara non lo faceva solo per il suo piacere, ma anche sperando in un guadagno - ma nessuna delle tre ritenne il caso di assumerla nella costituenda Mami Wata Jewels; le tolse d'impaccio Mary, offrendole un lavoro più remunerativo come agente immobiliare, visto che Barbara sembrava capace di misurare stanze e palazzi con uno sguardo, era diligente nello svolgere le pratiche burocratiche, ed era abbastanza spigliata nel trattare con i clienti - ma Mary l'avvertì: "Se vai a letto con un cliente, non puoi più gestirlo e guadagnarti la provvigione. Ricordati: o lo porti a letto, o lo porti in ufficio".

Nel frattempo tutte le pratiche erano terminate, la Mami Wata Jewels era stata costituita, aveva acquistato il terreno su cui piantare la placenta che sarebbe diventata casa e laboratorio.

Il Consiglio dell'Area Metropolitana di Accra si stupì a vedere un edificio edificato in meno di una settimana, ma era tutto in regola, ed Elisabeth, Edna ed Ester organizzarono la festa d'inaugurazione, a cui invitarono tutta la famiglia Dejana.

Purtroppo, essa decise di rifiutare, perché Juno, pur avendo transizionato ed essendo di genere femminile per lo stato italiano, pur essendosi fatta epilare permanentemente tutti i peli del corpo dalle stanghette degli occhiali in giù, pur essendosi fatta femminilizzare il volto, e pur eseguendo ogni sei mesi un intervento di lipofilling che le aumentava la taglia del seno, passava ancora troppo male per riuscire a farsi rilasciare un visto turistico dalle autorità ghanesi. E se non ci andava lei, non ci andava nessuna della famiglia.

La festa fu perciò "reale" per Elisabeth, Edna, Ester, Barbara, e tutti i potenziali clienti, "virtuale" con la famiglia Dejana attraverso le connessioni che le placente di Ghana e Sardegna erano riuscite a stabilire attraverso il continente africano ed il Mediterraneo. Della festa sia "reale" che "virtuale" faceva parte un'orgia (solo tra le quattro donne citate, nella festa "reale"), e quella "virtuale" fu più appagante, in quanto non c'erano le limitazioni dovute all'anatomo-fisiologia degli organi sessuali umani.

Dopo la festa la Mami Wata Jewels partì alla grande, producendo gioielli per tutte le tasche, e vendendoli in Europa attraverso la Prendas DeJana - per cui le due famiglia, quella di Elisabeth e la Dejana, divennero molto ricche, e pure famose, in quanto la loro collezione di gioielli ispirati agli orisha finì al MOMA di New York City.

Al sesto anno di permanenza, Elisabeth non ebbe alcuna difficoltà ad ottenere la cittadinanza ghanese; Edna ed Ester chiesero invece solo la residenza permanente - diventare cittadine ghanesi avrebbe imposto loro di rinunciare alla cittadinanza italiana, cosa che ritennero non conveniente, e l'essere gemelle siamesi onfalo-ischiopaghe rendeva loro difficile ottenere da un ospedale ghanese un certificato di buona salute, essenziale per la cittadinanza.

Juno intanto si stava facendo rimodellare bacino e natiche, nella speranza di ottenere infine il visto per il Ghana, ed insieme con Rebecca visitare realmente le donne che solo "virtualmente" avevano conosciuto durante la festa - il Ghana sembrava un paese capace di rendere felice chi vi abitava, ad onta delle molte cose che funzionavano meno bene che in Italia.

[Fine]

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