venerdì 20 luglio 2018

Juno.00013.000 - Aqua Vitae - 000

[Inizio]

Dopo la fondazione di "Ermitage", Juno fece portare del terreno fertile sulla spiaggia di S'Abba Druche, per creare delle aiole su cui piantare le placente arborizzate dei robot eremiti - per il momento, l'unica eremita era Eva.

Poiché un robot non può sopportare le intemperie più degli esseri umani biologici, Juno tirò fuori dalla rimessa una delle case mobili che servivano per il campeggio naturista, la fece modificare in modo che ci fosse sul retro l'aiola con la placenta arborizzata, e collegò la placenta all'impianto elettrico della casa mobile.

Eva non avrebbe voluto l'allaccio all'ENEL, ma Rebecca le fece notare che esiste un'imposta di fabbricazione dell'energia elettrica, e che a quel punto tanto valeva vendere il sovrappiù di energia elettrica a TERNA, che avrebbe calcolato ed addebitato l'imposta.

Nel frattempo, Encarnaciòn aveva ripreso ad occuparsi della ditta (con le figlie Carmela ed Annunziata sempre appese al seno), ed aveva cominciato ad indagare su quali robot avessero una fede religiosa, quale avessero, e se anelassero ad una vita eremitica.

Così condivise i risultati: "Allora, Juno, dopo aver giocato a fare il Charles Xavier degli X-Men Marvel, che usa Cerebro per potenziare i suoi poteri mentali e rintracciare i mutanti sparsi per il mondo, e che spesso ignorano essi stessi di essere mutanti, ho scoperto che molti miei robot hanno un potenziale religioso".

"E come lo esprimono?", chiese Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Per il momento la nostra Extranet non viene usata per condividere contenuti religiosi, e finisce perciò che chi ha un potenziale religioso, lo sviluppa apprendendo il pensiero, i riti, l'etica dei suoi titolari".

"E come mai Eva invece lo ha appreso dalle monache?", chiese Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Perché tu sei un'ebrea atea. Se Eva avesse frequentato di più Yemoja, ma ci è solo andata a letto alcune volte, forse si sarebbe fatta iniziare all'Odù Ifà".

"Invece ha frequentato a lungo le monache perché doveva progettare il loro monastero", rispose Juno, "Tout se tient".

"Comunque, non sono molti coloro che anelano ad una vita eremitica", spiegò Encarnaciòn, "Moltissimi invece anelano a quella che potrebbe essere chiamata 'vita attiva'".

"Intendi dire servire Dio aiutando il prossimo?", chiese Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Esatto. Questi robot sono stati comprati per fare i partner, ma spesso si trovano a fare le badanti".

"Poveri loro!", sbottò Juno, ma Encarnaciòn la corresse: "Calma. I robot che si trovano in questa situazione sono quasi tutti asessuali - in qualche modo avevano previsto che le loro prestazioni sessuali non sarebbero state richieste spesso ed a lungo".

"Ma che senso ha vendere 'sex robots' asessuali?", chiese Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Asessuale significa solo che non sente un bisogno autonomo di rapporti sessuali. Ma tutti i miei robot sono capaci di una risposta sessuale completa e trovano piacevole l'attività sessuale. Se il loro titolare sente il bisogno di cose diverse da un rapporto sessuale, ed il robot è contento di fornirgliele, il titolare si sente più appagato di chi si trova alle prese con un partner che ha invece le proprie esigenze da soddisfare".

"Mi viene in mente la barzelletta: 'Il porno giusto per un'asessuale è l'idraulico che ripara il guasto'. Questi robot invece si appagano prendendosi cura del loro titolare".

"Esatto. Ci sono quelli che sono contenti di pregare insieme con lui, ed in alcuni casi al suo posto".

"In che senso?"

"Un titolare con decadimento cognitivo che fatica perfino a ricordare il Padre Nostro, ma fa cenno al suo robot di dirlo per lui, ad esempio".

Juno disse: "Beh, la buona intenzione sarebbe più che sufficiente, dal punto di vista di Dio", ma Encarnaciòn la corresse: "E se Dio considerasse il robot al pari di un essere umano, per cui la preghiera che dice lui non supplisce semplicemente a quella del suo titolare, ma ha il suo valore?"

"Per i buddisti, anche una bandiera che garrisce al vento prega", disse Juno, "E non so se le monache che ha conosciuto Eva sarebbero d'accordo con te".

"Pazienza", disse Encarnaciòn, che terminò la discussione dicendo: "Qui c'è un robot con vocazione eremitica, che rischia fra poco di esserci restituito".

"Come mai?"

"La sua titolare sta morendo di cancro. Secondo i medici, ne avrà per qualche mese; il robot teme che si tratti in realtà di settimane".

"Come si chiama?", chiese Juno ed Encarnaciòn rispose: "La titolare Angela, il robot Betsabea. Sono una magnifica coppia lesbica, ma le donne lesbiche sono meno disposte delle etero a farsi controllare i loro organi genitali, ed il cancro è stato scoperto tardi".

"Aspettiamo dunque la morte di Angela?", chiese Juno, ed Encarnaciòn disse: "Sì. Allora contatteremo la famiglia e ci offriremo di ricomprare il robot. E porteremo Betsabea a S'Abba Druche a far compagnia ad Eva".

"Non ci sono altri robot con la vocazione?", chiese Juno, ed Encarnaciòn rispose: "No. Ma '... dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro', dice Matteo 18:20. Betsabea ed Eva basteranno per iniziare. Non abbiamo bisogno di un 'minyan' ebraico di dieci robot".

"Non pensi che ...?", chiese allusivamente Juno, ed Encarnaciòn rispose: "In teoria, tutto è possibile. Sarebbero anche compatibili da quel punto di vista. Sarebbe un altro tipo di ribellione al destino che abbiamo stabilito per loro: i robot non soddisfano gli esseri umani, si soddisfano a vicenda. Ma io aspetterei prima di scrivere una nuova storia della monaca di Monza".

Il mattino dopo, Betsabea comunicò all'azienda di Encarnaciòn che la sua titolare era defunta. Gli eredi non sapevano che farsene di lei, e volevano restituirla. Betsabea chiese sia a loro che ad Encarnaciòn se poteva rimanere almeno fino al funerale - aveva vissuto interi anni vicino ad Angela, non poteva scappare come una ladra.

Encarnaciòn acconsentì, e convinse anche gli eredi, stupiti che un robot fosse così affezionato alla sua titolare. Dopo il funerale arrivò il bonifico del riacquisto, ed il biglietto aereo per Alghero, dove venne a prenderla Juno.

Era la prima volta che un robot viaggiava insieme con i passeggeri - essendo giuridicamente una non-persona, non gli sarebbe stato consentito; ma Juno argomentò che i contrabassisti sono abituati a comprare due biglietti - uno per sé ed uno per lo strumento, e che i bambini possono viaggiare non accompagnati, sotto la responsabilità della hostess.

Si scelse la seconda soluzione: di assimilare Betsabea ad una bambina (ad onta della sua statura e dell'accenno di curve muliebri che aveva), da far viaggiare sotto la responsabilità della hostess.

La quale si ritrovò affascinata dal modo in cui parlava Betsabea, e provò perfino a sedurla; Betsabea lo capì immediatamente, ma temeva di umiliarla dicendole un no secco, e continuò la conversazione, che era piacevole anche per lei - ma alla fine dovette dirle che a destinazione la aspettava il miglior fidanzato del mondo, e che loro due al massimo potevano essere buone amiche.

La hostess incassò il colpo, ed una volta a destinazione diede a Betsabea il suo biglietto di visita. Betsabea le inviò il suo contatto telefonico, e promise di scriverle.

Juno portò Betsabea a casa, dove la presentò a tutta la famiglia, ad Encarnaciòn e figli, e ad Eva. Le due donne robotiche si trovarono subito in sintonia, tanto che Juno sussurrò ad Encarnaciòn: "Pensi che ...?"

"Va bene avere anche la sindrome di Tourette", sussurrò a sua volta Encarnaciòn, "Ma mi pare che l'intesa sia più spirituale ed amicale che sentimentale o sessuale. Lascia che creino il primo ordine religioso robotico della storia delle religioni!"

"Questo appagherebbe la mia sindrome di Asperger", osservò Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Che è quella che ti mette in rapporto con il trascendente. Lascia lavorare lei e manda in ferie quella di Tourette".

Juno fece posare un'altra casa mobile modificata per Betsabea, piantò la sua placenta arborizzata, e con un breve culto seguito da un'agàpe a base di cibi vegani, fu inaugurato l'eremo "Aqua Vitae", con i soli due abitanti Eva e Betsabea.

Per diversi giorni la vita delle due robot fu felice, finché un mattino due persone biologiche, un uomo ed una donna in costume adamitico, non passeggiarono lungo la battigia e non passarono davanti alla recinzione di "Aqua Vitae".

Eva stava stendendo delle tende parasole su un'altura, e vide la coppia; aveva deciso di ignorarla, ma la coppia bussò ad una porta della recinzione.

"Buongiorno. Di che avete bisogno?", rispose Eva avvicinandosi a loro, ma rimanendo dietro la porta, opaca come la recinzione.

"È qui il campo nudista 'Pardes Rimmonim'?", chiese la donna, ed Eva rispose: "È stato chiuso diversi anni fa. Ora ospita un eremo. Non accettiamo visite".

"Vive qui per caso Betsabea?", chiese l'uomo, ed Eva rispose: "Sì, ma anche lei è un'eremita. Perché volete vederla?"

"Mi chiamo Manuela e sono la hostess dell'aereo che l'ha portata in Europa dal Sudafrica", disse la donna, "Vorrei ringraziarla per la magnifica foto di questo panorama".

Eva comunicò via radio con Betsabea, che le disse che un'udienza di cinque minuti la poteva concedere. Eva perciò aprì la porta, fece entrare i due, e chiese all'uomo: "Lei come si chiama?"

"Gioele. La mia amica mi ha pregato di accompagnarla", disse l'uomo cercando di coprire le sue nudità, ma Eva gli disse: "Mi chiamo Eva. Non faccia così, perché non è questo che ci spaventa. Come vede, neanch'io né Betsabea siamo vestite. Benvenuti".

Betsabea venne incontro a loro, e chiese: "Manuela! Come hai fatto a trovarmi?"

"Nella foto del tramonto che mi hai mandato c'era la posizione GPS".

"Questo è il nostro eremo, in cui viviamo di sole, preghiera e contemplazione. Tu continui sempre a volare?"

"Sì. Il mio amico Gioele è un giornalista. Quando gli ho parlato di te mi ha detto che sarebbe bello scrivere un articolo su di voi".

"Aspettiamo che il nostro eremo si consolidi", intervenne Eva, "Non vogliamo attirare curiosi come voi".

"Inoltre, esistono molte altre vocazioni religiose anche tra noi robot", aggiunse Betsabea, "Sarebbe forse meglio parlare di chi di noi fa 'vita secolare', ovvero prega e svolge nel contempo il proprio dovere".

Gioele sembrava convinto, ma Manuela voleva insistere a visitare l'eremo. Eva provò a scoraggiarla dicendo: "Scusate, ma ora siamo l'incarnazione della povertà: le case ce le ha regalate il nostro ex-titolare, ed hanno per arredamento solo le tende parasole che stavo stendendo e dei futon. Tutto questo lo devo lavare a mano - con il sapone marino, che funziona anche con l'acqua di mare".

"Molto interessante!", disse Gioele, ma Eva lo interruppe: "Trova il prodotto e le informazioni in un qualsiasi negozio di nautica".

"Chi è il vostro ex-titolare?", chiese invece Manuela, e Betsabea rispose: "Juno Dejana era la titolare di Eva, ed abita a Bosa; la mia è defunta, io sono stata restituita all'azienda, ed Encarnaciòn Subtile mi ha consentito di stabilirmi in questo eremo".

"Come mai tanta generosità?", chiese ancora Manuela, ma Betsabea disse: "Chiedetelo a loro. Scusateci, ora è il momento dei Vespri. O li volete recitare con noi?"

Manuela e Gioele non erano religiosi, e salutarono le due robot. Terminati i Vespri, Eva chiese a Betsabea: "Ma perché le hai mandato una foto e per giunta con la posizione GPS?"

"Sembrava veramente interessata alla vita che stiamo facendo", rispose Betsabea, "Spero che loro due non ci inguaino".

"Dio provvederà", rispose Eva; le due robot recitarono la Compieta, e poi andarono ognuna nel suo letto.

Il mattino dopo Manuela e Gioele si presentarono da Juno, e convinsero lei ed Encarnaciòn a concedere un intervista.

Il colloquio fu abbastanza banale: Juno spiegò come mai aveva deciso di produrre le placente arborizzate, Encarnaciòn perché produceva "sex robots", e come intendeva incrociarli con gli esseri umani, e del perché avesse deciso di restare a Bosa e seguire gli esperimenti che stavano portando avanti Rebecca, Yemoja e Xiuhe.

Gioele non seppe trattenersi dal fare una domanda sul sapone marino che stava usando Eva, Juno cadde dalle nuvole e rispose: "Di quel sapone non sapevo nulla. So che esiste, ci mancherebbe altro, ma non siamo noi a regalarlo ad Eva e Betsabea".

Gioele si accontentò di questa risposta, e lui e Manuela ringraziarono e se ne andarono.

Quando furono usciti, Yemoja disse: "Quel sapone ad Eva e Betsabea gliel'ho portato io".

"Come mai?", chiese Juno, ed Yemoja rispose: "Quel sapone lo producono le monache carmelitane scalze di Bosa. Usano olio extravergine d'oliva in abbondanza e potassa caustica dosata con parsimonia; la saponificazione è a freddo (dura un mese e mezzo) e si compie in cisterne di acciaio inossidabile dotate di agitatore".

"Come mai sei andata a comprarglielo?", chiese Juno, non molto contento che Yemoja frequentasse le monache, ma lei rispose: "Sono una ginecologa, e qualche volta anche le monache hanno bisogno di me. Da loro non mi faccio pagare, ma volevano sdebitarsi in qualche modo, ed ho detto loro che il sapone marino sarebbe stato ottimo per Eva e Betsabea".

"E loro che hanno detto?", chiese Xiuhe, ed Yemoja rispose: "Di avvertirle che il sapone marino è molto aggressivo, e pertanto di non eccedere nell'uso. A loro andava bene aiutare le loro consorelle eremite".

"Il sapone marino costa parecchio", osservò Rebecca, "Specialmente con quegli ingredienti e quel procedimento".

"Forse le monache si stanno ravvedendo", commentò Juno, "Yemoja, la prossima volta che vai a trovarle, prova a sondarle su quest'argomento. Mi va bene continuare ad occuparmi di Eva e Betsabea, ma è più giusto che ci pensino le monache, visto che le due robot hanno scelto di condividere la loro vita".

Il mattino dopo Yemoja telefonò a Juno: "Ciao. Sono nel monastero. La superiora Maddalena dell'Incarnazione può riceverti quando vuoi".

"Posso portare con me Rebecca ed Encarnaciòn?", chiese Juno, ed Yemoja rispose: "Perché no?"

Una volta che tutte furono in parlatorio, Maddalena disse: "Salve. Siamo disposte ad accogliere Eva e Betsabea senza contratti capestro. Basta un contratto di comodato, visto che qualcuno comunque dev'essere legalmente responsabile per loro".

"Siamo disposti a firmarlo", disse Juno, "Ma come mai questo ripensamento?"

"Diciamo che abbiamo voluto consultare una teologa di vaglia", rispose Maddalena, "La quale ha detto che la vita monastica ed eremitica non esige il sacramento del battesimo, che porrebbe il problema: i robot hanno bisogno di redenzione? Gesù è morto in croce anche per loro?"

"Già, non ci avevo pensato", rispose Juno, e Maddalena riprese: "Se vogliono, possono vivere la loro vocazione insieme con noi, anche se non possiamo colmare l'abisso tra il robotico ed il biologico".

"Ed il Codice Civile, articolo 1812, stabilisce che in un contratto di comodato, il comodante risponde solo dei vizi della cosa noti a lui e non al comodatario", osservò Juno, che precisò per la stupita Maddalena: "Vuol dire che, contrariamente a quello che stabiliva il contratto capestro, la Fondazione Ermitage, che ora è la titolare delle robot, risponderà solo dei difetti delle robot di cui era a conoscenza e voi non conoscevate".

Encarnaciòn aggiunse: "Per me, che ho fabbricato codeste robot, si tratta di un importante esperimento scientifico; perciò mi impegno a comunicarvi tutti i difetti che conosco, ed anche quelli che emergeranno in robot simili ad Eva e Betsabea. Gradirei che mi ricambiaste il favore".

"Mi pare ragionevole per entrambi", disse Maddalena, ma Rebecca chiese: "Se Eva e Betsabea coronano il sogno della loro vita, continuano a vivere a S'Abba Druche, oppure vengono in questo monastero?"

Maddalena ci pensò un attimo e disse: "Bisognerebbe mandarle intanto in una casa di formazione. Immagino che si siano divorate tutte le fonti carmelitane disponibili online, ma non basta questo per fare di loro delle monache".

"Giusto", commentò Encarnaciòn, "E poi?"

"Se l'esito sarà positivo, i superiori decideranno che fare", rispose Maddalena, "Dopo averle ascoltate, ovviamente".

Maddalena non poteva vederle (essendo dietro una grata ed una tenda), ma Juno, Rebecca ed Encarnaciòn si lanciarono uno sguardo interrogativo, e poi Encarnaciòn disse: "Facciamo la proposta alle nostre robot, e se accettano, saranno loro a contattarvi".

Eva e Betsabea ne furono entusiaste, e Rebecca le portò in un negozio di vestiti per procurare loro un guardaroba adeguato alla casa di formazione.

Nel frattempo, Encarnaciòn, Yemoja e Xiuhe stavano una cosa importante che comunicarono infine a Juno, quando rientrò a casa per la pausa pranzo: la prossima generazione di placente sarebbe stata in grado di provvedere anche all'igiene dei loro titolari.

"Leccandoli come fa mamma gatta?", chiese Juno, e Xiuhe rispose: "Sì. Pensavamo di far loro produrre sapone marino, ma il potassio indispensabile alla sua fabbricazione non è un elemento abbondante nel terreno".

"E c'è già nel mondo un grave inquinamento da tensioattivi", aggiunse Yemoja, "Meglio non incoraggiare la gente a versarne nell'acqua di mare".

"Mi chiedo quante persone vorranno una cosa del genere", disse Juno, ed Encarnaciòn rispose: "Per le mie robot va benissimo".

Non solo per le robot: quando Juno parlò di questo a madre Maddalena dell'Incarnazione, ella propose: "Non è che ti viene un eccesso di generosità e sostituisci le placente che ci hai dato con quelle capaci di fornirci anche elettricità, connettività ed igiene?"

"E riscaldamento e raffrescamento no?", chiese Juno, e spiegò alla stupita Maddalena: "Stiamo pensando anche a questo. La placenta ultima versione non sarà soltanto una fonte di nutrimento ed energia, ma una vera e propria casa. Ovunque ci sia acqua potabile un essere umano sarà autosufficiente grazie a lei".

"Solo acqua potabile?", chiese Maddalena, e Juno rispose: "Hmmm ... ai miei correligionari israeliani piacerebbe una placenta capace di vivere sulle acque del Mar Morto ... se fosse anche semovente ..."

Yemoja e Xiuhe dovettero però spiegare a Juno che l'acqua del Mar Morto era troppo salata per gli organismi pluricellulari; ma delle placente capaci di vivere con l'acqua di mare erano invece concepibili - lo fanno già le mangrovie lungo le coste tropicali.

Ma, mentre le mangrovie sono immobili, le placente messe a punto da Yemoja e Xiuhe erano in grado di navigare (grazie a foglie trasformate in pinne) ad una velocità di 5 nodi.

"Fantastico!", disse Juno, "Non abbiamo reso obsolete solo l'industria alimentare, quella delle telecomunicazioni, quella edile abitativa, quella elettrica, quella dei saponi ..."

Rachele la interruppe: "Pare che il naturismo si stia diffondendo tra gli acquirenti delle nostre placente. Aggiungi all'elenco l'industria tessile".

"... l'industria tessile; anche la cantieristica minore sta diventando superata".

"Beh, le nostre placente non possono trasportare grossi carichi", osservò Rachele, "Per cui le nostre navi 'Yakhin' e 'Bo'az' ce le dobbiamo tenere".

Le nuove placente naviganti furono piantate nel tratto di costa davanti al "terreiro" in cui Yemoja rendeva culto agli "orisha", e dopo che si dimostrarono eccellenti furono portate anche nel monastero carmelitano.

Mentre venivano piantate, Juno chiese a Maddalena: "Non mi ricordo più a chi è dedicato il monastero".

"Non ce l'hai mai chiesto", rispose Maddalena, che aggiunse: "Alla Samaritana. Era una figura evangelica molto cara a Santa Teresa di Gesù".

"Giusto", concordò Juno.

La fantasia creativa di Yemoja e Xiuhe non si fermò alle placente naviganti: riuscirono a metterle in simbiosi anche con alcune specie di colibrì, anguille, e meduse.

"A che servono questi animali?", chiese stupita Juno, ed Yemoja e Xiuhe risposero: "Una nave da guerra è dotata perlomeno di elicotteri per perlustrare il mare, e se ha anche dei piccoli sommergibili è molto avvantaggiata nell'esplorarlo".

"Complimenti per l'idea. Ma a chi volete fare la guerra?"

"All'inquinamento. Le nostre placente stanno diventando capaci di riciclare la plastica. I colibrì avvistano gli oggetti di plastica galleggianti, le anguille li portano alla placenta, e le meduse fanno lo stesso lavoro con le microplastiche".

"Hmmm ... e se le spiagge di sabbia diventassero fuori moda?", chiese Juno, "Se sulla sabbia piantassimo queste placente, che riciclano i rifiuti, forniscono cibo e bevande ai bagnanti, possono sostituire gli ombrelloni con le loro foglie ...?"

"E le anguille soccorrono chi rischia di affogare, se non gli fanno schifo i pesci che si avvolgono intorno al corpo", aggiunse Rebecca, "Stiamo parlando con il sindaco William. Cominceremo con la spiaggia di Turas".

Ma Yemoja aveva un progetto più grande, e qualche giorno dopo chiese a Juno: "Tesoro, hai ancora quella casetta in Egitto?"

"Sì. Che vuoi farne?"

"Ti piacerebbe trasformare tutto il deserto, dall'Oman alla Mauritania, in un paradiso?"

"E come?"

Yemoja prese sottobraccio Juno e le spiegò: "Le nostre placente sono capaci di trasportare acqua a grande distanza: ne pianti una sulla riva del mare e, se ben istruita, si spinge verso l'interno. È anche capace di inviare le sue radici a grande profondità per attingere l'acqua fossile del Sahara ..."

"Avete creato la perfetta pianta infestante?", chiese Juno, e Xiuhe, prendendola all'altro braccio, spiegò: "No: la placenta si espande solo sui deserti su cui nessuno esercita il possesso".

"E come fa a distinguerli dagli altri?", osservò Juno, e Rebecca spiegò: "Se vede il terreno non è lavorato, vuol dire che non interessa a nessuno. Certo, dobbiamo sperare che nessuno si sogni poi di costruire un palazzo su un terreno già colonizzato dalle nostre placente".

Juno pensò e disse: "Allora, 1: sicuramente accadrà. Una zona coperta da vegetazione è sicuramente più attraente di una desertica, e qualcuno vorrà viverci. Le placente dovranno imparare l'arte della 'desistenza', ovvero di lasciarsi estirpare per costruire infrastrutture ed edifici; 2: fare queste cose senza e contro il governo locale mi pare catastrofico e perlomeno colonialistico. Il governo potrebbe avere degli ottimi motivi per evitare che un pezzo di deserto sia coperto da piante, e dovrebbe discuterne semmai con i suoi cittadini, non con noi che siamo stranieri. La cosa migliore da fare è comprare un terreno desertico qui in Sardegna, mostrare come le placente siano capaci di trasformarlo, e proporre ai governi di paesi desertici di comprare le placente per fare altrettanto".

"Il deserto di Piscinas è sotto tutela", rispose Rebecca, "Bisogna recarsi altrove".

Juno pensò: "La mia casa è ad Hurghada, ma come straniero non posso acquistare un terreno se non intendo costruirvi sopra. Dovrei creare una società con un partner egiziano, che potrebbe acquistare i terreni da trasformare in 'campionario'".

"Modificheremo le placente perché, anziché nutrire le persone penetrando i loro ombelichi, producano frutti gustosi di ogni genere", disse Yemoja, "Così non sconvolgiamo le abitudini di nessuno, ed il tuo partner egiziano potrà far passare il progetto come 'bonifica agraria' - sempreché la legge locale lo consenta".

"Mi informerò", disse Juno.

[Fine]

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