Juno.00006.001 - Trinidad - 001
[Inizio]
Il mattino dopo l'arrivo di Xiuhe in Israele, Yemoja era raggiante, mentre Juno sentiva il peso delle notti insonni, con Rebecca che cercava di tirarla su con un buon caffè verde (non torrefatto, non bollito, solo scaldato in acqua tiepida) e delle imitazioni crudiste dei biscotti alle mandorle ed al cioccolato.
"Quando pensi che ci rivedremo, io e Xiuhe?", chiese Yemoja, e Juno rispose: "Potessi risponderti! Lei non te lo ha detto?"
"Non ancora".
Juno osservò: "Ho riguardato il sito dell'Agenzia Ebraica. Il governo israeliano non ama le 'aliyot a sorpresa, perciò Xiuhe doveva aver meticolosamente preparato la sua 'aliyah da mesi, se non da anni, con il consenso del governo di Pechino. Infatti, quando la domanda di immigrazione in Israele viene accolta, il consolato israeliano competente applica un visto apposito sul passaporto del nuovo immigrato - e quel passaporto i poliziotti cinesi dell'aeroporto di Pechino lo hanno certo esaminato, rendendosi quindi conto che lei non andava all'estero solo per il convegno. Quindi, non aveva senso invocare come scusa del viaggio in Israele un evento Facebook annullato!"
"Pensi che Xiuhe menta?", chiese con una punta di indignazione Yemoja, e Juno rispose: "Mi piacerebbe sapere perché ha detto una bugia inutile. Ed anche se critica il regime politico cinese, vedo che è riuscita comunque a convincere il governo del paese a lasciarla andare - magari con tutti i suoi soldi, cosa nient'affatto garantita dalla legislazione cinese".
"Forse ti aspettavi una piazzata come quelle che facevano i dissidenti sovietici che trovavano il pretesto per andare all'estero e lì chiedevano asilo politico, con i media occidentali che ovviamente montavano il loro caso. Xiuhe non è così, i cinesi non sono così, preferiscono mediare i conflitti piuttosto che farli esplodere, perché devono salvare la faccia della controparte".
"Preoccupazione comune anche agli ebrei. Vorrei una spiegazione, però", disse Juno, e Yemoja rispose: "Anche a me era venuto il dubbio, e le ho chiesto che era successo. Lei ha risposto che il congresso a Tel Aviv era stato organizzato davvero (ho controllato - c'erano le pagine web con il programma ed i pulsanti per iscriversi), ma era poi stato annullato perché non tutti i relatori avevano potuto confermare la loro presenza. Però il governo israeliano paga agli 'olim', i nuovi immigrati, il biglietto aereo da casa loro in Israele, e lei aveva contrattato la tappa aggiuntiva in Sardegna per partecipare al convegno di Sassari, pagandola di tasca sua. A quel punto, non era più il caso di tornare a Pechino".
"No. Capisco, è stata un'imprecisione, non una menzogna. Se le cose stanno come penso, il passaporto cinese ed il visto israeliano sono ancora validi, quindi lei può uscire da Israele e rientrare a volontà, anche se per venire in Italia una persona col passaporto cinese ha bisogno del visto".
"Non è già israeliana?", chiese Yemoja, e Juno rispose: "Credo che le abbiano dato una carta d'identità israeliana provvisoria - perché le venga concessa la cittadinanza e dato un passaporto israeliano devono passare ancora alcuni mesi. È una situazione simile alla tua: hai presentato richiesta di asilo politico, e questo ti permette di restare in Italia. Ma non puoi ancora avere un passaporto italiano, e non so se quello nigeriano è stato bloccato dopo la denuncia. Non mi rivolgerei alla tua ambasciata per scoprirlo!"
"Certo che no. Spero invece che l'udienza di oggi in tribunale basti a vederci divorziati", disse Yemoja, "Così magari io e Xiuhe possiamo andare a sposarci in Francia, Germania, Spagna ..."
"Non so perché, ma il paese preferito dagli italiani che vogliono un matrimonio vero e proprio, e non un'unione civile, è il Portogallo. Ti conviene informarti", rispose Juno, che aggiunse: "E questo matrimonio viene trascritto in Israele. Starete meglio di come stiamo io e Rebecca, che abbiamo solo un'unione civile".
"Già. Ho tanti bei sogni insieme con Xiuhe", disse Yemoja, mentre Juno era perplessa - pur non desiderandola, non voleva perderla. Ma sapeva che non poteva trattenerla contro la sua volontà, per cui tacque, e s'incamminò per Mariscuola Maddalena ad insegnare, insieme con Rebecca e Giaele, mentre Yemoja preparava il cibo per i clienti del ristorante, e badava a Lia e Dina, le figlie di Giaele e Rebecca.
A pranzo, mentre la famiglia ed i clienti mangiavano nel ristorante, Yemoja ricevette due comunicazioni: la prima era che il divorzio era stato concesso, la seconda che le prove addotte dal marito per divorziare - che mostravano che Yemoja l'aveva tradito con Xiuhe - erano state allegate alla denuncia per "atti contro l'ordine della natura" (commessi in altra occasione), e Yemoja era stata rinviata a giudizio.
"Bisogna che tu informi l'avvocato che segue la tua pratica di asilo politico", disse Juno, che aggiunse: "Chiedigli se hanno stabilito la data della tua udienza".
Nel pomeriggio l'agente immobiliare che doveva trovare l'appartamento con tre camere a Sassari telefonò dicendo che aveva un ventaglio di scelte da proporre; Juno rispose: "Manda una mail con quel ventaglio, e poi vediamo".
Leggendo la mail insieme con Rebecca, Juno vide diverse case interessanti, una delle quali venduta insieme con un locale commerciale.
"Bello", disse Juno, "E se comprassimo questa casa, ed affittassimo lo studio medico a Yemoja o Xiuhe?"
Rebecca dovette trattenersi per non esplodere, e disse a Juno: "Scusa, tesoro, ma che rapporti vuoi avere con loro due?"
Juno si rese conto che Rebecca era arrabbiata, ma cercò di buttarla in ridere dicendo beffarda: "Sessuali, ovviamente!"
Rebecca fece un ulteriore sforzo e disse: "Tesoro, lo sai che rispondermi così può provocarmi un meltdown. Vedo di controllarmi e spiegarti che cosa credo sia sbagliato in quello che stai facendo".
"Ti ascolto", disse seria Juno, e Rebecca, dopo un profondo respiro disse: "Posso capire che tu desideri altre donne oltre a me, e sono anche disposta a lasciarti aprire la nostra relazione, dalla tua parte. In fondo, se io continuo ad andare a letto con le mie sorelle più volte alla settimana, non posso importi di andare a letto solo con me".
"Grazie!", disse Juno, "È una bella notizia!"
"Ma temo che farlo proprio con Yemoja e magari anche Xiuhe sia poco opportuno. Yemoja in questo momento dipende da noi, e non so se è capace di rifiutare una proposta fatta da te - o da me".
"E se una non può rifiutare, non può nemmeno acconsentire", disse Juno.
"Esatto. La cosa sarebbe di estrema gravità perché lei è nostra ospite, e dobbiamo evitare che le venga fatto del male, non procurarglielo".
"Capisco, ma io volevo solo aiutarla", protestò Juno.
"Ho paura che tu stia cercando di dirigere la sua vita, quando è lei invece che deve deciderla".
"Niente studio medico, allora", disse sconsolata Juno.
"Avevi già proposto a Yemoja, non appena ottenuto l'asilo politico e l'iscrizione all'ordine, di dirigere la nostra banca dello sperma. È una proposta ragionevole e, se accettata, non ci impone altra spesa che pagarle uno stipendio, che lei contraccambia lavorando per noi. Se tu le compri invece uno studio medico, la 'metti in obbligazione', come si dice nel paese sardo da cui viene la tua famiglia, ovvero la obblighi almeno moralmente a pagare il debito che facciamo per lei. E lei potrebbe risponderci: 'Ma chi te lo ha chiesto?'".
"Capito", disse sconfitta Juno.
"Ottieni migliori risultati evitando di fare cose che possono essere interpretate come una forma di manipolazione, e lasciandola libera di decidere la sua vita".
"D'accordo", disse Juno, "Che dici di quest'altro appartamento, che però al posto di una cucina separata dal salotto ha quattro camere da letto?"
"Della quarta camera che facciamo?"
"Quando le figlie saranno grandi, farete lì dentro le vostre ammucchiate!", rispose Juno come se fosse la cosa più normale del mondo.
"A giudicare dalla pianta dell'appartamento, con tanto di misure, possiamo affiancare lì dentro tre letti singoli facendo un lettone come dici tu", osservò Rebecca, "Ed il prezzo sembra abbordabile, giusto?"
"Sì".
"Affare fatto, allora", disse Rebecca.
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