Juno.00006.008 - Trinidad - 008
La disponibilità dell'appartamento a Sassari, ammobiliato, permise di consolidare questa routine: nelle notti tra domenica e lunedì, tra martedì e mercoledì, e tra giovedì e venerdì, Rebecca e Giaele si recavano a Sassari per far l'amore con Debora fino all'ora di apertura dei grossisti di frutta e verdura - Debora riportava il cibo a Bosa, dove gestiva il ristorante "Pardes Rimmonim", e Rebecca e Giaele lo riportavano a La Maddalena, dove gestivano il ristorante "Ohel Mo'ed", ed insegnavano a Mariscuola Maddalena, la scuola per sottufficiali di marina alla Maddalena.
Le altre notti Giaele e Debora sembravano non aver bisogno di partner sessuali (con la sua fidanzata Dalia Giaele si incontrava solo nel weekend - e così pure Debora con la fidanzata Giovanna), Rebecca invece faceva l'amore con Juno (unita civilmente a lei) ed Yemoja. Juno era contenta che la sua adorata moglie non corresse più pericoli infrattandosi nei boschi, e contava che le figlie che lei, da donna trans non operata, aveva concepito con Rebecca (Dina), Giaele (Lia) e Debora (Rachele), una volta cresciute avrebbero occupato quell'appartamento, con quattro camere da letto (tre singole ed una mastodontica), per studiare all'università di Sassari.
Ai ristoranti di Bosa (Pardes Rimmonim) e La Maddalena (Ohel Mo'ed) erano annessi anche dei campi nudisti, ma il tempo per curarli era poco, ed i pochi ospiti che li frequentavano pagavano appena le spese. L'originale banca dello sperma Aspermer, situata a Bosa, vicino alla gioielleria di famiglia delle sorelle Debora, Giaele e Rebecca, anche questa era in declino perché la neurochirurga e nutrizionista Giaele non aveva il tempo di occuparsene (Rebecca è ingegnera idraulica, Juno avvocata "corporate" in pensione, Debora laureanda in lettere).
L'associazione Ebraismo Umanista Sardo era stata fondata da Juno (quando ancora si chiamava Leonida) a Bosa, ma questa aveva conquistato un seguito sufficiente da funzionare in modo soddisfacente anche senza fondatore, e continuava ad invitare intellettuali ebrei da Europa, Mediterraneo ed Israele a parlare di ebraismo, modernità, dialogo, intersezionalità.
Questa situazione stava però cominciando a mutare: Xiuhe comunicò a Yemoja che finalmente le avevano concesso la cittadinanza israeliana, e con il suo nuovo passaporto israeliano poteva venire in Italia senza visto (quello cinese era ancora valido, ma era improbabile che lo usasse ancora).
Yemoja fu convocata dalla Commissione Territoriale per il Diritto d'Asilo di Cagliari, e chiese a Rebecca e Juno di accompagnarla.
L'udienza fu tranquilla, ma l'incontro preliminare con l'avvocato fu tempestoso: l'avvocato aveva provato ad infilare tra i motivi della richiesta di asilo il rischio che Yemoja, qualora tornata in patria, potesse essere costretta a subire intervento di mutilazione genitale femminile, diffuso nell'etnia Yoruba, e Yemoja si era parecchio arrabbiata, in quanto era stata abbastanza fortunata da non doverlo subire, e le pareva inutile allarmismo paventare una cosa del genere.
Rebecca, consultatasi telefonicamente con Giaele, riuscì a mediare tra Yemoja e l'avvocato, facendo notare che uno degli scopi, sia della circoncisione maschile che delle varie forme di mutilazione genitale femminile, era quella di ammansire la libido di chi subìva l'operazione, e disciplinarne la sessualità in modo etero-cis-patriarcale.
Juno confermò per quello che sapeva (la circoncisione maschile ebraica), e completò il ragionamento di Rebecca: se Yemoja aveva finora avuto la fortuna di trovare persone che non le avevano imposto la mutilazione genitale nè alla pubertà, nè per iniziarla all'Odù Ifà (la divinazione secondo il metodo Ifà, di cui lei era sacerdotessa), nè in vista del matrimonio (il marito non era un granchè, ma che una donna mutilata sarebbe diventata una pessima moglie era riuscito a capirlo), ora che era palese che lei era una bisessuale e pure poliamorosa, lei rischiava di essere considerata la controprova della necessità della mutilazione genitale per domare la sessualità di una donna, e di essere davvero rapita, torturata, mutilata e forse uccisa.
Yemoja accettò di armarsi di quest'argomento (i media nigeriani avevano spettegolato parecchio su di lei, e corroboravano il ragionamento), e la commissione dovette concordare che lei stava diventando vittima dell'intersezione delle discriminazioni per orientamento sessuale e per avere i genitali ancora intatti, e che l'unico modo per proteggerla era l'asilo politico.
Il responso della commissione si fece attendere qualche giorno, e non appena lo ebbe Yemoja si precipitò sia in questura (per avere il passaporto italiano) che all'ordine dei medici (per potersi iscrivere all'albo).
Una volta iscritta, Yemoja venne a sapere che all'università di Sassari si stava organizzando questo convegno: "L'infezione malarica come fattore di rischio per la gestante ed il feto". In Nigeria la malaria è tuttora endemica, ed Yemoja, nella sua pratica medica, aveva visto decine di donne colpite dalla malaria durante la gravidanza, e le conseguenze nei figli, e poteva perciò intervenire al convegno con condizione di causa.
Gli organizzatori fecero uno strappo alla regola e decisero di valutare più la notevole esperienza clinica di Yemoja che le sue pubblicazioni (scarse - un po' per sua riluttanza a scrivere, un altro po' per il maschilismo prevalente nell'accademia di tutto il mondo), e la ammisero tra i relatori.
Quale fu la sua sorpresa, quando lesse l'elenco dei colleghi relatori, nel trovare il nome di Hua Xiuhe Batsheba! Il curriculum di lei coincideva con quello che Yemoja sapeva, e la foto della relatrice era proprio quella della sua amante!
Yemoja scattò una foto del documento, la mandò a Xiuhe, e quest'ultima le rispose che voleva farle una sorpresa. Anche Xiuhe aveva la sua esperienza in fatto di malaria, in quanto in Cina non è ancora stata completamente debellata, e la provincia dello Yunnan è considerata particolarmente pericolosa, in quanto alberga plasmodi della malaria ormai diventati resistenti a molte medicine. Xiuhe ci aveva lavorato per anni, ed anche lei poteva portare l'esperienza di chi doveva difendere dai plasmodi la salute di gestanti e bambini.
Anche Rebecca e Juno furono contentissime di sapere che Xiuhe sarebbe venuta al convegno, e, con il consenso di Giaele e Debora, diedero a Yemoja la chiave dell'appartamento a Sassari, che era più vicino all'università dell'albergo prenotato per i relatori.
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