Bina Carbonia stava portando alla sua cliente Angela Eletta un pacco che avevano consegnato al suo B&B Elixir of Life, quando ella sentì un forte calore promanare dal quel pacco e svenne.
Angela stava dicendo: “Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi”, ma quando sentì il rumore di Bina che cadeva sul pavimento si interruppe, aprì la porta e soccorse la donna.
Insieme con Angela c’erano altre persone, ma, essendo ella un medico, disse: “Andate via pure, ci penso io”; vedendo Bina rinvenire, tutti le obbedirono – ma Angela, osservando attentamente Bina, pensò: “Questo sembra avvelenamento acuto da radiazioni – ma perché io e gli altri non ne abbiamo sofferto?” Riconobbe il pacco: lo aveva ordinato il giorno prima, e conteneva ostie da consacrare.
Capì cosa era successo: Bina era una vampira, ed Angela una sacerdotessa vetero-cattolica, la cui chiesa ordina anche le donne; pronunciando la formula della consacrazione aveva involontariamente consacrato anche le ostie del pacco che Bina teneva in mano – ma i vampiri dalle specie eucaristiche debbono stare lontani.
Angela decise di salvare Bina – secondo una pagina Web occorreva innanzitutto far sparire tutte le specie eucaristiche nella stanza (cosa semplice – anche se costrinse Angela a fare indigestione), e poi somministrarle almeno un bicchierino di sangue.
Ad Angela l’idea di pungersi per dare a Bina sangue fresco non piaceva, ma le sue parti intime le vennero in aiuto: aprì dolcemente la bocca di Bina e le versò dentro il contenuto della sua coppetta mestruale, guarendola.
Bina chiese che le era successo, ed Angela glielo spiegò; Bina stupita chiese: “Come mai una sacerdotessa vetero-cattolica ha deciso di salvare quella che per lei è una creatura demoniaca?”
Angela rispose: “Sapevi che ero una sacerdotessa, ma mi hai ospitato comunque. Ho pensato che sarai demoniaca, ma malvagia non lo sei. Ed anche se tu lo fossi stata, tocca solo a Dio giudicarti – il mio dovere era di salvarti”.
“Grazie. Però sono ebrea – com’è possibile che le specie eucaristiche mi abbiano fatto questo effetto?”, osservò Bina, ed Angela rispose: “Questo sembra un miracolo eucaristico. Di solito questi miracoli servono a corroborare la fede dei cattolici che dubitano della presenza vera e reale (la chiesa cattolica romana ed altre dicono anche sostanziale) di Gesù nell’Eucarestia – nel tuo caso sembra invece che tu, pur ebrea, coltivi invece il dubbio che Gesù sia il Figlio di Dio e nell’Eucarestia sia presente in modo vero e reale. Senza questo dubbio, non ti sarebbe successo nulla”.
“Già”, rispose Bina, “Questa storia mi fa venire in mente un passo del Talmud: ‘Se uno se la merita, la Torah diviene per lui una pozione di vita; se non se la merita, la Torah diviene per lui una pozione di morte’ [bYoma 72b]”.
“Diciamo la stessa cosa dell’Eucarestia [1 Corinzi 11:23-32]”, osservò Angela, “e per noi Gesù è il Logos, il Verbo incarnato. Però l’assenso della fede non deve essere forzato, nemmeno da un prodigio – a chi chiese da lui un ‘segno’ Gesù rispose di no [Matteo 16:4]. Non insisto perché tu risolva il tuo dubbio in senso positivo – lascio a te il pensarci”.
Le due donne si misero d’accordo: Angela celebrava la messa nel B&B mentre Bina faceva la spesa, e così Bina non correva pericolo. Bina comprava il vino ed il pane solo il venerdì pomeriggio, anche per il Qiddush del venerdì sera – le due cose venivano tenute in cantina, al riparo dagli effetti della consacrazione.
Ad Angela non dispiaceva partecipare al rituale della Qabbalat Shabbat, facendosi spiegare da Bina alcune cose dell’ebraismo che lei ignorava, ed una sera disse: “Domenica sei libera?”
“Perché?”, chiese Bina, ed Angela rispose: “La mia chiesa tiene un convegno domani – io sono venuta con un paio di settimane d’anticipo perché non ero mai stata a Roma, e non potevo immaginare quello che sarebbe successo”.
“Sei una gran cliente, e non ho subìto danni permanenti”, rispose Bina, “Ma qual è l’argomento del convegno?”
“Le Nozze di Cana”, rispose Angela, “Visto che alcuni relatori cercheranno di darne un’interpretazione ebraica, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere”.
“Sicuramente”, rispose Bina, “Ma vorrei farti una domanda”.
“Chiedi”, rispose Angela, e Bina rispose: “Siete davvero così LGBT+Friendly come fanno pensare i vostri siti?”
“Sì e no. In origine praticavamo la ‘bicancellazione’, ovvero dividevamo le persone in eterosessuali e omosessuali, e consideravamo peccaminose le pratiche omosessuali compiute da persone eterosessuali”, rispose Angela, “Io, che sono bisessuale, ho dovuto faticare molto per spiegare che questa concezione non aveva senso, ma ho convinto la mia chiesa, tant’è vero che mi hanno ordinata. Ai sacerdoti di ogni genere consentiamo di sposarsi, ma al momento sono single. Tu?”
“Il mio nick sui social è ‘Dorifora’ …”, rispose Bina, facendo morire dal ridere Angela, che chiese: “Mangi solo la patata od anche la melanzana?”
“All’occorrenza anche il peperoncino e vado matta per il pomodoro”, rispose ridendo Bina.
“È il mio turno di farti una domanda imbarazzante”, riprese Bina, “Perché ti chiami Carbonia? Molti ebrei hanno un cognome di città, ma Carbonia è stata fondata nel 1937, quindi la tua famiglia non può provenire da lì”.
“È un po’ più complicato”, rispose Bina, “Il mio nome di nascita è Pina Carboni. Quando ho fatto il ‘giyyur = conversione’ ho fatto modificare il mio prenome in “Bina = Intelligenza”, ed il mio cognome in Carbonia, perché vengo proprio da quella città”.
“Anche i tuoi genitori sono vampiri?”, chiese Angela, e Bina rispose: “Mio nonno materno era della Transcarpazia. Uno di quei rari vampiri che sopporta la luce del sole e può aprire un negozio di frutta e verdura pieno di aglio”.
“E come si procurava il sangue per vivere?”, chiese Angela, e Bina rispose serafica: “La nonna faceva a lui quello che hai fatto a me. Poi l’hanno sostituita le figlie, cioè le mie zie, non vampire, quando è andata in menopausa”.
Angela sorrise, e disse: “Insomma, hai bisogno di una che ti fornisca sangue fresco una volta al mese”.
“Pagando si può avere anche quello”, rispose Bina, “Certo, se si ama chi te lo dà è molto meglio”.
Angela nascose il suo turbamento prendendo dalla borsa l’invito ufficiale al convegno e porgendolo a Bina.
Il convegno sviscerò esegeticamente le Nozze di Cana, partendo dall’osservazione che i Vangeli sinottici inseriscono l’Istituzione dell’Eucarestia nell’Ultima Cena, ma nel Vangelo secondo Giovanni sono quelle Nozze a sostituirla; durante la pausa Angela disse a Bina: “Devo darti un’altra dose di quello che ti ha salvato la vita”, e la portò nel bagno disabili – l’unico abbastanza grande per due persone.
Bina non era però astenica: dopo che Angela le ebbe servito la coppetta, Bina sollevò la lunga tonaca di Angela fino alle anche (facendola ridere per l’eccitazione), la mise a sedere sul lavabo e cominciò a leccare scrupolosamente anche le gocce del suo sangue.
Angela trattenne a fatica i gemiti, ed al termine Bina chiese: “Quanto sangue mi serve ancora?”
“Il troppo qui non stroppia”, rispose Angela, “Puoi berne quanto ne vuoi fino alla fine del ciclo. Ma ora torniamo al convegno”.
In quel momento aveva cominciato a parlare un relatore che fece notare che il Talmud [bBerakhot 40a] candidava ad Alberi della Conoscenza del Bene e del Male tre piante: il fico, il grano e la vite (dagli ultimi due si ricavano il pane ed il vino) – il che gli permise di ricollegare le Nozze di Cana al secondo racconto della Creazione [Genesi 2-3], attraverso una tradizione cabalistica per cui Noè avrebbe dovuto rimediare al peccato di Adamo celebrando il Qiddush sul vino la vigilia del Sabato – purtroppo Noè invece, dopo aver fatto il vino si ubriacò, e secondo il relatore, Gesù alle Nozze di Cana volle rimediare all’errore che prima fu di Adamo (mangiare l’uva anziché bere il vino) e poi di Noè (ubriacarsi anziché benedire), facendo celebrare dal maestro di tavola un Qiddush prima che gli ospiti tracannassero il vino.
Gli altri relatori del convegno non sembravano convinti di questa proposta esegetica, che invece Bina trovò interessante, e sussurrò all’orecchio di Angela una sua personale osservazione.
Angela disse: “Prendi il microfono e parlane al convegno”.
Bina rispose: “Sono timida”.
“Ti do tutto il sangue che vuoi fino alla menopausa, se parli”, rispose Angela, “E te lo faccio bere senza coppetta!”
La proposta era irresistibile e, preso il microfono, Bina disse:
“Vorrei aggiungere un’osservazione. Vi è mai capitato un matrimonio in cui, come dice il maestro di tavola delle Nozze di Cana, prima si è servito il vino buono e poi quello meno buono? No, e nemmeno a me che sono ebrea. Ma c’è un’altra situazione ebraica in cui si fa qualcosa di simile: a Pasqua con il pane azzimo.
Infatti, durante il Seder Pesach, il pasto rituale di Pasqua, è obbligatorio mangiare la Matzah Shemurah, che viene fatta con grano sorvegliato dal momento del raccolto, ed i più rigorosi vogliono che sia fatta a mano. Se cercate di ordinarla online, scoprite che non vi costa meno di 50 Euro al chilo! Pasqua dura 7/8 giorni, ed una famiglia ebraica media non può mangiare questo tipo di pane azzimo per tutti quei giorni senza ridursi in miseria.
Si usa allora, dopo il Seder che inaugura la Pasqua, il pane azzimo comune, fatto a macchina, ed il cui grano viene sorvegliato solo a partire dalla macinazione – online lo potete ordinare a meno di 6 Euro al chilo.
Secondo me, il maestro di tavola parlava di vino, ma alludeva al pane azzimo, perché è l’unica cosa che fa comportare gli ebrei in questo modo. Se nelle Nozze di Cana è presente l’Eucarestia sotto la specie del vino, anche la specie del pane è presente, pur mimetizzata”.
I relatori furono più impressionati dall’osservazione di Bina, che sembrava voler restituire il microfono, ma Angela la fermò, glielo prese e le chiese: “E qual era allora il vino buono tenuto in serbo fino all’ultimo, creato da Gesù e di cui parla l’ignaro maestro di tavola? Che tipo di pane rappresenta?”
Bina rispose: “Rileggetevi Esodo 16: dopo che gli Israeliti ebbero terminato le azzime che avevano cotto in Egitto, Dio diede loro la manna, il pane del cielo, di qualità eccelsa. Gesù chiude l’era delle azzime (opera dell’uomo) ed inizia quella della manna (concessa per grazia di Dio)”.
I relatori ringraziarono Bina, ed Angela disse: “Brava. Ceniamo insieme stasera?”
“Sì”, rispose Bina, “Ma parti davvero domani?”
“E se tu venissi con me?”, chiese Angela.
“Non ho un lavoro, ma una pensione (essere vampiri procura multiple invalidità); siamo ora in bassa stagione, e nel mio B&B non ho ospiti per quattro mesi. Potrei accettare”.
Cena e dopocena furono magnifici, ed Angela scoprì quella sera che anche le vampire hanno un mestruo – molto leggero, non doloroso, di sapor dolce; purtroppo il sangue di vampira non può salvare un’altra vampira: ci vuol proprio quello umano!
La chiesa vetero-cattolica di Angela era una parrocchia del Nord Italia creata per speciale concessione dell’Unione di Utrecht, che si era ritirata dall’Italia nel 2011, lasciando aderire le parrocchie che aveva creato alla Comunione Anglicana; Angela ci voleva riprovare e sperava di riunire le altre chiese che si erano separate.
Bina fu bene accolta dai parrocchiani, ed Angela le affidò il compito di pulire la chiesa (prima delle pulizie Angela rimuoveva il Santissimo Sacramento per riportalo nel ciborio alla fine) e di aiutarla nello studio biblico – Bina dimostrava talento sia nel chiarire i passi dell’AT che nell’individuare riferimenti ebraici nell’NT, rendendosi così molto utile.
Un pomeriggio Angela dovette dire a Bina: “La mamma di questo bambino, che si chiama Giovanni, mi ha telefonato che non può riportarlo a casa dal catechismo perché le si è guastata la macchina. Puoi accompagnarlo tu?”
“Volentieri”, rispose Bina, “Ma non ho la patente”.
“La casa non è così lontana – ti mando l’indirizzo via WhatsApp”, ribatté Angela, “Puoi accompagnarlo a piedi”.
Bina e Giovanni passarono davanti ad una bella chiesa cattolica romana, ed il bambino, che amava le opere d’arte, si staccò dalla mano di Bina mentre lei leggeva un manifesto politico su un muro vicino, ed entrò nella chiesa.
Bina pensò: “Non posso lasciarlo solo”, inviò la sua posizione ad Angela via WhatsApp ed aggiunse: “Giovanni è dentro la chiesa. Io vado a tirarlo fuori, tu vieni a salvarmi!”
Contrariamente ai suoi timori, Bina non provò alcun malessere dentro la chiesa, raggiunse Giovanni, lo prese per mano e gli disse: “Non devi staccarti dal tuo adulto quando vai a passeggio con lui! Non sai quello che ti può capitare!”
Il bimbo rispose: “Questa è una bella chiesa, vero?” proprio mentre Angela stava entrando; ella vide che Giovanni stava bene, e pure Bina, salvo un gonfiore al pollice ed all’indice sinistro.
“Che ti è successo?”, chiese Angela, e Giovanni rispose: “Le dita si sono gonfiate quando Bina ha usato il selfie stick per fotografare l’interno di una chiesa qui vicino …”
Bina precisò: “Quella ortodossa”, ed il bimbo continuò: “… infilandolo in uno spiraglio della porta”.
“Hmm …”, disse Angela, “Sembra un’ustione da radiazioni. Ho qui la medicina per te”, e le porse una bottiglia da Gingerino con dentro del sangue trattato con un anticoagulante [Giovanni non sapeva cos’era], sangue che Bina ingerì guarendo immediatamente.
Le due donne ripresero la passeggiata per consegnare Giovanni alla mamma, ed a cena, quando furono sole, Angela chiese a Bina: “Quanto ne sai di teologia eucaristica?”
“Quasi niente. Ho imparato a mie spese che le specie eucaristiche che mi fanno male sono quelle consacrate da chiese che credono nella presenza reale di Gesù in esse. Ad una Santa Cena valdese ho potuto partecipare, da una luterana me ne sono dovuta andare”.
“Hmm … forse ti stai esprimendo male”, osservò Angela, “La principale differenza tra luterani e valdesi a proposito dell’eucarestia è che i luterani ritengono anche sostanziale la presenza di Gesù nelle specie eucaristiche – nella loro dottrina, la consacrazione crea un’‘unione sacramentale’, per cui nel pane c’è anche la sostanza del corpo di Cristo, nel vino anche la sostanza del sangue di Cristo; per i valdesi, ed i calvinisti in genere, la presenza di Gesù è reale, ma non sostanziale: il pane ed il vino sono i simboli che fanno ricevere al fedele in modo spirituale il corpo ed il sangue di Cristo, ma non mutano la loro sostanza”.
“Dici dunque che il busillis è la presenza sostanziale, più che reale?”, chiese Bina, ed Angela rispose: “Ad interpretare le tue parole e la tua esperienza, sì. Strano però che specie eucaristiche ortodosse ti facciano male e specie cattoliche no”.
Bina ribatté: “Non è che c’è una sottile differenza tra la teologia eucaristica ortodossa e quella cattolico-romana?”
Angela rispose: “L’unica cosa che mi viene in mente è che sia i cattolici romani che gli ortodossi dicono che al momento della consacrazione il pane ed il vino diventano in modo vero, reale e sostanziale corpo e sangue di Cristo; però, mentre gli ortodossi dicono che il modo in cui accade è misterioso, i cattolici romani hanno dato una spiegazione metafisica di come ciò avvenga …”
“… E l’aver sostituito il mistero con questo arzigogolo ha reso inefficaci in me le ostie cattoliche romane”, concluse Bina, ed Angela annuì concludendo: “Noi vetero-cattolici crediamo nella presenza reale, ma abbiamo rigettato la transustanziazione. Per questo le mie specie eucaristiche ti fanno male”.
“Però tu mi fai molto bene”, disse Bina baciando Angela, e dopo un po’ di baci e carezze, le due donne andarono a letto lasciando i piatti sul tavolo.
Il mattino dopo le due donne si accinsero a lavare i piatti, ed Angela chiese a Bina: “Vuoi stare ancora con me?”
Bina rispose: “Con te mi trovo benissimo. L’unica cosa che mi tieni nascosta sono le specie eucaristiche”.
Angela rise e disse: “La mia chiesa non è LGBT+Friendly come altre – non condanniamo le unioni tra persone dello stesso sesso, ma non abbiamo ancora deciso se farne un matrimonio sacramentale oppure benedirle soltanto. Io ho proposto di introdurre il rito dell’adelphopoiesis …”
“Quello di cui parlava John Boswell a proposito dei santi Sergio e Bacco?”, chiese Bina, ed Angela aggiunse: “Nonché Pavel Florenskij a proposito di sé stesso e del suo caro amico Sergej Troickij. Sì, proprio quello – celebra un’amicizia intima tra due persone trasformandole in fratelli o sorelle”.
Le due donne tacquero per un attimo, ed infine Angela chiese: “Vuoi che siamo noi due le prime persone della mia chiesa unite da questo rito? E dopo quello contraiamo un’unione civile?”
Bina accettò con un bacio, e si preparò a traslocare in casa di Angela.
Ella contattò il suo vescovo, che però rispose che la proposta dell’adelphopoiesis era da considerarsi superata, perché una consultazione informale tra i vescovi dell’Unione di Utrecht, i cui risultati sarebbero stati ufficializzati nel prossimo sinodo, aveva deciso che in questi casi si celebrasse un matrimonio vero e proprio, sacramentale.
Qualche giorno dopo la risposta, Angela Eletta portò un biglietto a Bina Carbonia e le chiese: “Perché vuoi che al nostro pranzo nuziale sia servito solo vino bianco e lo hai scritto qui?”
Bina si schiarì la gola e disse: “Al matrimonio devo invitare parenti vampiri di cui non mi fido molto. Non vorrei che versassero qualche goccia del proprio sangue nel vino di un non vampiro, facendone un vampiro. Se il vino è bianco, il viraggio in rosé si vede subito e l’inganno non riesce”.
Angela impallidì per la sorpresa e disse a Bina: “Ma … il tuo sangue me lo hai fatto bere … e non mi sento una vampira!”
“Tesoro”, rispose Bina, “Per diventare vampiri è necessaria anche una predisposizione genetica. Io ce l’ho così forte che sono nata vampira, prima di bere alcunché; io avevo già verificato che non ne hai alcuna prima di darti il mio mestruo da bere, quindi possiamo stare tranquille entrambe. Altre persone sono in una situazione intermedia, e per loro bere sangue di vampiro sarebbe fatale”.
“Come facevi a sapere che non sono predisposta?”, chiese Angela, e Bina rispose: “Guarda il pendente che ti ho regalato, quello uguale al mio”.
“Ho capito!”, rispose Angela, “Se il colore è bianco vuol dire che chi lo porta non ha predisposizione; se il colore è rosso come quello del tuo vuol dire che è un vampiro …”
“… E se è giallo, vuol dire che può diventarlo”, concluse Bina, aggiungendo: “Questi pendenti sono fatti di una speciale lega d’oro che cambia colore a seconda dello ‘status vampirico’ di chi li porta. Vorrei regalarli agli invitati al posto delle bomboniere. Pensavo di farli di vermeil [argento 925/1000 placcato con uno strato di lega d’oro spesso almeno 2,5 micron] anziché di sola lega d’oro per risparmiare un po’”.
“È una buona idea rivelare lo status vampirico di una persona?”, chiese Angela, e Bina rispose: “Tutti i miei parenti lo vorrebbero conoscere, ma l’alternativa alla mia lega d’oro sono dei complessi e costosi esami genetici. Certo, chi è già vampiro lo sa per forza, ma gli altri non sanno se sono immuni o potenziali vampiri”.
“Allora fai pure”, disse Angela, e Bina rispose: “Sapevo che avresti capito. Ah, visto che noi vampiri siamo eterogami obbligati …”
“Cioè?”, chiese Angela e Bina rispose: “… ovvero, un vampiro deve sposare una non vampira, meglio ancora se immune, per avere la sua fonte di sangue, è probabile che l’incontro tra vampiri e non vampiri al nostro matrimonio si evolva in una serie di fidanzamenti e matrimoni”.
“Capito”, disse Angela, “Mi vuoi far lavorare. Ma come hai imparato l’oreficeria?”
“Ho fatto l’apprendista orafa. Purtroppo il mio datore di lavoro era un porco. Non ti dico come mi sono vendicata di lui”, rispose Bina.
“Dimmelo”, disse Angela.
“Fervente greco-ortodosso, con predisposizione vampirica, abitualmente riceveva la comunione per intinzione [ovvero, intingendo l’ostia nel vino], ma una domenica al vino aggiunsi alcune gocce del mio sangue”, rispose Bina.
“Perciò … è diventato vampiro prima di digerire l’ostia consacrata? E che gli è successo poi?”, chiese Angela, e Bina rispose: “Morì in peccato mortale”.
Angela chiese: “Lo faresti ancora?”, e Bina rispose, mostrando le unghie lunghe e forti: “Secondo te, perché il mio piatto preferito è il pollo disossato?”
Angela rise e commentò: “Se disossi chi ti sta aggredendo, può anche essere legittima difesa. Però quello che hai fatto a quell’uomo è stato premeditato, e dovresti parlarne nella tua confessione generale”.
“Confessione generale?!?” chiese stupita Bina, ed Angela rispose: “Sei ebrea per scelta, quindi alla nascita i tuoi genitori ti hanno battezzata – ed ho rinvenuto l’atto di battesimo, nonché quello di cresima”.
“Mi sono sbattezzata!”, protestò Bina, ed Angela spiegò: “Certo, però alcune conseguenze del battesimo sono rimaste. Tra esse il fatto che prima del matrimonio devi sottoporti alla confessione generale [cioè anche dei peccati da cui sei stata già assolta], e che il rituale prevede per forza l’eucarestia”.
“Ti amo, ma non voglio morire sposandoti!”, disse Bina, ed Angela, dopo averla baciata, spiegò: “Credo di aver trovato la soluzione”.
“Spiegami”, disse Bina, ed Angela l’accontentò: “Si fa un matrimonio per procura. In questo modo tu non entri in chiesa, e l’eucarestia la assume solo colui o colei che hai designato. Chi vuoi designare?”
“Va bene Fiorenza?”, chiese Bina, ed Angela annuì.
“Resta il problema dei miei parenti vampiri. Come fanno ad assistere alla cerimonia?”, chiese Bina, ed Angela spiegò: “Avrai notato che la mia chiesa ha un’aula grande per le messe festive ed una piccola per quelle feriali. Se gli invitati vampiri non sono troppi, posso togliere il Santissimo dall’aula piccola, noleggiare un grande schermo per permettere a codesti invitati (ed a te) di assistere alla cerimonia nell’aula grande in diretta TV – e tu fai loro compagnia. Dopo la messa, si esce dalle due aule e ci si ritrova nel sagrato”.
“Ottima idea”, disse Bina, “E se non ti disturba porto Elena nell’aula piccola e fingo che tu l’abbia designata con una procura a sposarmi. Così abbiamo un secondo rito che rispecchia il primo, anche se solo con valore scenico”.
“Bellissimo!”, acconsentì Angela – e le due donne si divisero i compiti: mentre Angela redigeva la procura da firmare e scriveva una relazione per il suo vescovo (prima gli aveva spiegato solo che voleva sposare una donna - non che era una vampira e perché si doveva sposare per procura), Bina inviava uno speciale invito ad Elena e Fiorenza sulla chat comune di WhatsApp.
Angela e Bina non erano solo innamorate, ma anche poliamorose, e quando le specializzande in medicina Elena e Fiorenza, sorelle gemelle monozigoti, vennero da loro per indagare sulla fisiologia dei vampiri e sulla loro vita di coppia, scoppiò una scintilla che unì sessualmente e sentimentalmente le quattro donne.
Però Elena e Fiorenza, essendo sorelle, non avevano rapporti tra loro, pur non avendo remore ad amare le loro donne nella medesima stanza e nel medesimo istante; ed in poco tempo si stabilì una preferenza erotica per cui Elena preferiva Angela e Fiorenza Bina.
Quest’ultima si preoccupava alquanto: e se Fiorenza avesse avuto la predisposizione vampirica? Sarebbe bastato un bacio di lei mentre Bina aveva le gengive sanguinanti per rovinarla. Per questo Bina si era data da fare per sviluppare la lega d’oro capace di rivelare lo status vampirico di una persona.
Perciò Elena e Fiorenza furono invitate non solo alla firma delle procure (quella seria per Fiorenza e quella teatrale per Elena), ma anche a ricevere i pendenti in lega d’oro (per loro a 18 carati, non in vermeil) per verificare il loro status vampirico – per fortuna, se Elena, la partner di Angela, aveva una predisposizione vampirica (il pendente diventava giallo al contatto con la sua pelle), Fiorenza non ce l’aveva (il pendente rimaneva bianco), e perciò poteva fare ogni cosa con Bina senza pericolo.
Il vescovo diede il suo placet alle proposte di Angela, e si offrì pure di ascoltare la confessione generale delle due spose e celebrare il loro matrimonio; quando seppe dei rapporti tra Angela, Bina, Elena e Fiorenza fu tentato di mandare tutto a monte, ma pensò che forse il matrimonio avrebbe donato alle due spose il dono del discernimento, e riportato Elena e Fiorenza allo status di amiche.
Il giorno del matrimonio erano giunti tutti gli invitati, ed un sacrista fu piazzato sul sagrato ed incaricato di inviare chi aveva al collo il pendaglio rosso all’aula piccola, e chi l’aveva bianco o giallo a quella grande della chiesa; poi giunsero le due spose, accompagnate ognuna dalla procuratrice dall’altra.
Il sacrista disse a Bina ed alla sua accompagnatrice di entrare nell’aula piccola, e ad Angela ed alla sua donna di entrare in quella grande – notando però fra sé: “Strano: tutti gli uomini avevano il pendaglio al polso, e tutte le donne una vertiginosa scollatura perché potessi vedere il pendaglio appeso al collo; però le signorine Elena e Fiorenza non erano scollate ed il pendaglio non si vedeva”.
Un’altra stranezza fu che nell’aula piccola c’erano degli altoparlanti, ma l’accompagnatrice di Bina non sentiva nulla, e Bina le spiegò: “Non ti ricordi che noi vampiri siamo capaci di emettere ed udire frequenze audio fino a 250 kHz, più alte di quelle dei pipistrelli?”
“Giusto, è vero”, rispose l’accompagnatrice, e Bina proseguì: “Quando siamo soli preferiamo conversare a frequenze tra i 40 ed i 60 kHz, inaudibili dagli umani, e perciò ho inserito un traspositore nell’impianto di amplificazione per portare le voci umane ad altezze vampiriche. Non ti preoccupare, ora ti do un auricolare senza fili con cui ascolti l’audio originale, e così segui la cerimonia”.
Il rito si svolse come da copione: introito, memoria del battesimo, liturgia della parola, raccolta del consenso, benedizioni nuziali seguite dal bacio – ed allora sia Angela che Bina si resero conto di aver baciato la loro partner secondaria [Elena per Angela, Fiorenza per Bina] e non il loro metamore!
Le due nubende sfilarono da sotto i vestiti delle loro partner i pendagli, ed ebbero la conferma dello scambio! Le due donne si erano messe d’accordo per scambiarsi i ruoli nella cerimonia nuziale, come avevano fatto Lia e Rachele al momento di sposare Giacobbe! [La Bibbia – Genesi 29:23-25 - dice solo che lo scambio fu opera del loro padre Labano; il Midrash aggiunge che Rachele e Lia acconsentirono e cooperarono nell’ingannare Giacobbe per evitare che Rachele umiliasse Lia sposandosi prima di lei].
Dopo l’eucarestia, al momento di firmare l’atto di matrimonio, Angela spiegò la situazione al vescovo, che disse: “La procura era a favore di Fiorenza, ma è stata Elena a pronunciare il consenso. Esso non è valido – il matrimonio non è stato celebrato. Ma la procura è tuttora valida, non ha scadenza bensì solo revoca od invalidazione [cfr. Canone 1105 Codice di Diritto Canonico], e quando vi deciderete a fare le cose per bene sarò pronto a sposarvi davvero!”
Angela e Bina decisero di non dire nulla agli invitati, e lasciar loro credere che tutto fosse andato come previsto – ma quando gli invitati furono partiti, dovettero confrontarsi con Elena e Fiorenza.
Il viaggio di nozze in Israele era previsto per il giovedì successivo alle nozze – per congedare gli ospiti, sistemare casa e chiesa, e riposarsi un attimo prima di partire; ma il mercoledì pomeriggio suonarono a casa di Angela e Bina Elena e Fiorenza, la prima con dei cioccolatini, la seconda con delle rose in mano.
Quando aprirono loro, Bina disse: “Se foste venute lunedì mattina, ci sareste state di grande aiuto a riordinare”, mentre Angela osservò: “Forse avreste potuto anche chiarire il perché lo avete fatto”.
Fiorenza disse: “Mettiamo le rose in un vaso, e poi ci spieghiamo”; furono anche messi i cioccolatini in frigo, e tutte e quattro le donne si sedettero sul sofà a quattro posti.
Cominciò a parlare Elena: “Lo abbiamo fatto perché volevamo cambiare il rapporto con voi”, e Fiorenza aggiunse: “E tra di noi”.
Bina chiese: “Perché ‘tra di voi’?”, ed Elena spiegò: “Siamo gemelle identiche, ed anche nella personalità ci somigliamo tanto che ci capiamo spesso senza parlare. Molte persone ci trattano come se fossimo una sola persona in due corpi …”
Fiorenza aggiunse: “Anche voi ci trattate come se fossimo un solo unicorno diviso in due corpi”.
“Touché”, disse Bina, ed Angela osservò: “In questo modo insieme si gode di più”.
“Certo”, riprese Elena, “Ma sentiamo il bisogno di ‘individuarci’, di sentirci persone separate. Abbiamo fatto entrambe le medesime scuole fino alla laurea in medicina, poi abbiamo deciso io di fare ostetricia e ginecologia, lei psichiatria”.
“Potreste aprire uno studio di sessuologia insieme”, osservò Bina, e Fiorenza replicò: “Certo, ma noi vogliamo essere complementari, non identiche”.
Elena disse: “Il nostro progetto era sposare io Angela e Fiorenza Bina. Vi avremmo lasciate libere di frequentarvi e scoparvi a volontà, ovviamente”.
Angela e Bina si guardarono e dissero: “Non avrebbe funzionato. Il rapporto primario lo vogliamo tra noi due, anche se voi due siete importanti per noi”.
“Però il matrimonio avrebbe consacrato la nostra indipendenza reciproca, in quanto ognuna avrebbe avuto la sua distinta sposa”, osservò Fiorenza.
Bina disse: “Mi pare che vogliate commettere l’errore di molte persone che si sposano solo per affermare la propria maturità e rendersi indipendenti dalla famiglia d’origine. Ma un matrimonio che nasce così a lungo non dura. Non contraetelo”.
“Ed avreste fatto meglio a parlarcene prima di fare lo scambio di persone”, osservò Angela, “Mi avete messo in condizione di scrivere dozzine di sermoni sullo scherzo che in Genesi 29 Labano organizzò ai danni di Giacobbe …”
“… con la complicità attiva delle figlie Lia e Rachele, secondo il Midrash”, volle precisare Bina, ed Angela riprese: “Però non è bello che, per salvare le apparenze, mi abbiate costretto a mentire sul mio stato di vita. Vorrei mentire solo quando devo salvare degli schiavi dai loro padroni, o degli ebrei dai nazisti. Bisogna rimediare al più presto”.
Elena e Fiorenza mostrarono del rammarico, se non del vero e proprio rimorso, ed Angela e Bina provarono a stringere loro le mani; dalla stretta di mano si passò al bacio, alle carezze, allo spogliarello, al trasformare il sofà in un letto a quattro piazze, ed a farci l’amore.
All’ora di cena Fiorenza chiese: “Partite lo stesso per il viaggio di nozze?”
“Pensavamo di sì”, rispose Bina, “La penale per la disdetta è altissima, e quindi tanto valeva partire comunque”.
“Dove pernottate?”, chiese Elena, ed Angela rispose: “Faremo un pellegrinaggio in Terrasanta, nei luoghi santi ebraici e cristiani. La base sarà un appartamento a Gerusalemme …”
“… Con due camere da letto, una doppia ed una matrimoniale – non siamo riusciti a trovarne uno più piccolo”, chiosò Bina.
Gli occhi di Elena e Fiorenza si illuminarono, ed Angela e Bina si misero a ridere; Angela disse: “Dopo il guaio che ci hanno combinato vogliono venire in viaggio di nozze con noi!”
Bina disse: “Senti, io incoraggio chiunque a visitare Israele. Non vede solo cose belle (i palestinesi sono oppressi in modo orribile), ma si fa un’idea più precisa di com’è fatto il paese. Io direi di portarcele con noi – anche per provare la convivenza con noi, e per capire qual è la soluzione migliore per tutte e quattro”.
“Pagano il loro biglietto? Dividono a metà l’affitto dell’appartamento?”, chiese Angela, ed Elena e Fiorenza acconsentirono.
Il giorno dopo tutte e quattro partirono per Tel Aviv, ed una volta lì stupirono la doganiera dichiarando che erano una “polecola” integralmente femminile che festeggiava il viaggio di nozze di due di loro. La doganiera fece più domande del solito (il copricapo lasciava indovinare che era molto religiosa), ma le fece passare, e le quattro donne presero il treno per Gerusalemme, e poi si fecero portare in taxi al loro appartamento, sul lato sud di Via Gerico – sul lato nord c’è il Monte degli Ulivi, che non ha solo diverse chiese che ricordano i vari momenti dell’agonia di Gesù, ma è anche il più grande cimitero ebraico del mondo - poiché una leggenda ebraica dice che da lì inizierà la resurrezione dei morti [le persone sepolte altrove dovranno scavare da sole un tunnel che le porti fin laggiù, e solo allora risusciteranno], chi se lo può permettere si fa seppellire lì.
Arrivate all’appartamento, le donne si fecero la doccia e vinsero la stanchezza per abbandonarsi ad un’orgia che segnò la riconciliazione e la promessa che, una volta tornate in Italia, il matrimonio si sarebbe svolto senza intoppi.
Purtroppo, al momento di farsi la seconda doccia prima di cenare, il potente asciugacapelli di Fiorenza, acceso insieme con la lavatrice ed il forno a microonde, fuse i fusibili dell’interruttore generale.
Bina chiamò l’affittacamere, che rispose che si scusava dell’inconveniente, ma che avrebbe avuto bisogno di un’ora per procurarsi i fusibili e sostituirli – il giorno dopo avrebbe mandato un elettricista a sostituire l’interruttore generale con uno magnetotermico [senza fusibili].
In quell’ora le ragazze si rivestirono e guardarono fuori dalla finestra in direzione del Monte degli Ulivi – e videro degli strani bagliori blu-verdastri tra le tombe.
Elena osservò: “Ho letto che l’uso ebraico prevede che i corpi siano sepolti non dentro una bara, ma in un sudario – perciò i gas di putrefazione possono giungere in superficie e brillare per un fenomeno di chemioluminescenza, comunemente detto ‘fuoco fatuo’”.
La spiegazione tranquillizzò Angela e Fiorenza, ma non Bina, che osservò: “In quella parte del cimitero le sepolture risalgono a non oltre l’anno ebraico 5400, ovvero 1640 dell’era volgare. In quasi 400 anni i gas di putrefazione dovrebbero essersi esauriti, giusto?”
“Che cosa pensi?”, chiese Angela, e Bina disse: “Temo che stia avvenendo qualcosa di satanico sotto la superficie. Domani proviamo a dare un’occhiata – alla luce del sole rischiamo meno”.
Il mattino dopo le donne visitarono sia i monumenti ebraici che le chiese del Monte degli Ulivi (con la parziale eccezione di Bina, che non poteva entrare in una chiesa ortodossa senza che l’eucarestia ivi conservata le nuocesse), e passeggiarono anche tra le tombe del cimitero.
Bina teneva in mano un tablet con un’applicazione che simulava una tavola Ouija per comunicare con gli spiriti – e ad un certo punto lesse sulla tavola: “Sono un vampiro sepolto qui sotto. Puoi parlarmi con gli ultrasuoni”.
Bina spense il tablet, si sedette laggiù insieme con Angela, Elena e Fiorenza, e cominciò a parlare al vampiro: “Chi sei?”
Questi rispose: “Tuo cugino Rodolfo”.
Bina: “Ma … come mai sei qui? Sei stato sepolto in Sardegna dopo essere stato travolto dal tuo trattore”.
Rodolfo: “Ucciso, vorrai dire. Un rivale in amore mi tirò una sassata mentre guidavo il trattore, caddi a terra, l’acceleratore a mano era inserito, le ruote posteriori mi schiacciarono, e l’aratro multivomere mi fece letteralmente a fette”.
Bina: “Chi è stato?”
Rodolfo: “Sono già stato vendicato, non serve che te lo dica. Sono qui perché ai vampiri uccisi è stato concesso di recarsi qui non appena sepolti scavando un tunnel sotterraneo (il mio corpo si è ricomposto per questo) in modo da essere tra i primi a risorgere”.
“Quindi … tutti i vampiri morti ora sono qui”, osservò Bina, e Rodolfo annuì.
“Perché state creando dei fenomeni di chemioluminescenza?”, chiese Bina, “Non state semplicemente aspettando la fine del mondo – questi significano che voi state tramando qualcosa”.
“I fuochi fatui, cioè i fenomeni di chemioluminescenza che tu e le tue amiche avete notato, sono semplicemente il prodotto della putrefazione dei nostri corpi vampirici, che comincia con il nostro arrivo qui”, rispose Rodolfo, “Però stiamo davvero mettendoci d’accordo con Satana per risorgere anticipatamente. Ci vuoi aiutare?”
“Assolutamente no”, rispose Bina, “Come dicono in Ucraina, il formaggio gratis si trova solo nella trappola per topi, e Satana non aiuta nessuno a fare qualcosa di buono. Quindi state certamente facendo una cosa malvagia che è mio dovere impedire”.
Improvvisamente Bina sentì che le stavano torcendo il collo, ma prima di svenire sentì Angela gridare: “Allontana, Signore, con il Soffio della tua bocca, gli spiriti maligni: comanda loro di andarsene, perché il tuo regno è in mezzo a noi!”, e sentì immediato sollievo; chiese ad Angela se aveva del sangue in bottiglia, e dopo averlo bevuto disse: “Mio cugino Rodolfo, che è un vampiro sepolto qui sotto, ha cercato di farmi torcere il collo e decapitare perché non volevo acconsentire ai suoi diabolici disegni”.
“Meglio uscire di qui”, osservò Angela, ed una volta fuori dal cimitero, Bina riferì quello che lei e Rodolfo si erano detti. Fiorenza chiese: “Ma che se ne fa Satana di un gruppo di vampiri risorti?”
“Non è un semplice gruppo”, rispose Bina, “Se si stima che nel Monte degli Ulivi siano sepolte circa 70 mila salme umane, ho sentito accanto a Rodolfo milioni di vampiri che aspettano il momento giusto per risorgere”.
“E che succederà dopo la risurrezione?”, chiese Elena, e fu Angela a rispondere: “Un bel genocidio. Satana ha in odio la religione cristiana, ma la radice del cristianesimo è ebraica, ed è più facile sterminare 15 milioni di ebrei di 2 miliardi e 270 milioni di cristiani”.
“Hitler non odiava solo gli ebrei come razza”, osservò Bina, “ma anche il cristianesimo come sistema di valori”.
“E siamo in grado di impedire questo abominio?”, chiese Fiorenza, ed Angela rispose: “Satana ha scelto molto bene il suo campo di battaglia: non ci permetteranno mai di organizzare una processione di sacerdoti esorcisti, con sacramentali cristiani, in questo cimitero ebraico - e se spargessimo dall’aria sulla superficie del cimitero briciole di ostia o gocce di vino consacrato sarebbe anche peggio; e di tutte le formule di esorcismo che conosco, ho dovuto usare per salvare Bina quella che non aveva bisogno della croce o dell’acqua benedetta, perché altrimenti avrei nuociuto anche a lei. Non so se basterà per sconfiggere tutti i vampiri in procinto di risorgere”.
In quel momento i minareti delle moschee intorno al cimitero proclamarono l’adhan della salat az-zuhr [invitando i fedeli musulmani a recitare la preghiera del mezzogiorno], a volume abbastanza alto, e Fiorenza chiese: “Esiste una formula che, proclamata per molto tempo, può neutralizzare questi vampiri?”
Bina rispose: “I salmi possono andar bene. Si consigliano a scopo esorcistico i salmi 10, 20, 90, 91, e specialmente il 127 [numerazione ebraica]. Cosa vuoi fare?”
“Pensavo”, rispose Fiorenza, “di manomettere l’impianto di amplificazione di una delle moschee vicine per fargli recitare questi salmi”.
Angela disse: “Non appena ci scoprono ci arrestano, ed in ogni caso, non è bello entrare nella proprietà altrui, e danneggiare una moschea”.
“Se inseriamo il traspositore di Bina nell’impianto di amplificazione, i salmi verranno recitati a frequenza ultrasonica, li sentiranno solo i vampiri, e solo al momento di recitare l’adhan [la chiamata alla preghiera islamica], i responsabili della moschea si accorgeranno di quello che abbiamo fatto”, rispose Fiorenza, sbalordendo Elena, ed Angela, che ribatté: “Fare una bella cosa con mezzi disonesti la squalifica. Non possiamo fare come dici”.
Bina disse: “C’è il modo di fare onestamente come dice Fiorenza: noleggiamo un furgone dotato di altoparlanti, e giriamo intorno al Monte degli Ulivi come Giosuè intorno alle mura di Gerico [Giosuè 6], proclamando quei salmi per il tempo necessario! Se solo i vampiri possono udire quei salmi, non c’è bisogno di permesso – bisogna solo sperare che la polizia non si insospettisca a vedere il furgone continuare a girare intorno al Monte degli Ulivi”.
L’idea fu approvata, e si decise di ripetere quello che fece Giosuè intorno a Gerico: fu noleggiato un minibus, che fu equipaggiato con sette trombe esponenziali, tarate per dare il meglio di sé nella gamma tra i 40 ed i 60 kHz, e vi salirono 10 cantori ebrei riformati perché recitassero quei salmi nel testo masoretico.
Il giro del Monte degli Ulivi iniziò domenica, e fino a venerdì si fece un giro solo ogni giorno, dopo il quale la luce dei fuochi fatui si intensificava tanto da sembrare un’aurora boreale; ma sia Angela che Bina erano d’accordo che questo era un segno di debolezza, e non di forza – voleva dire che tutti i corpi vampirici si stavano consumando perché i vampiri stavano vieppiù disperando della risurrezione anticipata promessa loro.
Sabato bisognava fare sette giri intorno al Monte degli Ulivi, e la polizia fermò il minibus all’inizio del secondo – purtroppo l’autista si era dimenticato la patente a casa, e fu portato al comando insieme con il minibus. Bina non sapeva che fare, ma Angela telefonò ad un monastero di monache greco-ortodosse, che vennero al comando di polizia, smontarono le trombe e l’impianto di amplificazione, li installarono sul loro minibus, e si misero a fare il giro del Monte degli Ulivi recitando i salmi secondo il testo della Settanta.
La polizia di Gerusalemme quel giorno era particolarmente “indiavolata”, ed all’inizio del terzo giro le monache dovettero dare il cambio ad un gruppo di francescani che recitarono i salmi secondo il testo della Vulgata Pio-Clementina; al quarto giro toccò alle monache carmelitane scalze, che usarono la versione Neo-Volgata; al quinto giro toccò ad un gruppo di luterani in pellegrinaggio che recitarono i salmi secondo la versione di Lutero, ed al sesto a dei cristiani riformati che decisero di recitare i salmi nella traduzione tedesca di Martin Buber e Franz Rosenzweig.
Al settimo giro toccò a delle cantore ebree riformate che alle trombe aggiunsero le bandiere arcobaleno, si armarono della Biblia Hebraica Stuttgardensia, e recitarono i salmi prescritti, nonché alcune preghiere aggiuntive come “Adon ‘Olam = Signore del Mondo”, “Yigdal = Sia magnificato”, “Avinu Malkeinu = Nostro Padre, Nostro Re”, “Ana Be-Koach = Deh, con forza”, nonché il “Qaddish = Sia santificato” per lodare Dio.
Si sentì una breve scossa di terremoto, e si vide un bagliore bluastro sopra il Monte degli Ulivi – ma non ci furono né vittime né danni, solo un po’ di spavento, ed Angela, Bina, Elena e Fiorenza ritennero la loro missione compiuta.
Si concessero una settimana di vacanza in più in Israele, ed al ritorno chiamarono il vescovo vetero-cattolico per celebrare finalmente il matrimonio tra Angela e Bina.
Il vescovo lo fece volentieri, ma si sentì anche in dovere di dire ad Angela che la loro chiesa era sì progressista, ma chiederle di tenere per parroco una donna impegnata in una “polecola” era troppo, e pertanto lei sarebbe stata sostituita.
Angela non si perse d’animo: era un medico, Elena e Fiorenza avevano ormai redatto le loro tesi e si sarebbero specializzate a breve, il B&B di Bina era in una grande casa a Roma che poteva ospitare sia l’abitazione di tutte e quattro, che gli studi medici di Angela, Elena e Fiorenza.
Bina si propose come segretaria e gestrice del sistema informativo degli studi medici associati, e tutte le donne prepararono il trasloco a Roma.
*** FINE ***