mercoledì 29 novembre 2017

Juno.00009.001 - Yggdrasill - 001

[Inizio]

Le placente fotosintetiche erano una grande invenzione, ma nella versione umana si rivelarono assai fragili - per fortuna Yemoja e Xiuhe conservavano le cellule staminali di ognuna di esse nei refrigeratori della Banca dello Sperma Aspermer, e così fu loro possibile ripiantarle più volte finché, dopo cinque anni di tentativi, fu trovato il modo di farle maturare ed irrobustire fino a resistere e prosperare anche con il vento di maestrale che spesso flagella Bosa e la Planargia.

I debiti della famiglia Dejana erano stati tutti pagati, e Juno ed Hera erano riuscite a mettere a punto delle ricette con la linfa delle placente fotosintetiche, che veniva trattata in modo simile al latte di soia.

Originariamente, una placenta fotosintetica doveva nutrire solo il titolare ed i suoi parenti stretti, che dovevano succhiarne la linfa da dei "capezzoli" che la placenta produceva spontaneamente; ma Yemoja e Xiuhe ritennero indispensabile modificare la selettività delle placente.

Dopo mesi di tentativi, riuscirono a fare in modo che la placenta nutrisse ogni essere umano che si accostasse ad essa, disinfettando inoltre i capezzoli con potenti antisettici - per cui era ora possibile piantare codeste placente nei terreni abbandonati e lungo le coste, per nutrire le persone senza lavoro e senza casa, autoctone ed immigrate.

Non era lo scopo per cui erano nate queste placente, ma non si poteva aspettare che tutti avessero dei figli la cui placenta (conservata al momento del parto, oppure ricreata con le cellule staminali) fosse resa fotosintetica per far sparire la fame nel mondo - chi non aveva altro modo per sfamarsi andava comunque aiutato.

In compenso, Yemoja e Xiuhe riuscirono a stabilire un rapporto particolarmente intimo tra le placente ed i loro titolari: la placenta produceva dei tralci che cercavano spontaneamente l'ombelico del titolare, vi si connettevano, e riattivavano i vasi ombelicali, per inserire le sostanze nutritive direttamente nel suo circolo sanguigno.

Era un modo semplice e gradevole di nutrire il titolare, ma ci volevano dieci ore per saziarlo così; Rachele imparò presto a fare i compiti con il tralcio collegato al suo ombelico, ed a giocare con le amiche - anche se l'insorgere della pubertà la convinse a condividere la linfa della sua placenta anche con i ragazzi da cui si lasciava corteggiare.

La placenta resisteva al freddo (ma raramente a Bosa la temperatura scende sotto zero), ma Rachele rischiava ogni volta di ammalarsi, ed allora Rebecca si mise a progettare una nuova Casa Dejana: un intero isolato, a forma di chiostro di convento, con appartamenti e negozi da affittare per pagare i debiti per la costruzione, ed il cortile interno che era riservato alle placente fotosintetiche dei residenti - sotto il cortile c'era il parcheggio sotterraneo.

L'idea piacque, le banche la finanziarono, ma Yemoja chiese un paio di modifiche al progetto originale: far passare sotto le strade intorno all'isolato dei tubi simili a quelli di scolo, ma pieni di terra, per collegare la terra del cortile interno con quella dei campi vicini; e mettere delle fioriere al limite tra il porticato (di proprietà privata) ed il marciapiede (di proprietà pubblica) in cui far crescere altre placente fotosintetiche - a beneficio dei gatti e dei poveri.

Quest'ultimo dettaglio fu contestatissimo nel consiglio comunale, che temeva un'invasione di sfaccendati senza tetto, ma Yemoja argomentò che diverse altre città in Italia e nel mondo avevano deciso di piantare nei parchi pubblici alberi da frutto e non solo piante ornamentali, e questo aveva aiutato i poveri che c'erano già in città, senza attirarne altri.

Il progetto fu alla fine approvato - il vantaggio principale del nuovo palazzo era che con la sua forma riusciva a proteggere le placente dai venti e dalle temperature estreme, e Rebecca progettò pure delle tende che permettevano di nutrirsi per via transombelicale riparati dalla pioggia e dal vento, pur sedendo vicini alla propria placenta.

Queste tende non servirono solo per fare i compiti - la tenda permise a Rachele di esplorare l'intimità fisica con i ragazzi, senza essere vista, ma vicino a casa, e con la possibilità di chiedere aiuto se qualcosa non funzionava.

Poco ci mancò che Juno, Rebecca e Dina non decidessero di affittare il loro appartamento, per vivere tutto l'anno in tenda. Yemoja era riuscita anche a trovare il modo di cambiare il titolare di ogni placenta creata con cellule staminali (quella conservata dopo il parto non poteva essere "ceduta"), per cui anche Juno e Rebecca, Debora e Giovanna, riuscirono ad avere la loro placenta capace di nutrirle per via transombelicale.

Il naturismo si era tanto diffuso a Bosa, grazie agli sforzi ultradecennali di Juno, che fu possibile riempire il palazzo di inquilini, negozianti e professionisti anche se nel contratto di affitto era pretesa la "clothing optionality", ovvero era vietato protestare perché c'erano persone nude nelle parti aperte al pubblico del palazzo - andavano considerate un fatto della vita come il sole e la luna.

Ulteriore modifica genetica diede la possibilità alle placente di scaldare d'inverno e rinfrescare d'estate - per cui ora era davvero possibile concepire una vita da trascorrere in una tenda stesa tra le placente fotosintetiche dei membri della famiglia.

Rebecca tenne anche un congresso scientifico su questa possibilità, mostrando che, se da una parte diventava piuttosto complicato costruire palazzi a più piani (sarebbe stato necessario costruire dei giardini pensili, con una luce di almeno 16 metri tra un piano e l'altro, perché questa era l'altezza massima delle placente arborizzate), dall'altra diminuiva il consumo di suolo, perché i 16 metri quadrati a testa erano tutto quello di cui aveva bisogno una persona per vivere, senza bisogno di ulteriore terreno per l'agricoltura e l'allevamento - restava la necessità di costruire strade, linee di telecomunicazione e stabilimenti industriali, ma la vita diventava comunque assai più facile.

Il congresso non fu molto convincente - troppi interessi ruotavano intorno all'agricoltura ed all'industria alimentare - anche se il video di Rebecca che mostrava la sua presentazione sul maxischermo, mentre lei ed i partecipanti erano nudi e con un cordone ombelicale collegato a delle placente arborizzate (che rendevano superflua la pausa pranzo) divenne rapidamente virale.

Un'altra modifica genetica rese le placente arborizzate capaci di produrre energia elettrica (230 V 50 Hz), e per fortuna non fu necessario aumentare le dimensioni delle placente per produrre tutta questa energia.

L'ingegnera Rebecca si rese presto conto di un fenomeno che era stato scoperto dai botanici negli alberi convenzionali: le radici delle placente, intrecciandosi, consentivano lo scambio non solo di nutrimenti, ma anche di informazioni.

Quando Juno, Rebecca e Dina erano collegate alle loro placente attraverso il cordone ombelicale, ognuna era più consapevole dello stato emotivo dell'altra, e pian piano questa conoscenza empatica evolvé in telepatia.

Ulteriore modifica genetica rese le placente arborizzate capaci di ricetrasmettere nella gamma radio dei 700 MHz, consentendo loro di fungere da ripetitori della prossima generazione di cellulari (5G), nonché di comunicare tra di loro anche se le radici non erano a diretto contatto, e di interfacciarsi con gli umani attraverso i cellulari e le chiavette 5G per computer.

Era ormai possibile creare una nuova civiltà umana basata sulle placente arborizzate - specialmente dopo che Xiuhe riuscì a modificare il genoma dei bachi da seta in modo da consentir loro di nutrirsi della linfa di codeste placente (con il consenso del titolare), e Rebecca trovò il modo di dipanare il bozzolo senza interrompere la metamorfosi od uccidere la farfalla.

I tessili di questa seta facevano anche vestiti, i naturisti come le persone di Casa Dejana si limitavano a farne la tenda in cui vivere e biancheria per la casa (anche se la seta non è adatta per queste cose - ma Yemoja stava cercando di far produrre alle placente arborizzate anche la bambagia del cotone).

lunedì 27 novembre 2017

Juno.00008.007 - Hera - 007


Qualche giorno dopo, Yemoja si precipitò raggiante nella casa di Juno e Rebecca strillando: "Ce l'abbiamo fatta! La placenta fotosintetica non è più riservata ai neonati!"

"Che vuoi dire?", chiese Rebecca, e Yemoja rispose: "Io e mia moglie Xiuhe ci siamo chieste: 'E chi è nato senza che fosse possibile conservargli la placenta per renderla fotosintetica? Occorre trovare la possibilità di ricrearla a partire dalle cellule staminali!'"

"E ci siete riuscite?", chiese Juno, e Yemoja piegò le ginocchia battendo il pugno destro sul palmo sinistro per l'esultanza.

"C'è però un limite", aggiunse poi, "per il momento, ci riusciamo solo con gli impuberi. Non appena un bambino od una bambina iniziano la pubertà, questo non è più possibile. Speriamo di riuscirci in futuro anche con gli adulti".

Rebecca e Juno si guardarono pensando alla stessa cosa: Rachele, la figlia di Debora, stava per compiere dieci anni - e non è più raro avere bambine già puberi a quell'età.

"Yemoja", chiese Juno, "pensi di poter rigenerare la placenta di Rachele e renderla fotosintetica? In fretta, prima che diventi da bambina signorina?"

"Hmm ... ho visto ieri Debora e Giovanna accompagnare Rebecca in un negozio di lingérie", rispose Yemoja; Juno si mise le mani nei capelli, Rebecca la tranquillizzò dicendo: "Calma! La pubertà è un processo lungo. Prima di solito crescono i seni, poi i peli 'superflui', ed il mestruo arriva per ultimo - dopo due anni circa. Yemoja, quand'è che 'tardi' diventa 'troppo tardi'?"

"Dovrei visitare la bimba. Però, non mi spaventerei troppo. Ci sono le bambine impaurite dal loro seno che cresce, e bambine che non vedono l'ora di averlo. Mi sa che Rebecca cade nella seconda categoria, e se non perdiamo tempo, possiamo ancora dotarla di una placenta fotosintetica".

Tutte e tre [Juno, Rebecca, Yemoja] bussarono alla porta di Debora, e spiegarono a lei ed a Giovanna cosa intendevano fare. Debora scoppiò a ridere quando seppe come si era disperata Juno, e disse: "La visita era solo didattica - una donna deve saper scegliere la sua biancheria. Certo però che una visita a Rachele non le farebbe male. Come pensi di estrarre le sue cellule staminali?"

"Con un un prelievo di sangue", rispose Yemoja, "Per fortuna non ce ne vogliono molte".

"Pensate di farlo anche con le mie nipoti Lia e Dina?", chiese Debora, "Siete state gentili a pensare a mia figlia per prima, ma non c'è solo lei in famiglia".

"Certamente", rispose Juno, e Debora chiamò la figlia per dirle: "Tesoro, la zia Yemoja vorrebbe visitarti per vedere quanto ti manca per diventare una bella donnina. Quando può farlo?"

"Anche subito, se poi mi aiutate con il tema di italiano", rispose Rachele.

La visita mostrò una ragazzina in perfetta salute, ma con il seno già allo stadio Tanner 2 - con i capezzoli che cominciavano a sporgere; la visita al negozio di lingérie non era solo didattica - presto Rachele avrebbe avuto bisogno di un reggiseno.

Yemoja eseguì comunque il prelievo di sangue, sperando che le cellule staminali fossero meno mature del resto del corpo, e fosse ancora possibile crearne una placenta.

La scommessa fu vinta, e qualche mese dopo, mentre la mamma comprava finalmente il primo reggiseno a sua figlia, la placenta era pronta per essere resa fotosintetica.

Il successo dell'esperimento convinse a ripeterlo anche con Lia (che viveva a La Maddalena con la madre Giaele e sua moglie Dalia) e Dina, la figlia di Rebecca.

Fu possibile produrre più placente con il medesimo insieme di cellule staminali, il che significava che tali placente potevano nutrire non solo le bambine che ne erano titolari, ma anche i loro genitori e parenti stretti. Come disse Hera: "Ora le nostre figlie sono davvero il sostegno della nostra vecchiaia, a dispetto dei tagli alle pensioni".

[Fine]

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Debora osservò: "Yemoja, ho letto che nel candomblé (derivato brasiliano dell'Ilé Ifá, la tua religione), si seppelliscono placenta e cordone ombelicale di un bimbo sotto un albero di palma, per riconnetterlo agli antenati, ma che l'albero deve rimanere sconosciuto perché un mago non possa stregare il bambino".

Yemoja rispose: "È vero, ma chi ci crede può prendere delle contromisure magiche. Le placente trasformate sono molto selettive - nutrono solo il titolare ed i parenti più stretti. Quindi, occorre per forza sapere dov'è il proprio albero e qual è, se si vuole trarne nutrimento".

"Come viene eseguita la trasformazione?", chiese Hera, e Xiuhe rispose: "Il cordone ombelicale va tagliato prima che smetta di pulsare, e collegato ad una macchina che nutra la placenta attraverso le arterie e la vena ombelicali; compiuto il secondamento, ovvero, uscita anche la placenta dall'utero, si iniziano ad introdurre dei virus nella placenta che ne alterino il patrimonio genetico. Dopo due settimane, la placenta è in grado di vivere di fotosintesi ed essere piantata".

"Hmm ... consigliano di solito di aspettare che il cordone smetta di pulsare", disse Hera, "Perché la placenta nei suoi ultimi minuti restituisce sangue e ferro al bambino".

"Vero", rispose Xiuhe, "Ma sono cose che si possono fornire al bambino comunque - se invece aspettiamo che il cordone ombelicale smetta di pulsare, la placenta ce la troviamo morta ed inutilizzabile".

"Se questo è l'unico inconveniente", disse Hera, "Acconsento".

Gli ultimi mesi di gravidanza procedettero tranquilli, con Edna ed Ester che crescevano bene, ed alla 37^ settimana di gravidanza si procedette con il cesareo - Edna ed Ester non sarebbero riuscite ad uscire insieme per la vagina, e non si aveva quindi scelta.

Yemoja e Xiuhe, dopo aver avuto l'assenso di Hera, erano riuscite a compilare un protocollo di ricerca con tutti i crismi, a farlo approvare dal CNR, ed ad accordarsi con una clinica ostetrica di Sassari per eseguire il parto e la trasformazione della placenta.

L'intervento procedette bene (con anestesia epidurale), ma l'essere Edna ed Ester gemelle siamesi obbligava Hera a nutrirle insieme stando in posizione semisdraiata - e con un sostegno per evitare che premessero sull'addome ancora dolente per l'operazione.

Ma dopo due settimane fu possibile anche a lei assistere al trapianto della placenta trasformata delle due figlie nel campo nudista, accanto a quelle dei mici - secondo Yemoja e Xiuhe, la placenta era in perfette condizioni, ed entro due anni avrebbe potuto nutrire Edna ed Ester al posto della madre Hera.

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Dopo quest'episodio di "due diligence = attenta verifica", in cui il medico (od i revisori dei conti) avevano vuotato il sacco su quello che non andava bene nella gravidanza (o nel bilancio di un'azienda), tutto procedette bene: i successivi controlli evidenziarono buona salute di madre e figlie, ed Hera riuscì a stabilire una buona amicizia con Rebecca, che le consentì di intrattenersi di tanto in tanto con Juno.

Anche Rebecca avrebbe voluto approfittarne (ed anche Yemoja e Xiuhe non videro in Hera solo una paziente), ma Hera non voleva avere a che fare con genitali femminili diversi dai propri, per cui il rapporto con le donne diverse da Juno fu molto amichevole e cameratesco, ma niente di più.

Un giorno però Yemoja e Xiuhe convocarono un consiglio di famiglia (anche Giaele, che si era definitivamente stabilita a La Maddalena, fu invitata) per presentare un loro progetto scientifico, detto in codice "Yggdrasill".

"Yggdrasill è il frassino cosmico invisibile che unisce i nove mondi dell'universo secondo la mitologia norrena", disse Debora, e Yemoja aggiunse: "Una funzione simile ha l'albero di palma nella mitologia Yoruba. Ma abbiamo imparato che i nomi nordici hanno più successo di quelli africani".

"Tamar", osservò Juno, "che in ebraico vuol dire 'palma', sarebbe stato un bel nome", ma Yemoja la fulminò con lo sguardo, prima di riprendere a parlare.

"Se l'albero ha le radici", disse Yemoja, "il feto che ha?"

"La placenta", rispose Hera, "che volete farne?"

"Dotarla di proprietà fotosintetiche in modo che diventi un vero albero capace di nutrire per la vita il suo titolare".

Tutte aprirono la bocca per lo stupore; Hera chiese: "Non è che il titolare fa la fine del dio Odino, che per acquisire la dote della divinazione si appese, trafitto con una lancia, per nove giorni alle fronde di Yggdrasill?"

"Non è previsto", rispose Xiuhe, "ma se accadesse ne saremmo contente".

Più seriamente rispose Yemoja: "L'albero diverrebbe la fonte di sostentamento principale del suo titolare, che dovrebbe solo succhiarne la linfa attraverso una specie di capezzolo".

"E con i gemelli monovulari o siamesi come le mie figlie, che hanno una placenta sola, che si fa?", chiese Hera, e Yemoja rispose: "Siamo convinte di riuscire a far sviluppare due o più capezzoli in casi come questo. Ma noi trasformiamo solo le placente, non i neonati. Se la trasformazione fallisce, mangiano esattamente come tutti gli altri".

"Avete fatto già esperimenti sugli animali?", chiese Juno, "non sembra un esperimento crudele, visto che la placenta verrebbe comunque ingerita o distrutta dopo il parto".

"Con i gatti funziona benissimo", rispose Xiuhe, ed Hera commentò: "Mi state dicendo che quei 'bonsai' che avete piantato lungo il confine tra il campo nudista e la strada sono placente di gatto trasformate? E per questo il campo nudista/ristorante ha più mici di un centro di pet therapy?"

"Brava", disse Yemoja, e Xiuhe aggiunse: "Finora l'esperimento riesce solo con le placente di micia - sembra ci sia un fattore inibitore codificato nel cromosoma Y. Crediamo di averlo individuato e neutralizzato, e la placenta delle tue figlie, che come loro ha cariotipo 46,XY, sarebbe l'occasione per provare anche questo particolare, non solo se anche le placente umane possono essere trasformate".

"Scusate, scusate, scusate", disse Juno, "Non sarebbe più comodo provare la trasformazione di una placenta umana partendo da un caso più semplice, anziché dal complicato caso di Edna ed Ester?"

"Prova a chiedere delle puerpere se possiamo avere le loro placente per questo scopo, e dimmi quante accettano", rispose Yemoja, e Xiuhe aggiunse: "Per non parlare dei casini che ci pianterebbero i comitati etici di ogni ordine e grado".

"La famosa Dichiarazione di Helsinki del 1964 sulle ricerche mediche sugli esseri umani", commentò Juno, "impone questo".

"Vuoi che redigiamo un protocollo di ricerca ai sensi di quella dichiarazione?", chiese Yemoja, "Ve lo portiamo domattina".

Hera intervenne: "Juno, sono io la diretta interessata", e Juno fece un gesto con la mano per dire: "Scusate l'intromissione".

Hera riprese: "L'idea mi piace, però vorrei vedere appunto il protocollo di ricerca, e guardare da vicino i famosi 'bonsai', per capire che cosa possono aspettarsi le mie figlie".

"Ma anche subito!", rispose Yemoja, ed invitò tutte a salire in macchina ed a recarsi al campo nudista.

Lì videro appunto i 'bonsai' ed i gatti che ne succhiavano la linfa, e poi si sdraiavano beati sulle loro radici.

"Questi 'bonsai' possono riprodursi?", chiese Juno e Yemoja scosse la testa dicendo poi: "Non hanno organi riproduttivi. Stiamo verificando la possibilità di 'rigenerazione', ovvero se staccandone un ramo, trattandolo in laboratorio e poi piantandolo nasce un altro 'bonsai'. Sarebbe opportuno per garantire il perenne sostentamento al titolare".

"E magari la placenta delle mie figlie vi darebbe la possibilità di provare anche questo", osservò Hera, mentre Rebecca misurava la superficie occupata dalle placente trasformate in radici, fece il rapporto tra superficie e peso corporeo dei mici, ed alla fine concluse: "Un micio di cinque chili ha bisogno di un 'bonsai' alto 50 cm, e con radici e corona che occupano un metro quadro di superficie. Se lo stesso rapporto vale per gli umani, il classico adulto di 80 kg ha bisogno di 16 metri quadri di superficie, cioè di un quadrato di 4 metri di lato - quanto sarà alto il suo 'albero' non lo posso sapere. Una 'piantagione' da un ettaro potrebbe mantenere 625 persone (diecimila metri quadri diviso 16); cento ettari fanno un kilometro quadro, e quindi una 'foresta' potrebbe mantenere 62.500 persone per kilometro quadro".

"La Sardegna ha 24.090 Kmq", osservò Juno, che aggiunse, dopo aver fatto i calcoli col telefonino: "Se fossero tutti trasformabili in 'foresta', l'isola potrebbe mantenere 1 miliardo 525 milioni 625 mila persone".

"Addio fame nel mondo", disse Debora, "Chiudiamo il ristorante e concentriamoci sulla gioielleria di famiglia".

Juno.00008.004 - Hera - 004


Yemoja riaccompagnò Juno a casa, e convinse Rebecca a riprendersela, anche se si sentì in dovere di avvertirla che c'era la possibilità che Juno avesse messo incinta la sorella.

Rebecca disse: "Ho accettato che Juno avesse quattro figlie oltre a quella che ha generato con me, amerò la sesta come tutte le altre".

Alcune settimane dopo Hera saltò il ciclo, ed il test di gravidanza fu positivo. Fu Rebecca a proporre una festa al ristorante, ma Xiuhe avvertì che la verdura cruda può essere contaminata dal Toxoplasma Gondii - per cui, prima della festa, pretese l'esame degli anticorpi contro il Toxoplasma.

Hera fece notare che era una ben nota gattara in Continente, quindi era improbabile che non avesse mai contratto l'infezione, ma si sottopose all'esame - che risultò positivo: il feto era ben difeso contro il parassita.

Hera continuò a lavorare al ristorante, anche se la gravidanza la spossava un po', e le calze autoreggenti contenitive divennero praticamente obbligatorie - ma quando i clienti scoprivano perché le portava, l'iniziale mugugno diventava augurio per la neo-mamma.

La prima ecografia, alla 13^ settimana, diede una bella ed una brutta notizia: la bella notizia era che Hera non era incinta di un solo bimbo, ma di ben due bimbe; la brutta era che si trattava di gemelle siamesi "parapaghe ditoraciche".

Ovvero, come spiegarono Yemoja e Xiuhe mostrando le immagini ecografiche, le due gemelle avevano due gambe, una vulva, un sederino, un bacino, un ombelico, ma due spine dorsali, due toraci, quattro braccia, due teste.

Hera propose per le gemelle i nomi Hnoss e Gersemi, che nella mitologia norrena sono le dee della voluttà e della bellezza, le due figlie gemelle di Freyja, dea dell'amore; ma le fu fatto notare che erano nomi impronunciabili e potevano diventare ridicoli - si scelsero perciò due nomi biblici dal significato simile, Edna ed Ester. Il primo significa "piacere" in ebraico, il secondo "stella" in persiano.

Per il resto, le ecografie non rivelavano nulla di preoccupante, e mostravano gemelle in buona salute - l'unico problema era che farle passare tutte e due insieme per la vagina era impensabile, e quindi occorreva programmare un cesareo.

"Ne soffrirà la montata lattea?", chiese Hera, e sorridendo Yemoja rispose: "No. In ogni caso tutte le donne della famiglia, compresa Juno, continuano a produrre latte, quindi le tue figlie rischiano l'obesità, non la denutrizione!"

L'ecografia e l'età avanzata della gestante consigliarono una villocentesi, esame che richiede grande perizia, ma che Yemoja e Xiuhe sapevano fare, e che diede un risultato inaspettato: il cariotipo delle gemelle era 46,XY!

Sulle prime le ginecologhe pensarono di aver sbagliato ad interpretare l'ecografia, vedendo genitali femminili quando invece erano maschili, ma la ripetizione dell'esame non lasciò dubbi, e si rese necessario il sequenziamento genetico, che diede la notizia buona e quella cattiva.

La notizia buona era che il cromosoma Y delle gemelle era identico a quello di Juno, quella cattiva che effettivamente il gene per il recettore degli androgeni era stato disabilitato da una mutazione - le gemelle avevano un cariotipo maschile ma stavano sviluppando un corpo femminile perché completamente insensibili agli androgeni.

Hera ammutolì quando le fu spiegato questo, anche se Yemoja si era affrettata ad aggiungere che l'unico problema serio che avrebbero avuto le sue gemelle sarebbe stato la sterilità: le loro ghiandole genitali sarebbero state dei testicoli, incapaci però di produrre spermatozoi maturi; e sarebbero nate prive di utero.

"È ereditaria questa cosa?", chiese Rebecca, e Yemoja rispose: "Sì. Il gene mutato si trova nel cromosoma X, e si trasmette pertanto in linea materna. Sembra che Juno abbia ereditato dalla madre un cromosoma X sano, Hera uno sano ed uno mutato, ma alle figlie abbia passato quello mutato. Mi stavo chiedendo se nella famiglia di Juno ed Hera ci siano mai state donne sterili senza spiegazione apparente".

Juno ci pensò un attimo e rispose: "Mia madre era ovviamente XX, le mie zie pure, visto che tutte hanno figliato; tra le prozie, una sorella di mia nonna si trovò il matrimonio annullato per incapacità di compiere l'atto sessuale".

"Tombola!", disse Xiuhe, e Rebecca chiese: "Spiegati meglio!"

"Questa prozia è morta, quindi non si può indagare su di lei", rispose Juno, "l'ho incontrata poche volte, e quell'annullamento l'aveva devastata. Nessuno mi raccontò quello che era accaduto, ma quando feci un'indagine genealogica trovai l'annotazione nel registro dei matrimoni - e pure in quello dei battesimi".

Xiuhe si incaricò di spiegare l'accaduto: "Le donne con totale insensibilità agli androgeni hanno la vagina stretta e corta. Niente di irrimediabile - ma probabilmente il medico che notò la vagina così conciata notò anche la mancanza dell'utero, e deve aver consigliato di non tentare di allargare la vagina, ma di approfittare della situazione per chiedere l'annullamento per impossibilità del coito".

"Già", commentò Juno, "perché la sterilità non rende di per sé nullo il matrimonio cattolico, ma l'impossibilità del coito invece sì".

Hera si lasciò sfuggire due lacrime dicendo: "Speravo di diventare nonna, questo sarà impossibile", al che Juno disse: "Sei già zia di cinque nipotine. Non ti annoierai".

domenica 26 novembre 2017

Juno.00008.003 - Hera - 003


Quando Juno tornò a casa, Rebecca le chiese: "Tutto a posto con il furgone?"

"Ehm ... sì", rispose Juno, tradendo un imbarazzo che Rebecca notò, e la indusse ad indagare: "Tua sorella ci ha provato di nuovo?"

"Ci è anche riuscita, questa volta", rispose Juno.

Rebecca si accasciò su una sedia, appoggiò le braccia al tavolo di cucina, si coprì gli occhi con le mani, e pianse.

"Guarda che non ho mica intenzione di lasciarti per mia sorella!", provò a dire Juno, ma Rebecca non smise di piangere, e le disse: "Lasciami sola. Va' a farti una passeggiata, fa' qualcosa, ma oggi non farti vedere da me".

"Porto a spasso Dina?", chiese Juno, e Rebecca rispose: "Deve fare i compiti. Lasciala stare".

Juno si rivestì (per tutta la famiglia era un'abitudine ormai vestirsi e svestirsi entrando ed uscendo di casa - esattamente come i tessili si mettono e tolgono il cappotto), fece un giretto per Bosa, e poi decise di andare a chiedere conforto a Yemoja, che stava lavorando nella Banca dello Sperma Aspermer.

Yemoja ricevette Juno e le disse: "Immagino tu non sia qui per un versamento, vero?"

"No. Ho paura di aver messo a dura prova il mio matrimonio".

"In che modo? Sembrate una coppia ben corazzata, tu e Rebecca", rispose Yemoja.

"Andando a letto con mia sorella Hera".

"Sapevamo tutte che sarebbe successo, prima o poi. Tua moglie lo sa? Come l'ha presa?", chiese Yemoja.

"L'ho informata io, si è messa a piangere e mi ha detto di uscire perché oggi non mi voleva vedere".

"Forse ha paura di non poter reggere il confronto con Hera. Tu e lei avete un forte livello di intimità", osservò Yemoja.

"Sia io che mia moglie siamo poli. Non ci lasciamo per una cosa così".

"Juno, tu hai vissuto per molti anni da maschio, e non ti rendi conto appieno di come le donne abbiano paura di essere lasciate se il loro partner va a letto con un'altra persona", disse Yemoja, "Ci vorrà del tempo a Rebecca per valutare freddamente i rischi che corre e la solidità della vostra famiglia".

"Anche tu hai paura che io lasci Rebecca?"

"Razionalmente, no", rispose Yemoja, "Ma chi dice che tu ti comporti sempre razionalmente?"

"Ho capito", disse Juno, "Hai un consiglio per evitare che io debba dormire fuori casa e la situazione peggiori?"

"Proverò a parlare con Rebecca", disse Yemoja, "Anche se non sono la persona più adatta perché anch'io sono andata a letto con te".

"Era un caso diverso: abbiamo fatto una cosa a tre prima, insieme con Rebecca, e poi a quattro insieme con tua moglie. Invece Hera non vuole avere eroticamente niente a che fare con le donne cis, quindi una soluzione simile non è praticabile".

"Infatti", rispose Yemoja, "Però devo ora farti una domanda: quando lo avete fatto, tu ed Hera?"

"Oggi pomeriggio".

"Ahi! Ahi! Ahi!", disse preoccupata Yemoja, e Juno chiese: "Che male ho fatto?"

"Ti rivelo una cosa coperta da segreto professionale", rispose Yemoja, "Hera sta continuando ad avere cicli regolari ed ovulatori".

"A sessant'anni?!?"

"È considerato raro, ma ancora normale", rispose Yemoja, "specialmente tra le donne corpulente, visto che il grasso corporeo secerne estrogeni".

"Ed Hera ha delle belle curve", osservò Juno, ma Yemoja incalzò: "Secondo la mia cartella clinica, tua sorella oggi era feconda. Chi ha cominciato?"

"A far cosa?"

"Chi ha portato l'altra a letto?", chiese un po' infastidita Yemoja, e Juno rispose: "Lei si è presentata davanti a me con la biancheria intima sotto l'accappatoio, e mi ha chiesto di togliergliela!"

Yemoja rise, e disse: "Ecco, le persone si comportano così solo quando sono feconde. Tu sei feconda tutti i giorni, e lo faresti sempre - mentre persone come tua sorella lo fanno solo pochi giorni al mese".

"Dici che l'ho messa incinta?"

"È abbastanza probabile. E Rebecca ha reagito male un po' perché in questa fase del ciclo lei è più fragile, un po' forse perché si è istintivamente resa conto della situazione".

"Hmmm ... mi viene il sospetto che il suo olfatto le avesse permesso di capire quello che tu hai scoperto visitando Hera. Forse per questo Rebecca voleva che Hera vivesse vicino a noi - perché così lei poteva tenerla d'occhio e capire in che giorni era meglio tenerci separati".

"Rebecca è un'ingegnera, ma quando si tratta di sessualità e riproduzione è molto istintiva", osservò Yemoja, "Dubito che abbia ragionato come pensi, ma il suo comportamento poteva comunque avere questo scopo. Una gatta non ha bisogno di pensare a come attirare un gatto per mettere i suoi genitali in mostra".

"Certo. Ed immagino che il rischio di malformazioni nei figli di fratello e sorella sia piuttosto alto".

"Sì. Ed Hera non mi sembra disposta ad abortire in questo caso", osservò sconsolata Yemoja.

"Infatti. Non ha mai voluto concedere certificazioni per interruzione di gravidanza - ed a sessant'anni non può perdere l'occasione di diventare mamma".

"Già. Dovete prepararvi ad una nuova nascita", concluse Yemoja.

Juno.00008.002 - Hera - 002


L'appartamento sopra il ristorante era comodo, e ad Hera non spiaceva cucinare, quindi accettò di lavorare per il ristorante, così come stava facendo Juno.

Alla completa nudità delle dipendenti del ristorante fu concessa un'eccezione, su richiesta di Hera: calze autoreggenti per tutte, in modo da prevenire l'insorgere o l'aggravarsi delle vene varicose; il redattore di una rivista naturista storse il naso, ma Juno ribattè che anche un naturista si mette la sciarpa quando fa tanto freddo.

Ad Hera questo nuovo lavoro piacque, e lo paragonò volentieri a quello che aveva fatto Carl Gustav Jung, che nella sua torre a Bollingen, sul Lago di Zurigo, non aveva voluto l'elettricità, e spaccava personalmente la legna per il caminetto; Hera si trovò a lavorare soprattutto con Juno (Rebecca aveva ripreso a pieno ritmo l'attività di ingegnera, ed il suo studio era a Bosa; Debora teneva aperta la gioielleria di famiglia), e cominciò a capire la differenza tra il sesso biologico e l'identità di genere di lei.

Una sera, dopo aver fatto le pulizie insieme, Hera disse a Juno: "Ora mi sono resa conto che per il 95% di quello che conta per me sei una donna. Non proverò più ad usare il maschile con te".

"Grazie. Ed il restante 5% cos'è?", chiese Juno, ed Hera lo abbracciò e baciò sulle labbra. Juno rimase turbato e disse: "Dovrei parlarne con mia moglie".

"Non puoi nasconderti dietro le sue gonne, visto che non ne porta", tentò di ironizzare Hera, ma Juno rispose: "La nostra è una relazione aperta, ma lei vorrebbe almeno essere informata di questo. Lei sa che c'è stato tra noi da ragazzi, non se ne stupirà tanto".

La reazione di Rebecca fu meno favorevole di quello che aveva previsto Juno: "Amore, il problema non è il sesso, od i sogni che avete fatto insieme da ragazzi e che ora potete realizzare. Il problema è che mi stai lasciando troppo tempo sola, con la scusa che devi far funzionare il ristorante ed insegnare il mestiere a tua sorella".

"Puoi trasferire lì il tuo studio", provò a suggerire Juno, ma Rebecca rispose: "E perdere i miei clienti? E svegliarci io e nostra figlia presto la mattina perché dovrò portarla a scuola in macchina, mentre ora può andarci a piedi? Dì a tua sorella che, se proprio ti vuole, venga ad abitare qui in città!"

Hera rispose ad Juno: "Rebecca è una cittadina, io amo i luoghi appartati. Da questo punto di vista non potremo mai andare d'accordo. Meglio che lasciamo perdere - non voglio che per colpa mia tu perda la moglie e la figlia".

Il problema sembrava accantonato, se non risolto, con Juno che stava al ristorante solo durante l'orario di apertura al pubblico, per avere più tempo da dedicare a Rebecca e Dina, ma un giorno Juno ricevette una telefonata.

"Juno? Sono Hera, mi serve un grosso favore. Puoi acquistare i prodotti di cui ti mando una lista ed una batteria da autoveicolo come quella di cui ti mando la foto?"

"Che è successo?"

"Tornando dal grossista di Sassari con le derrate per il ristorante, ho spento il motore del furgone ma non i fari".

"Complimenti!", la sgridò Juno, "Va bene, provvedo subito".

La lista della spesa comprendeva inezie come sale, spezie, olio d'oliva, che Juno acquistò e portò subito al ristorante, spiegando ad Hera: "La batteria a Bosa non si trova, e devo andare a prenderla a Macomer; intanto con queste cose puoi preparare il pranzo e servire i clienti".

"Riesci ad avviare il furgone con i cavi, così mi lasci la macchina, e se ho ancora bisogno di qualcosa, posso pensarci io?"

"Beh", rispose Juno, "Nella mia macchina i fari non restano accesi a motore spento, quindi non corro rischi!"

Juno riuscì ad avviare il furgone - per fortuna il serbatoio del carburante era pieno - e così si recò a Macomer per il cambio della batteria.

Al ritorno Hera chiese a Juno: "Perché ci hai messo tanto?"

"Il meccanico si è accorto che un tagliando era scaduto, ed ha provveduto", rispose Juno, "Ed infatti ora il mezzo funziona meglio. Questa è la fattura".

"Mettila via e toglimi la guépiere", rispose Hera - che infatti sotto l'accappatoio non aveva il corpo nudo.

sabato 25 novembre 2017

Juno.00008.001 - Hera - 001

[Inizio]

Ritornare a casa Dejana a Bosa, ora abitata solo da Debora e da sua "moglie" Giovanna, e dalla loro figlia Rachele, fu emozionante per Juno, Rebecca e Dina; Rebecca aveva già trasferito la sua workstation da ingegnera e gli altri ferri del mestiere, i vestiti, i libri, i computer e gli altri oggetti personali della famiglia l'avevano preceduta, quindi ci vollero poche ore per ristabilirsi a casa Dejana.

Yemoja e Xiuhe, con le loro figlie Oshun e Xuannu, avevano rilevato il ristorante "Pardes Rimmonim", e lo avevano trasferito in un terreno vicino al "terreiro" nel quale Yemoja celebrava le feste degli Orisha - quel terreno lo avevano comprato, e lo avevano attrezzato a campo nudista, con tanto di ascensori per permettere ai disabili motori di scendere in spiaggia.

Il campo nudista era sempre affollato, e così pure il ristorante - e ad ogni festa i fedeli potevano mangiare ottimo cibo appena preparato; l'unico inconveniente era che il "terreiro" ed il campo nudista erano separati da una collinetta, in modo che il rullo dei tamburi durante le feste non disturbasse troppo gli occupanti del campo nudista, e questo imponeva di nutrire gli ospiti portando il cibo dal ristorante con un carrello - solo cinque minuti di strada, comunque.

Hera si svestì visitando il campo nudista, e decise di star nuda anche dentro casa Dejana - come facevano del resto Juno, Rebecca e Dina (Debora aveva dovuto invece cedere alla richiesta di Giovanna di rimanere vestita anche in casa); i rapporti con Juno, che si faceva chiamare Leonida prima della transizione, tornarono cordiali, anche se Hera soffriva di transfobia.

Juno le aveva provato a spiegare più volte che ormai era una donna anche per l'anagrafe, ma Hera, pur convincendosi che doveva chiamarla Juno, continuava a considerarla un uomo - perché non poteva non far cadere il suo sguardo sui genitali ancora maschili che aveva.

Cercava di evitare di applicare ad Juno aggettivi maschili o femminili quando Dina poteva sentirla (aveva il buon senso di non mettersi contro il modo in cui ella veniva educata), ma quando Dina era lontana non riusciva ad evitare di sbagliare il genere di Juno - a costo di attirarsi i rimproveri non solo di Juno, ma anche di Rebecca, Yemoja e Xiuhe, e pure di Debora e Giovanna (la quale ultima si sentì obbligata a diffidarla, in quanto definire "maschio" chi legalmente è "donna" può essere considerato ingiuria, cioè illecito civile).

La diffida la convinse ad evitare sempre di usare termini con desinenze distinte per il maschile ed il femminile parlando di e con Juno, ma le disse che la sua opinione non era cambiata; Juno volle chiudere il contrasto ricordando il brocardo: "Cogitationis poenam nemo patitur = Nessuno è punito per quello che pensa", e si accontentò che sua sorella non usasse il maschile parlando di e con lei.

Il disagio di Hera non era comunque grande, tant'è vero che dopo aver vissuto una settimana a casa di Juno, ed essersi fatta portare in giro per la Sardegna, le chiese se poteva trovarle una casa a Bosa in cui vivere.

Rebecca rispose al posto di Juno: "Ci sono molte case in vendita, alcune da diversi anni. Devi fare attenzione perchè alcune sono vecchie di secoli, ed occorre controllarne l'idoneità statica e la conformità degli impianti. Posso farlo io che sono un'ingegnera".

"Come mai?", chiese Juno, ed Hera rispose: "Ad onta del contrasto che c'è tra noi a causa della tua transizione, ti stai dimostrando 'a wonderful sibling' - sto usando un'espressione inglese, che mi permette di non scegliere il genere grammaticale. Sono inoltre stanca di farmi carico dei problemi degli altri come psicoterapeuta, ho sufficienti contributi per andare in pensione - tu lo hai fatto da anni - e questa città è carina. Mi rendo conto però che non posso sempre vivere in casa vostra, e per questo vorrei una casa mia".

La proposta parve ragionevole sia a Juno che a Rebecca, ed anche a Yemoja e Xiuhe, quando gliene parlò Hera. Queste ultime le fecero notare che il ristorante "Pardes Rimmonim" aveva anche un appartamento per il gestore, appartamento al momento inutilizzato perché Yemoja e Xiuhe preferivano vivere in città. Se ad Hera non dispiaceva vivere nella zona isolata in cui c'erano il "terreiro", il ristorante ed il campo nudista, Yemoja e Xiuhe potevano ospitarla lì almeno temporaneamente.

Hera accettò la proposta, e chiese a Rebecca di stimare l'appartamento, nel caso lei si fosse trovata tanto bene da volerlo acquistare, e cominciò a pianificare il trasloco.

venerdì 24 novembre 2017

Morte di plastica - 4/4


Il piano di Naphtali fu approvato da Tethys, che reclutò tutte le megattere capaci di trasformarsi in esseri umani, le incoraggiò (ordinarglielo non poteva) a trasmettere tale facoltà ad altre conspecifiche (Amphitrite fu esentata), ed infine iniziò a sostituire i dirigenti delle industrie e dei governi individuati nella lista già preparata dalle megattere.

I risultati furono soddisfacenti - grande riduzione dell'inquinamento industriale, modifiche ai sonar delle navi in modo che non nuocessero più ai cetacei, sostituzione delle reti a strascico con sistemi di pesca meno rovinosi, efficaci campagne educative volte alla riduzione della produzione di rifiuti domestici ed alla loro dispersione in mare, modifiche ai depuratori in modo che abbattessero anche i farmaci che si trovavano nei liquami, definitiva abolizione della baleneria.

Il piano aveva funzionato meglio dello sterminio degli MdF, e senza spargimento di sangue. Cetacei ed altri viventi marini ora potevano vivere una vita migliore. Stavano perfino cominciando a rinascere capodogli giganti, con un cervello di 9 Kg, peso 150 t, lunghezza 28 m - mentre Naphtali si era dovuto accontentare di un cervello di 7 Kg, un peso di 50 t, una lunghezza di 18 metri.

Tethys ringraziò pubblicamente Naphtali e gli chiese che favore voleva in cambio; Naphtali rispose: "Se voi vi sostituiste ai dirigenti delle industrie farmaceutiche a cui vogliamo fare causa, ci fareste raggiungere i nostri obbiettivi senza spesa e forse in modo anche più efficace".

Tethys acconsentì ed i sostituti non solo fecero modificare i "bugiardini" per avvertire medici ed utenti del rischio di disfunzioni sessuali permanenti, non solo fecero sviluppare nuove molecole meno pericolose e più biodegradabili, ma crearono anche una fondazione per assistere le vittime di codesti farmaci ed educare il pubblico.

Una class action avrebbe avuto un grande ma non duraturo rilievo mediatico, la fondazione doveva impedire che di questo disastro si perdesse la memoria.

Per quanto riguarda la cura di queste disfunzioni, gli esperimenti condotti dalla fondazione confermarono quello che aveva accidentalmente scoperto Naphtali - la cura non la procurava la raffinatezza tecnica, ma l'intimità condivisa.

In breve, non il porno, ma il tantra.

[Fine]

Morte di plastica - 3/4


Nella sua cuccetta Naphtali si addormentò profondamente, abbracciato ad Amphitrite - e si svegliò dentro di lei.

Lui la guardò stupito, e lei disse: "Ne sentivo il bisogno".

"Sono venuto?"

"Non ancora, ma rimediamo subito!"

Così fu, ed a colazione Naphtali annunciò all'equipaggio che lui ed Amphitrite ormai erano una coppia, aggiunse che la sua anorgasmia sembrava cessata con lei, e chiese ai suoi compagni se lo volevano ancora come capo.

Risposero con lo stesso argomento di Amphitrite: il farmaco li aveva comunque menomati, e resi "demiorgasmici" loro malgrado. Era necessario un risarcimento, tantopiù che la demisessualità è assai lontana dal ruolo di genere maschile comunemente inteso. Quindi, Naphtali poteva continuare a rappresentarli.

Naphtali riferì loro che, essendo egli giaciuto con una megattera, sia pure in forma umana, egli ora poteva trasformarsi in megattera, e che ora che il tempo si era messo al bello, ed il vento era quello che ci voleva per una tranquilla crociera, lui ed Amphitrite volevano provare questa trasformazione.

Gad, facendosi portavoce di tutti, disse: "Se ci presenti delle megattere a cui piaciamo, ti preparo i più bei manicaretti della cucina terrestre!"

"Dipende anche da Naphtali", rispose maliziosa Amphitrite, "È in base a lui che le mie amiche giudicheranno voi!"

Tutti risero, e dopo colazione salparono per il mare aperto, sempre alla ricerca di megattere in amore. Quando le trovarono, Amphitrite e Naphtali si spogliarono, si gettarono in acqua, e si trasformarono, lei in una "Megaptera Novaeangliae = Humpback Whale = Megattera", lui in un "Physeter macrocephalus = Sperm Whale = Capodoglio"!

Sebbene il capodoglio abbia il cervello più grande del mondo animale (7 kg), Naphtali fu l'ultimo a rendersi conto dell'anomalia - fu quando Amphitrite, nel linguaggio delle megattere, gli disse: "Parla piano, perché mi assordi!"

Naphtali obbedì subito, ed allora si rese conto di avere in bocca i denti, anziché i fanoni come Amphitrite, e che le sue capacità di ecolocazione erano molto superiori a quelle di qualsiasi altro cetaceo: con gli ultrasuoni era capace di sondare il mare in un raggio di oltre 3 Km, e di creare nella sua mente una mappa tridimensionale del mondo intorno a sè, e pure di immergersi ad oltre 2000 metri di profondità, e starvi oltre 90 minuti!

In una cosa un capodoglio è meno dotato di una megattera - per fortuna Amphitrite non ci badava, ed in ogni caso, farlo in forma umana avrebbe "riequilibrato" gli apparati di entrambi; il problema più serio era ora quello di integrare un capodoglio in un branco di megattere!

Dopo aver provato le sue capacità, Naphtali riemerse, sfiatò i polmoni, e ridivenne uomo - seguito poco dopo da Amphitrite; Reuben guidò la barca verso di loro e tutti li riportarono a bordo.

"Tutto bene, tesoro?", chiese Amphitrite, e Naphtali rispose: "Ti ho già detto di sì. Forse non capisci il linguaggio dei capodogli?"

"Lo capisco, lo capisco", rispose lei, "Ma forse non padroneggi ancora le sfumature che ti permetterebbero di capire come mai sei diventato un capodoglio e non una megattera".

"Spiegamelo allora in linguaggio umano", disse Naphtali, ed ella rispose: "Non si dovrebbero baciare i delfini negli acquari, perché alla lunga imparano a trasformarsi in esseri umani. Case cinematografiche clandestine li usano come pornoattori, ed in questo caso basta una sola 'sessione' per dare loro tale abilità. Alcuni ne hanno approfittato per evadere, e congiungendosi con altri cetacei hanno trasmesso quest'abilità, fino a me. Nella catena di trasmissione doveva esserci un capodoglio, e Naphtali ha acquisito la capacità di diventare tale".

"Megattera no?" chiese Levi, ed Amphitrite rispose: "Era più congeniale a Naphtali la personalità del capodoglio di quella della megattera".

"Ci dobbiamo lasciare?", chiese Naphtali, ed Amphitrite rispose: "Perché? Vado matta per il tuo cervello!"

Naphtali chiese ad Amphitrite: "Potete scegliere l'aspetto dell'umano in cui trasformarvi?"

"Entro ampi limiti sì. Non posso diventare un maschio, non posso sopprimere i capezzoli supplementari che hai notato, ma tutto il resto lo posso scegliere".

"Mi piaci così. Ma quello che volevo proporvi in luogo della crociata contro gli MdF, era quella di assumere l'aspetto dei dirigenti delle industrie più inquinanti, e far loro prendere decisioni che diminuissero l'inquinamento e vi salvaguardassero!"

"Ma lo sai che hai un gran cervello anche in forma umana?!?"

Morte di plastica - 2/4


Naphtali osservò: "Non è solo questione di numero. Un'industria inquinante che impiega 20 persone fa più danno di 2000 MdF. Chiudendo quelle industrie, ottenete risultati migliori che spargendo sangue umano".

"Stiamo stilando un elenco delle industrie inquinanti, dei loro proprietari e dei loro tecnici", rispose Amphitrite, "dopo gli MdF passeremo a loro. Non è che gli MdF muoiono senza prima averci rivelato tutto quello che sanno sul genere umano".

"Sono ancora nel mirino?"

"No. Mi hai convinto che sei un uomo prezioso", disse Amphitrite, mentre sentiva una strana congestione pelvica e le si dilatavano le pupille.

Prima lo disse a se stessa, poi lo ripetè a voce bassa, ma udibile da Naphtali: "Mi è tornato l'estro!"

"Posso fare qualcosa per te?"

"No. Dovrei gettarmi in acqua, ritrasformarmi in megattera, raggiungere le mie conspecifiche, e ... trovare un bel maschietto!"

"Gettarti in acqua?" disse Naphtali guardando fuori dall'oblò e fissando le onde che il forte vento sollevava oltre l'antemurale del porto.

"L'ho già fatto oggi pomeriggio".

"Ah, ecco perché in un primo momento non ti trovavamo. Comunque, vieni a guardare quest'altro oblò".

Amphitrite vide molti scafi all'ancora nello specchio d'acqua del porto, e Naphtali spiegò: "Il vento ha spazzato via la nebbia che ci impedì di entrare in porto senza il tuo aiuto. Ma tutte le barche che vedi temono un vento così forte, sono entrate in porto, ed hanno gettato l'ancora dove l'acqua è più profonda e quindi calma. Quello è l'unico punto in cui avresti potuto trasformarti in megattera ed uscire dal porto senza arenarti. Ma se ci provi ora, ti impigli in tutte le cime d'ancora, e non so se facciamo in tempo a salvarti. Devi aspettare".

"Posso raggiungere la bocca del porto a piedi, tuffarmi e trasformarmi in megattera!"

"Con queste onde, riusciresti a farlo prima di annegare? In forma umana le tue forze sono assai limitate".

"Hmm ... un rischio più grave è che, anche se mi trasformo in megattera, le onde mi sfracellino contro il muraglione prima che io riesca con le pinne e la coda a far presa sull'acqua e ad allontanarmene".

"Ti dovrei portare io in mare aperto, ma con questo vento, di notte, e stanchi come siamo, si salpa solo per una questione di vita o di morte. Lo è?"

"No", rispose Amphitrite, ci pensò un attimo, guardò Naphtali in un modo che lo turbò, e disse: "E se lo facessi con te?"

"Mi lusinghi, ma temo di non ricordarmi più nemmeno l'abbicì di queste cose".

"Non facciamo cose complicate sott'acqua, Naphtali", disse lei prendendogli la mano destra e facendo risalire la sua lungo il braccio fino alla spalla.

Quando lei avvicinò il suo viso a quello di Naphtali, lui sentì l'impulso di baciarla, lei schiuse le labbra e le loro lingue si incontrarono.

Tutti e due si sentirono elettrizzati, Naphtali la strinse a sé e sussurrò: "E per il problema di cui dicevamo prima?"

"Un dettaglio che ora possiamo ignorare", disse Amphitrite mentre cominciava a sbottonargli la camicia, e Naphtali tra un bacio e l'altro a sollevarle la maglietta.

Si misero sul tavolo da pranzo, con Naphtali disteso sulla schiena, ed Amphitrite che strisciando su di lui lasciava che le sue mani portassero alla sua bocca ciò che più le piaceva di lei - la bocca il collo, i capezzoli sul petto, l'ombelico, i capezzoli più intimi, e ciò che leccato le procurò per la prima volta un orgasmo senza penetrazione.

Si chiese se fermarsi, ma volle invece proseguire - non si lasciò più guidare dalle mani di lui, anche se continuavano a stringerle i fianchi, ma arretrando arretrando, lei pose la vulva sul glande di lui, e dal pene si fece infilzare.

La manovra era semplice, e gli umani sono assai meno dotati delle megattere, sia in assoluto che in proporzione, ma le piacque moltissimo. Ad un certo punto lui sentì che stava per venire, e poco dopo lei percepì che era accaduto.

Il rapporto durò ancora molto, per gli standard di una megattera, ed al termine lei gli chiese: "Sei venuto davvero?"

"Sì, e non capisco come mai".

Lei vide nei suoi occhi non lo sguardo di chi ha appena fatto una marachella, ma di tenerezza, e di chi si stupiva di dove era arrivato e si chiedeva che sarebbe accaduto poi.

Gli chiese allora: "Ti sei forse ... innamorato? Amore e desiderio uniti insieme ti hanno portato dove non sei mai venuto prima?"

"Ti ho amato da quando ti ho vista, anche se non volevo ammetterlo per paura di deluderti con le mie défaillances".

"Amare per me è una cosa nuova. Non è la stessa cosa che scegliere un partner, cosa che noi megattere facciamo volentieri", osservò Amphitrite.

"Stai dicendo che?"

"Che ti amo anch'io, Naphtali. Questa nave non è semplicemente il mio banco, è la mia famiglia ora".

"Quando mi presenti ai tuoi?"

Amphitrite si mise a ridere, perché non ci sono famiglie estese tra le megattere, e disse: "Se intendi dire le mie amiche, quando vuoi. Tra l'altro, ora che sei venuto dentro di me, puoi trasformarti in un cetaceo".

"Già, è vero. Devo rinunciare alla class action?"

"Perché?"

"Sono guarito".

"Mah ... voi stessi dite che 'una rondine non fa primavera'; e se lo standard è che un maschio venga indipendentemente dai suoi sentimenti, un farmaco che glielo impedisce gli fa danno. Continua!"

Il cellulare di Naphtali fece "bip" in quel momento, e lui lesse questo messaggio: "Congratulazioni, Naphtali ed Amphitrite. Vorrei però attraversare la stanza per andare in bagno. Dopo è tutta vostra. Reuben".

"Che facciamo?", chiese Amphitrite, e Naphtali rispose: "Ci copriamo con quell'asciugamano steso e facciamo passare Reuben. Dopo andiamo nella mia cuccetta".

Morte di plastica - 1/4

[Inizio]

Tethys, signora del mare, decide di vendicarsi a modo suo dell’inquinamento delle acque, che uccide molti animali che scambiano i sacchetti di plastica per meduse: trasforma delle megattere in donne, e le manda sulla terra con il compito di sterminare i “morti di figa”.

Perché proprio loro? Perché sono proprio le persone senza riguardi per nessuno che inquinano i mari e non trovano dove battere chiodo.

E le megattere si dimostrano efficacissime, riducendo la popolazione umana maschile in alcune città del 30%, e femminile del 2%.

Una di loro, però, Amphitrite, ha un’idea sbagliata: avendo visto su Facebook che nel porto affidato a lei c’è uno yawl chiamato “Kant Starved Natural Philosophers”, deduce che sia un covo di “prede” per lei.

Non le è difficile entrare nell’associazione proprietaria della nave – ma scopre che i suoi membri non corrispondono al profilo psicologico dell’“MdF” che le hanno dato.

Ammettono infatti di non averne mai abbastanza, ma evitano di molestare le gentili signore, e la loro passione è il whale-watching.

Lottano anche contro l’inquinamento chimico ed acustico dei mari (si suppone che i sonar delle navi disturbino alquanto i cetacei), ed Amphitrite pensa che se fossero attenti alle donne come lo sono alle megattere, ne avrebbero in abbondanza.

La copertura di Amphitrite però salta presto: infatti, durante un’uscita in mare, lei viene colta dall’estro in mezzo a tutte le megattere che saltano e cantano per esprimere il loro ardore, si getta in acqua, e si ritrasforma in megattera.

Dalla barca si accorgono che lei è finita in acqua, ma non vedono la sua trasformazione, e continuano a fare manovre pericolose tra una megattera e l’altra per individuare e riportare a bordo Amphitrite.

Per fortuna le bastano pochi minuti per comunicare con le sue simili e … fare l’amore (i cetacei vengono in pochi secondi), calmando così (momentaneamente - i cetacei sono animali promiscui) il suo estro.

Lei ritorna in forma umana, riemerge, si fa avvistare e riportare a bordo – nuda, perché il costume da bagno si è sbriciolato quando lei si è trasformata in una megattera lunga 16 metri.

Tutti si meravigliano che il costume da bagno sia scomparso, ma da gentiluomini non fissano lo sguardo su di lei – tranne Naphtali, il presidente dell’associazione, che nota un dettaglio cetologico: lei ha dei capezzoli non solo sul petto, ma anche sulle grandi labbra – esattamente dove i cetacei hanno le mammelle!

La polimastia non è infrequente tra gli esseri umani, quindi Naphtali non ci fa caso – lo considera un segreto che non avrebbe dovuto conoscere e che deve invece dimenticare.

Ma i microfoni che gli permettono di registrare le emissioni sonore delle megattere mostrano che c’è una fonte sonora a bordo: quando Amphitrite è nella sua cuccetta, rivolta alle megattere, comunica con loro.

Un razionalista come Naphtali fatica a pensare che l’avere una donna le mammelle, la voce, e probabilmente l’udito, di una megattera significa che lei è una megattera sotto mentite spoglie – accantona tutte queste informazioni, mentre salva le riprese ed i dati delle osservazioni, e si volge verso terra.

Purtroppo, un forte vento impedisce di approdare al porto di partenza, e Naphtali decide di allungare la rotta verso un altro porto, dove si prevede di giungere dopo il tramonto.

La nave è dotata di tutti gli strumenti di navigazione del caso, ma vengono temporaneamente incapacitati da una tempesta magnetica.

I soci non si danno per vinti e fanno il punto basandosi sul sole e sulle stelle, ma una volta giunti in prossimità del porto stabilito, una nebbia offusca la luce dei fari e rende pericoloso approdare.

Ci si mette alla cappa e si aspetta il mattino? No, propone Amphitrite: si presenta nuda davanti ai soci (non vuole distruggere anche il costume da bagno di ricambio), si tuffa in acqua e si ritrasforma in megattera.

Fa un balzo spettacolare verso il ponte della nave, e si ritrasforma in donna giusto in tempo per toccarne il pavimento con i piedi – un secondo di ritardo ed un bestione di 36 tonnellate avrebbe distrutto la nave, perdendo probabilmente la vita.

“Complimenti, signora megattera”, dice Naphtali, “cosa vuoi che facciamo?”

“Mi chiamo Amphitrite. Io ho un sonar che funziona quasi quanto un radar …”

“Grazie per la rivelazione!”, commenta Naphtali, mentre gli altri dicono “Oooh!”, e poi riprende: “Da alcuni anni i cetologi sospettavano che anche i misticeti ricorressero all'ecolocazione, ed ora ce lo confermi!”

Amphitrite sorride e dice: “Issatemi a riva (cioè in cima all’albero maestro), e con quel sonar posso guidarvi fino all’ormeggio”.

“Le sartie portano fino alla coffa. Non c’è bisogno di imbragarti. Ti accompagno su con il megafono – tu mi dici cosa vedi, ed io do gli ordini ai miei uomini. Chi non è alla manovra si metta di vedetta – non vorrei abbordare altre navi”.

Amphitrite e Naphtali riescono nell’impresa – la nave entra in porto con una manovra precisa e riesce ad ormeggiare con una nebbia che impedirebbe ad un milanese di parcheggiare nello stallo a disco orario anziché in quello per disabili!

Thomas ringrazia Amphitrite stringendole la mano, ed ella lo abbraccia baciandolo sulle labbra. Naphtali è stupito del gesto, ma Amphitrite risponde: “Non è un gesto d’affetto fra voi umani?”

“Sì. Giusto. Vuoi cenare con noi oppure vuoi pernottare con le tue conspecifiche? So che voi megattere in questa stagione non mangiate.”

“È vero, ma quando sono in forma umana ho bisogno di mangiare quanto e come voi. Accetto l’invito a cena”.

Lei va a rivestirsi e poi si siede a tavola con tutti. E mentre mangiano, apre il discorso il nostromo Reuben: “Siamo onorati di avere una megattera a bordo. Ma perché hai voluto trasformarti in donna ed unirti a noi esseri umani?”

Amphitrite decide di vuotare il sacco: “A dire il vero, la mia missione era ammazzarvi tutti”.

“Perché mai?”, chiede Gad, il cuoco, “Cuciniamo così male?”

Tutti ridono perché capiscono che Gad sta facendo lo spiritoso, ma Amphitrite risponde, “No, cucini bene, ma il motivo è molto più serio”, e spiega tutti i danni che le attività umane fanno all’ambiente marino.

Quando Amphitrite arriva a spiegare il perché di tanto astio verso gli “MdF”, Levi, il cappellano della nave (non è una designazione ufficiale – semplicemente ha studiato teologia da giovane, ed allora lo trattano così) osserva:

“Capisco – la teologia femminista ha notato moltissimi punti di contatto tra la subordinazione della donna e lo sfruttamento dei viventi non umani. Quello che non capisco è perché hai preso di mira proprio noi – e pur avendo la possibilità di farci naufragare, invece ci hai portato in salvo”.

“Perché ho capito infatti che non siete degli ‘MdF’ classici. Avete molti riguardi verso le creature marine e cercate di capirci – anche se non vi sarà possibile finché non ci saranno altre ambasciatrici come me”.

Naphtali si rende conto che Amphitrite, pur avendo imparato molto sugli esseri umani, perché le megattere sono molto brave a tessere rapporti interspecifici (pure di corteggiamento!), e le altre specie hanno trasmesso loro molte utili informazioni su di noi, è caduta in un equivoco.

“Amphitrite, il filosofo Hobbes diceva ‘Homo homini lupus’”, spiega Naphtali, “E noi abbiamo il nostro ‘lupo’: l’industria farmaceutica”.

“Perché?”

“Noi siamo dei ‘MdF’ non per mancanza di cibo, ma per mancanza di bocca. Siamo come quelle splendide farfalle che muoiono in un paio di giorni perché non possono mangiare”.

“Cosa intendi dire?”

“Esiste una classe di farmaci, detta SSRI [sigla inglese di ‘Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina’], molto usata per l’ansia, la depressione, le ossessioni. In quasi tutte le persone ritarda l’orgasmo, in alcune …”

“… cioè in noi!”, interviene Issachar, e Naphtali riprende: “… rende impossibile averlo durante un rapporto sessuale”.

“Cosa?”

“Non abbiamo risentimenti verso le donne. Vogliamo organizzare una class action verso le industrie farmaceutiche che producono farmaci simili e li distribuiscono sottovalutandone i pericoli per chi li prende. Io ho divorziato perché, non potendo più provare l’orgasmo con mia moglie, non avevo nulla che ogni giorno spazzasse via i piccoli risentimenti di ogni giorno, finché alla fine una goccia non ha fatto traboccare il vaso”.

“Me ne dispiace. Ma perché vi dichiarate ‘Kant starved’?”

“Per due motivi”, spiega Reuben, “il primo è perché la voracità è considerata lodevole in un uomo, anche se incresciosa in una donna – e nessuno si chiede se manca il pane o mancano i denti; il secondo è perché vogliamo rimanere ‘sotto il radar’ finché non siamo abbastanza forti da iniziare questa causa. Il danno è permanente, possiamo aspettare con comodo – e non vogliamo essere stritolati dalle industrie farmaceutiche uscendo prematuramente allo scoperto”.

Amphitrite pensa un attimo e dice: “Sono molto usati codesti farmaci?”

“Sì,” risponde Naphtali, “Perché, fanno danno anche a voi?”

“Beh, una megattera da 36 tonnellate se ne infischia, ma gli animali marini che vivono vicino agli scoli fognari delle grandi città cominciano ad avere serie disfunzioni sessuali”.

“I depuratori umani non sono progettati per rimuovere i farmaci dai liquami”, osserva Judah, “ma noi ci preoccupiamo più degli antibiotici che degli SSRI”.

“Però vi diamo tutto il sostegno morale possibile – non economico, perché noi megattere non usiamo il denaro, e non vogliamo darvi pesce od altri esseri viventi da vendere”.

“Vuoi vedere che quello che ha dissuaso Amphitrite dall’ucciderci è la mia cucina vegana?”, chiede Gad, ed Amphitrite annuisce: “Infatti. Quando ho visto i tuoi piatti mi sono resa conto che voi amate il mare anziché sfruttarlo!”

“Però non bevi vino”, osserva Naphtali, ed Amphitrite risponde, “Non si ha fermentazione alcolica nelle creature marine. Il mio fegato non lo reggerebbe”.

“Si può brindare con l’acqua”, osserva Levi, “ed Amphitrite se lo merita!”

Dopo il brindisi e la fine della cena, Naphtali lava i piatti (è il suo turno), ed Amphitrite resta sola con lui.

“Non hai sonno?”, le chiede, “Anche in forma umana riesci a dormire con mezzo cervello alla volta per pochi secondi?”

“Ahahahah! Ci avete studiato per benino!”

“Vi amiamo, anche se non sempre lo dimostriamo. Quello che ci hai raccontato ci è spiaciuto molto. Mi piacerebbe diventare una megattera e venire a vivere dove vivi tu, e saper parlare con i tuoi simili per capirli meglio. Se tu sei potuta diventare umana, forse anch’io posso diventare una megattera”.

“Ehm … altri uomini potrebbero farlo, voi proprio no”.

“Come mai?”

“Per quello che mi avete detto stasera. Dovreste ‘giacere’ con una megattera, ma se non godete, non servirebbe a nulla”.

“Anche questo lo metto in conto all’industria farmaceutica! Ma tu come sei diventata umana?”

“Noi megattere abbiamo molto sviluppato i ‘rapporti interspecifici’. Gli esseri umani preferiscono i tursiopi, ma anche loro sanno corteggiare altre specie di cetacei – finché l’abilità di diventare umani non è stata trasmessa a noi”.

Naphtali posa il piatto, si siede su una sedia, poggia i gomiti sul tavolo, mette il viso tra le mani, e si mette a piangere.

“Ci tenevi tanto a diventare una megattera?”

“No, è solo l’ultima delle cose a cui ho dovuto rinunciare per questo. A cominciare da mia moglie”.

"Sicuro di non poterla riconquistare?"

"Si è risposata. Felicemente, pare".

“Mah … da quello che mi è stato riferito, ci sono donne che amano i ‘tempi supplementari’ – non è il caso di noi megattere, perché noi lo facciamo sott’acqua, e non possiamo perdere molto tempo. Sicuro che tu non possa trovare una donna che ti ami per questa che potrebbe essere per lei una qualità?”

“Anche le donne si stufano. Dopo un po’ si rendono conto che troppo ricevere senza poter dare non va bene”.

“Sicuro che non esista una cura? O costa così tanto che dovete proprio vincere la causa per permettervela?”

“Non ne voglio parlare”.

Amphitrite si siede accanto a lui e lo guarda. Naphtali se ne accorge e le chiede: “Che fai?”

“Non posso dirti parole di conforto. Ma non voglio lasciarti solo in questo stato”.

“Grazie”.

“Sei un uomo speciale. Non è stata solo la cucina di Gad a convincermi che meritavate una possibilità”.

“E cosa?”

“Quando ho chiesto di iscrivermi hai ascoltato ogni mia parola senza interrompermi, ed hai saggiato la mia conoscenza della biologia marina con valide domande. Mi sono chiesta allora se davvero eravate malvagi come mi avevano detto”.

“I morti di figa classici sono spiacevoli, ma non possiamo lasciarveli ammazzare. Se quello che volete è la fine dell’inquinamento, dovete venire a parlarne con noi”.

“Il conflitto israelo-palestinese va avanti dal 1947. Non mi metto a dire chi ha ragione o torto, vedo che la posta in gioco è molto più piccola di quella implicita nell’inquinamento e nello sfruttamento del mare, ma non siete ancora riusciti a mettervi d’accordo. Non verremmo a capo di nulla trattando”.

“Che volete farci?”

“Intanto sopprimiamo coloro che ci fanno più male”.

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Il mattino dopo Baraq tornò a La Maddalena, accompagnato da Teresa e Simona; tutti e tre pranzarono nel ristorante di Juno e Rebecca, ed annunziarono loro che questa era la festa di fidanzamento ufficiale.

Dopo il pranzo, Baraq spiegò a Juno e Rebecca cosa era successo la sera prima, e Rebecca disse: "Siamo ancora guardinghe, ma tutto è bene quel che finisce bene".

Juno aggiunse: "Vedo però che questa volta Simona si è seduta al ristorante come mamma l'ha fatta, esattamente come gli altri clienti - hai una bella suocera, e forse ora condivide il nostro sistema di valori naturisti".

"Penso di sì", rispose Baraq, e Juno disse: "Ho guardato Teresa mentre ci aiutava a far da mangiare - ha del talento per la cucina. Non ha trovato lavoro in un ristorante, pizzeria, magari anche kebab?"

"Non gliel'ho chiesto - ma credo di no", rispose Baraq, e Juno riprese: "Ieri sera voi sistemavate i vostri rapporti, ed io e Rebecca pensavamo al nostro futuro. Terminata la ferma come ufficiale di marina, Rebecca pensa di tornare a Bosa, ed io di seguirla. Ma a chi affidiamo il nostro ristorante anticonformista, visto che Giaele non lo può fare?"

"A Teresa?", chiese Baraq, e Juno rispose: "No: a voi due. Sei diventato bravo anche tu a servire a tavola ed a preparare cibi vegani crudi. Il ristorante è avviato, può mantenere una famiglia, vi cedo attività, attrezzature e palazzo con un mutuo di trent'anni - se fallite, vuol dire che avete deciso di avvelenare ogni cliente che entra, compreso il suo cane".

"Una bella proposta!", disse Baraq, e Rebecca precisò: "Non pensare che domani ti svegli patron del ristorante! La ferma la finisco fra due anni, e penso che quel tempo ti ci voglia per organizzare il matrimonio, eccetera".

"Mi spiace per mia suocera, che non potrò vedere tutti i giorni, se lei resta a Nuoro", disse Baraq, e Juno e Rebecca, dopo aver trattenuto il riso perché avevano capito il perché del rimpianto, dissero: "Lo spazio per uno studio psicoterapeutico lei ce l'ha nel nostro palazzo. Io al posto di tua suocera farei la spola tra Nuoro e La Maddalena nei primi tempi, così vi vedete, ad esempio ogni martedì, giovedì e sabato; se le cose vanno benissimo, lei chiude lo studio a Nuoro e viene a vivere sempre con voi - se vanno meno bene, vi salutate, lei ritorna a Nuoro, e vi vedete di tanto in tanto come normali suocera e genero. In ogni caso cadete in piedi".

"Lo propongo a Teresa e Simona e ti rispondo", rispose Baraq, ma sapeva che la risposta sarebbe stata entusiastica.

Teresa cominciò a lavorare nel ristorante, diventando in breve tempo brava come Juno, Rebecca e Baraq, mentre Simona apriva lo studio in un locale del palazzo dove si trovava il ristorante. La vita militare è purtroppo più stressante di quella civile, e lei si trovò più pazienti del previsto, tanto che dovette pregare Juno e Rebecca, Baraq e Teresa, di affrettare i tempi della cessione, perché non le conveniva più tenere aperto lo studio a Nuoro, e dopo essersi trasferita a La Maddalena contava di affittare la casa di Nuoro.

Il notaio rogò quindi la cessione del ristorante e dell'immobile, ed il mutuo trentennale per pagarne il prezzo; Giaele aveva acquistato un altro appartamento con cui vivere insieme con Dalia, e cedette quindi anche la sua quota di proprietà; Rebecca terminò anticipatamente la ferma in Marina, e Juno non rinnovò la cattedra di diritto militare a Mariscuola Maddalena.

Il matrimonio fu celebrato a La Maddalena, e ad esso fu invitata anche Hera, la sorella cis di Juno, che si presentò sola perché divorziata senza figli.

Il mattino dopo lei giurò di aver sentito strillare la prima notte di nozze anche Simona, non solo Teresa, Juno la pregò di non farne parola con nessuno, e tutti insieme [Juno, Rebecca, Dina, Hera] partirono per Bosa - Hera non aveva mai visto la Sardegna prima d'allora, e Juno voleva farle da cicerone.

[Fine]

Juno.00007.013 - Baraq - 013


Le due donne misero uno specchietto da borsetta sul tavolo, in modo che Baraq potesse guardarle lì riflesse, anche senza alzare la testa, si abbracciarono, e si baciarono in bocca; Simona carezzò le natiche di Teresa, e Teresa i seni di Simona.

Continuarono per un po', smisero, si staccarono, e poi con più foga ricominciarono - Baraq si scosse dal suo torpore e disse sottovoce: "Lo state facendo per me?"

"Sì", disse Teresa, e Simona aggiunse: "In gergo si chiama 'performative bisexuality'. Non stiamo morendo di desiderio l'una per l'altra, ma sapevamo che ti avrebbe scosso nel modo giusto".

"Grazie", disse Baraq, "Adesso però cosa facciamo?"

Teresa rispose pacatamente: "Quello che ci è piaciuto di meno è stato che tu hai finito con l'idealizzare me e sessualizzare mia madre".

Simona disse: "Mi andava bene, sono stata io a provocarti, e se lo voglio io mi va bene che un uomo mi sessualizzi - ma non voglio essere solo quello per lui, così come non è giusto che Teresa sia stata solo idealizzata e le sia stato impedito di esprimersi sessualmente".

"È un mondo pericoloso questo", disse Baraq, "Temevo di metterla in una brutta situazione".

Teresa prese il telefono che Baraq usava per comunicare con sua madre e disse: "Ha un codice di blocco. Potevi metterlo anche al mio ed aumentare le precauzioni. Un telefonino da trenta Euro potevi comprarlo per le chiamate di emergenza e lasciare sbloccato quello".

"Vero", disse Baraq, "Avrei dovuto fare quella spesa e quello sforzo".

"Aldilà di questo", disse Simona, "Mi hai impressionato favorevolmente - non sei mai stato volgare, nemmeno quando inviavi le tue foto naturiste, e sai conversare in modo intelligente".

"Io ti conosco da un altro punto di vista", disse Teresa, "E continui a piacermi".

"E quest'infedeltà?", chiese Baraq, "Come la giudicate?"

"Hai soddisfatto i bisogni di tutta la famiglia", rispose Simona, "Non solo di mia figlia. Alla mia età è difficile trovare un uomo che valga qualcosa e sia ancora libero. Se pensi ancora a me qualche volta, io te ne sarò grata e mia figlia ne sarà contenta".

"Confermo", rispose Teresa, "Puoi accostare sessualmente mia madre, se lei lo vuole".

"Grazie", rispose Baraq, "Però quello che è successo stasera mi ha abbattuto. Non mi sono ancora rimesso dallo 'shutdown'. Non so come farò a tornare a casa".

"Dormi con noi", rispose Simona, e Teresa annuì con la testa, "La camera ha un letto matrimoniale ed uno singolo. Io mi metto in quest'ultimo, voi nell'altro, ed ho il sonno pesante. Potete causare un terremoto e non mi sveglio".

In realtà finirono con il dormire tutti e tre nello stesso lettone. Ma niente più "performative bisexuality" - ognuna si soddisfò con Baraq.

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Baraq propose a Teresa di fare come aveva detto Juno, ma Teresa rispose: "Devo cercarmi un lavoro. Non posso fare ora la luna di miele, anche se mi piacerebbe tanto".

Baraq potè comunque andare a trovarla tutte le sere, ed il famoso venerdì lui e Teresa si recarono al ristorante di Santa Teresa di Gallura dove li aspettava Simona, la madre di Teresa.

Era un ristorante giapponese con stanzette appartate, e Simona ne aveva scelta una; quando si sedettero a tavola, Simona e Teresa si scambiarono uno sguardo d'intesa, e Teresa disse a Baraq, cercando di assumere il tono più neutrale possibile: "Puoi mettere sul tavolo entrambi i telefonini, quello che usi per comunicare con me e quello che usi per comunicare con mia madre?"

Baraq impallidì come un cencio lavato, ed obbedì. Teresa disse: "L'idea di metterti alla prova è venuta a lei, non a me, ma io sapevo tutto. Mi spieghi perché hai fatto tutto questo?"

"Perché non potevo resistere ad una donna che sfidava tutti i miei divieti per costringermi ad ammirarla, ascoltarla e parlarle", rispose Baraq, "Potrei dire che tua madre mi ha fatto una corte spietata".

"Avresti dovuto resistermi", rispose Simona, "Ed oggi sono buona e non mi arrabbio per questo tentativo di scaricare su di me la colpa. Sarebbe bastato bloccare il mio contatto. Ma non hai voluto".

"Perché non hai voluto il mio 'sexting'", chiese Teresa, "Ma lo hai accettato da mia madre?"

Baraq si volse verso l'uscita, e fece per alzarsi, ma Simona rispose: "Noi pensiamo che il rapporto con Teresa si possa salvare - ma non puoi cavartela a buon mercato. Vogliamo vivisezionare quello che hai fatto e perché".

Baraq esitò un attimo, ma si ricompose solo quando Teresa disse: "Anche il rapporto con mia madre puoi salvare, se fai il bravo".

Simona disse: "Sono lusingata. Sembra quasi che tenga più a me che a te. Eppure con lui non ho fatto niente di fisico, al contrario di te".

"Ho notato che anche quando è con me", osservò Teresa, "la sua mente sembra sempre andare oltre la situazione presente. Anche quando mangia, sembra che mentre mangia il primo pensa al secondo, e quando mangia il secondo pensa già al dolce ed all'ammazzacaffè".

"Un tipo intuitivo estroverso", commentò Simona, "per cui la prospettiva vale più dell'attualità. Senza volerlo ho incarnato per lui la prospettiva".

"Hai qualcosa da dire?", chiese Teresa, ma Baraq era ammutolito, teneva le braccia conserte ed aveva piegato il viso in basso per non guardare le due donne. Simona si preoccupò e disse: "Sembra andato in 'shutdown'. Dobbiamo aver esagerato".

"Che facciamo?", chiese Teresa, e Simona rispose: "Dobbiamo rassicurarlo".

"Come?", chiese Teresa, e Simona le sussurrò all'orecchio come.

"Io lo faccio anche", rispose Teresa, "Ma sei sicura che quello che proponi non lo sovrastimoli facendolo passare al 'meltdown'?"