mercoledì 27 settembre 2017

Juno.00004.009 - Mariscuola Maddalena - 009


A gran velocità Juno preparò le valigie, e non appena ebbe finito provò ad offrire i suoi seni a Dina, che a dire il vero era stata già saziata da Rebecca, quindi bevette solo qualche sorso.

"Rebecca, puoi vuotarmi il seno?", chiese allora Juno, "Temo mi venga la mastite", e Rebecca provò ad accontentarla. Dina, vedendo che la mamma si era attaccata ad una mammella di Juno, volle attaccarsi nuovamente all'altra (ed a Rebecca poco mancò che le andasse il latte di traverso dal ridere), e così anche Juno potè svuotare il seno e non correre rischi per la sua salute.

Le tre si vestirono, e partirono. Dina mangiava già cibi solidi, ma quel mattino non c'era stato il tempo di fare una colazione regolare, per cui, prima di entrare a Pavia, Rebecca e Juno nutrirono Dina, una dopo l'altra.

Dopo però Rebecca dovette iniziare uno spiacevole discorso: "Ho una fame lupina. Saziare una bimba che ormai ha tre anni richiede molta energia".

"E purtroppo stamattina non abbiamo avuto il tempo di preparare il pranzo al sacco, come facciamo di solito", aggiunse Juno, "Che si fa?"

"Potremmo andare in un supermercato e comprare la frutta e la verdura che ci servono per il pranzo e la cena", osservò Rebecca, "e mangiarla nel parcheggio del supermarket".

"E ce la danno l'acqua per lavare il cibo?", osservò preoccupata Juno, al che Rebecca rispose: "Non è detto. Potremmo comprare dell'acqua minerale, ma mi pare assurdo e poco pratico".

"Cerchiamo allora un ristorante vegano nei dintorni", disse Juno, "Ci serviranno probabilmente cibi cotti, ma per questa volta pazienteremo".

Google lo trovò, e per fortuna il cibo era buono; Juno si fece apprezzare da uno dei cuochi (che non riusciva a togliere gli occhi di dosso dal suo davanzale), ma non dall'altro, al quale Juno continuava a chiedere come era stato preparato il cibo - voleva sapere se era il caso di aggiungergli degli integratori, e risultò che era proprio il caso: il ristorante preparava cibi per chi mangiava occasionalmente vegano, non per chi viveva da vegano.

Mentre Dina mangiò una sola porzione (ma da adulta!), Juno e Rebecca dovettero concedersi un bis ed un ter, per la fame che avevano; il cuoco provò a suggerire loro una birra, ma loro rifiutarono - la birra era analcolica, e quindi non creava rischi per Dina, ma la birra è una bevanda cotta, e Juno e Dina cercavano anche in quell'occasione di evitare il cotto.

"Semmai", chiese Juno, "Ci potete portare dell'acqua tiepida? Ci prepariamo un infuso di caffè verde".

Il caffè verde è caffè non torrefatto, quindi crudo - non è facile trovare negozi che lo vendano in Italia, e Juno, caffeinomane da sempre, lo ordinava online per poterlo bere senza trasgredire al crudismo.

Pagato il conto, le tre ragazze fecero una passeggiata per Pavia (la basilica di San Pietro in Ciel d'Oro è chiusa da mezzogiorno alle tre), ammirando la città, e pure le melusine (sirene a doppia coda) sul portale della basilica di San Michele Maggiore, ma verso le due dovettero tornare al loro furgone frigorifero: da una parte Dina voleva altro latte, dall'altra Rebecca e Juno sentivano il bisogno di svuotare i loro seni.

Il furgone sembrava più appartato di una panchina, ma mentre Juno stava dando la sua razione a Dina, un poliziotto la importunò bussando al vetro del furgone.

Juno pensò: "Lo so che passo male, ma questa volta ho tutti i documenti per dimostrare che sto nutrendo mia figlia", e non aspettò che il poliziotto le facesse delle domande - glieli mise davanti al naso.

"Non è un po' cresciuta sua figlia perché lei la nutra così?", provò ad intromettersi il poliziotto, e Juno rispose: "Mi dice sempre così mia moglie quando le chiedo di farmi da mangiare. La differenza tra me e mia figlia è solo tecnica, signore".

Il poliziotto decise di lasciar perdere; terminato l'allattamento, le tre ragazze poterono recarsi alla basilica, di cui apprezzarono molto i tesori artistici - tra cui la statua di Sant'Agostino dormiente realizzata dallo scultore sardo Pinuccio Sciola.

Spiegò loro infatti la guida: "Re Liutprando, prima di passare a miglior vita nel 744, aveva comprato (lo dice Beda il Venerabile, ripreso da Paolo Diacono) a gran prezzo le spoglie del santo, in un anno compreso tra il 712 ed il 725. Fino a quel momento le spoglie erano conservate in Sardegna, isola solo nominalmente soggetta all'Impero bizantino - in realtà del tutto indifesa dai saraceni.

Essi non erano riusciti ad invadere l'isola (un'invasione che sarebbe potuta durare sarebbe stata compiuta da Mujahid al-'Amiri, noto anche come Musetto, verso il 1015), ma la razziavano di frequente, e Liutprando pensò bene di acquistare la salma di Agostino - le fonti non ci dicono se dai sardi o dai saraceni.

Questo ha legato la città e l'isola, e la scultura di Sciola è stato solo uno dei modi in cui si è espresso il legame".

La guida non seppe però rispondere alla domanda di Juno: "Si sono trovati dei reperti in fondo al pozzo? A Sardara c'è una chiesa con un pozzo dentro, altrettanto antica ma assai meno adorna, ed in quel pozzo si sono trovati reperti interpretati come offerte all'antica divinità venerata nel pozzo".

La guida seppe solo dire che era incerta l'origine e l'età di quel pozzo, che alla sua acqua si attribuivano doti miracolose, e che le melusine sui capitelli della chiesa facevano pensare appunto ad un antico culto delle acque. Ma un mistero simile, osservò, ammanta i pozzi sacri sardi, perché non ci è stato tramandato nulla che ne chiarisca la funzione originaria - la suppongono gli archeologi sulla base della forma e dei reperti dentro ed intorno a loro.

"Lei conosce i pozzi sardi?", chiese Juno, e la guida rispose: "C'è un attivo circolo di sardi a Pavia. Lei non è la prima a notare le affinità tra il nostro pozzo ed i vostri".

Un'altra guida si intromise: "C'è un'altra cosa che vorrei farle notare. Io vengo dall'Africa, non posso nasconderlo, e le posso dire che quelle che voi chiamate 'melusine' somigliano tanto a Yemoja, una dea Yoruba che è la madre di tutti gli Orisha, abita le acque e protegge le donne".

"Santo cielo!", disse Juno, "Lei mi sta dicendo che per saperne di più dovrei andare in Nigeria!"

"Od in Brasile, o ad Haiti, od a Cuba, od in Uruguay. La tratta degli schiavi ha diffuso le religioni africane in tutta l'America latina!"

"Sconvolgente!", disse Rebecca, "Pensavo entrando qui di trovare un parallelo tra la presunta dea madre sarda e le melusine celtiche, ed invece trovo un fenomeno culturale molto più vasto!"

"Sheela Na Gig non ti ha portato fortuna, anche se qui ci sono molte sue raffigurazioni", osservò Juno.

"Oh ...", disse Rebecca, "Devo correggerti. Mi spiace, ti ho fuorviato io".

"Spiegati", chiese Juno stupito, e Rebecca spiegò, "Debora, la laureanda in lettere, è la studiosa di queste cose in famiglia. Mi ha spiegato che Sheela Na Gig non è ... forse è meglio che usciamo dalla chiesa prima che te lo spieghi".

Le guide dovevano aver mangiato la foglia, a giudicare dagli sghignazzi repressi, ma Juno, Dina e Rebecca le ringraziarono e le salutarono, ed una volta fuori Rebecca finì il discorso: "La tradizionale interpretazione di 'Sheela Na Gig' come 'Giulia dalle Tette' è sempre più messa in discussione, anche perché non è che queste immagini mostrino tutte una tettona. Tutte mostrano invece una donna che si spalanca una mega vulva con le mani! O perlomeno la mette in bella mostra! Ed in modo tanto grottesco che l'effetto è più comico che erotico!"

"E 'gig' cosa vuol dire allora?"

"Pare proprio che voglia dire 'fica'! Nello slang dei dialetti inglesi del nord e del gaelico d'Irlanda".

"Lo avesse scoperto Giaele, la tua sorella neurochirurga e nutrizionista, lei avrebbe detto che non si deve confondere la patata con i meloni!"

Rebecca scoppiò a ridere ed osservò: "Vero, ma l'ipotesi tradizionale è quella più citata e facile da trovare. Secondo te, quando l'archeologo Giovanni Lillìu ha ricostruito il pozzo sacro di Santa Cristina a Paulilatino, dandogli una scala trapezoidale che si allarga verso l'esterno, assolutamente atipica, a che cosa stava pensando?"

"In effetti la scala degli altri pozzi è rettilinea e stretta ... ok, non è una 'Sheela Na Gig', ma la simbologia è sempre quella".

"Esatto. La 'Sheela Na Gig' somiglia alle melusine, perché queste ultime, afferrandosi e divaricandosi le code per il punto in cui io e te abbiamo le caviglie, non possono evitare di mettere in mostra la loro nudità - probabilmente le prime hanno ispirato le seconde".

"Va bene, prenoto per il prossimo anno un viaggio all'estero. Brasile o Nigeria?"

"Brasile. Spero di non dovermene pentire, visti i rigurgiti omofobici degli ultimi tempi".

Sull'autostrada da Pavia a Genova, fu Rebecca a guidare, mentre Juno faceva una ricerca in Internet col telefonino e Dina trovava più comodo appoggiarsi alle sue tette che allo schienale del seggiolino (Rebecca aveva gentilmente, ma più volte, respinto i suoi approcci, perché le braccia le servivano appunto a guidare).

"Forse è meglio fare prima il giro d'Irlanda", disse infine Juno.

"Perché?"

"Una pagina web avverte che le 'Sheela Na Gig' si trovano non solo nelle chiese, non solo in edifici profani (perfino nelle stalle! forse dovevano augurare la fertilità al bestiame), ma perfino nei pozzi sacri irlandesi!"

"Pozzi sacri irlandesi?!?"

"Da quel po' che ho visto, hanno una storia molto più articolata dei pozzi sacri sardi, ed il loro riutilizzo nel cristianesimo è stato la regola. Anzi, c'è un almeno pozzo, quello di Tobernalt, presso il quale, tra la fine del '600 e l'inizio dell''800, quando le persecuzioni anticattoliche in Irlanda divennero particolarmente feroci, si celebravano messe e sacramenti clandestinamente (perché il pozzo è su una collina, ed una vedetta poteva avvisare per tempo se arrivavano le truppe inglesi), e la cui acqua veniva usata in esse. E questo pozzo è tuttora meta di pellegrinaggi".

"Il culto vecchio ha sorretto quello nuovo", osservò Rebecca, "accosto e mi mostri quel pozzo".

Juno le porse il telefonino, ma disse anche: "Guarda anche la seconda scheda del browser, con foto di vari pozzi sacri irlandesi!"

Rebecca lo fece e disse: "Sorbole! Somigliano molto a quelli sardi, anche se sono posteriori di diversi secoli - i Celti sono arrivati in Irlanda verso il 500 AEV, in piena Età del Ferro, quando il fenomeno dei pozzi sacri in Sardegna, scavati alla fine dell'Età del Bronzo, si stava ormai esaurendo".

"Vedo se riesco a comprare un camper che ci permetta di girare l'Irlanda! Ed anche in altre parti della Gran Bretagna con forte influenza celtica (Galles, Cornovaglia, Scozia) ci sono pozzi simili, più antichi di quelli irlandesi e forse coevi a quelli sardi".

"Come diceva Balzac, 'Vuoi essere uno scrittore di valore universale? Racconta il tuo villaggio!'", osservò Rebecca, "Abbiamo cominciato con l'appassionarci di pozzi sacri sardi, ed abbiamo trovato motivo di recarci in futuro in Gran Bretagna ed Irlanda, Nigeria e Brasile".

lunedì 25 settembre 2017

Juno.00004.008 - Mariscuola Maddalena - 008


Il mattino dopo, mentre Juno controllava il conto corrente via Internet (solo l'amore con Rebecca lo faceva con più assiduità), Rebecca le chiese: "Hai già modificato il biglietto?"

"Non ancora".

"Ti passo Dalia. C'è qualcosa che non va a Mariscuola Maddalena".

"Ciao. Vi manchiamo?"

"E come no!", rispose Dalia, "I vostri supplenti hanno indotto i nostri alunni a costituire il primo sindacato studenti delle forze armate italiane ed a proclamare lo sciopero del rancio finché non li destituiamo!"

"Che hanno fatto di così brutto?"

"Metti in viva voce, così sente anche Rebecca".

Juno lo fece, e Dalia disse: "Il supplente di Rebecca è riuscito a dare agli alunni una definizione sbagliata di 'metacentro' ..."

Rebecca la interruppe: "Dalia, chi non sa cos'è il 'metacentro' può progettare solo barchette di carta! Dove lo avete trovato?"

"Lasciamo perdere! Invece il supplente di Juno ha consigliato agli studenti di usare abitualmente il 'GO TO' nei loro programmi".

Juno sbottò: "È cosa da fucilazione alla schiena, nemmeno al petto! Il 'GO TO' va usato con estrema parsimonia e cautela, perché rende i programmi incomprensibili! La prima cosa che dicono i professori agli universitari che studiano informatica è che il ricorso al 'GO TO' costa la bocciatura agli esami!"

"Vedo che ci siamo capiti. Siete in grado di riprendere le lezioni domattina?"

"Domattina?"

"Se aspettiamo ancora non dovremo più pensare solo agli studenti, ma anche alle loro mammine ..."

Rebecca sorrise e spiegò alla sbigottita Juno: "Lo sai che le mamme si preoccupano quando i loro figli non vogliono mangiare".

"Come madre ebrea lo so bene", rispose Juno, "Va bene, da mamme che vogliono rassicurare altre mamme lo facciamo. Spero che domattina non abbiamo la faccia troppo stravolta quando entriamo in classe!"

"Saranno tutti troppo felici per accorgersene!", disse Dalia prima di salutare e riattaccare.

Juno pensò un attimo e disse a Rebecca: "Facciamo così: il biglietto non sarà Genova - Porto Torres, ma Genova - Olbia, che è il porto più vicino a La Maddalena, così riusciamo ad arrivare a Mariscuola ad un'ora decente. Ci tieni tanto ad andare a Pavia?"

"Già che ci siamo ..."

"Va bene, prepariamo subito le valigie, e così abbiamo il tempo di fare una visita frettolosa a Pavia prima di precipitarci a Genova ed imbarcarci stanotte".

"Puoi pensarci tu alle valigie, così nutro Dina con il mio latte? Spero che questo la renda più tranquilla per questo fuori programma".

"Posso dargliene un po' anch'io, dopo. La terapia ormonale prescrittami da Giaele sta funzionando, come hai constatato stanotte".

"Vero", rispose sorridendo Rebecca, "dopo farai anche tu da balia a Dina".

"Giusto perché abbiamo paura che lei non mangi abbastanza!", osservò Juno.

venerdì 22 settembre 2017

Juno.00004.007 - Mariscuola Maddalena - 007


Tornati a casa da Venezia, dopo aver messo a dormire Dina e fatto l'amore con Juno, Rebecca le chiese: "Amore, possimo modificare il biglietto di ritorno?"

"Pagando una penale sì. Perché?"

"Mi piacerebbe fare una visita a Pavia. A quel punto, converrebbe imbarcarsi a Genova per tornare in Sardegna".

"Si può fare. Vuoi vedere la Certosa?"

"No. O meglio, non solo quella - vorrei vedere San Pietro in Ciel D'Oro".

"Non la conosco".

"Ci sarebbero sepolti Agostino d'Ippona, Severino Boezio, Liutprando re dei longobardi, ma quello che mi interessa di più è il pozzo nella cripta".

"Pozzo nella cripta?"

"Sì. Ed alcune sirene a doppia coda che si vedono nei capitelli - una divinità delle acque, di origine o celtica (Sheila-na-gig) od egizia (Bastet)".

"Tesoro, credevo che solo in Sardegna ci fossero delle chiese con un pozzo dentro!"

"No, ce ne sono diverse in Continente. Il caso sardo è molto particolare, visto che si fatica parecchio a trovare equivalenti coevi dei pozzi nuragici, ma anche fuori dell'isola c'erano forme di culto delle acque tanto radicate che i cristiani dovettero usurparne i santuari".

Juno fece una breve ricerca in Internet, e disse: "C'è una differenza tra il pozzo della chiesa di Pavia e quello delle chiese di San Salvatore a Cabras e di Sant'Anastasia a Sardara. Le tre chiese sono pressappoco contemporanee - la prima fabbrica dell'edificio cristiano è attestata verso il 5°-6° Secolo EV, ma il pozzo pavese è attestato dal 12° Secolo EV, quelli sardi sono datati al Bronzo Finale - 13°-12° Secolo AEV!"

"Detta così, è evidente che in Sardegna hanno fatto prima i pozzi e diciassette secoli dopo le chiese, mentre a Pavia sembra che il pozzo nella cripta sia stato fatto sei secoli dopo la chiesa. Ci credi?"

"Mi parrebbe molto strano. Nessuno mette un pozzo dentro una chiesa, nemmeno per battezzare per immersione. Anzi, i primi cristiani, che costruivano i battisteri presso le chiese, ma non dentro, si comportavano esattamente come gli ebrei, che costruiscono il 'miqweh', il bagno rituale, vicino alla sinagoga, ma in un diverso edificio".

Rebecca baciò Juno e riprese il discorso: "Ecco, mi pare più probabile che anche la chiesa di Pavia sia stata costruita su una fonte d'acqua preesistente ed oggetto di culto. I documenti però l'hanno trascurata fino al 12° Secolo EV".

"Per quanto riguarda San Salvatore, è un edificio cultuale usato da più religioni", osservò Juno, "infatti, dopo i nuragici fu usato dai punici, che vi adoravano il dio Sid, un dio cacciatore (come dice il nome - la radice è la stessa dell'ebraico 'tzad = cacciare') e guaritore; i romani vi adoravano Esculapio; i cristiani pensarono bene di dedicare il pozzo e la chiesa costruita sopra al Salvatore ..."

"Sant'Anastasia ha tre pozzi: uno sacro ben noto anche ai turisti, che era sotto il pavimento della chiesa finché non lo scoprì il Taramelli all'inizio del '900 - ma Taramelli fece mozzare la chiesa ed arretrare la facciata per esplorare per bene quel pozzo", disse Rebecca, "poi c'è un altro pozzo sacro di fronte a quello, non visitabile, ed un 'pozzo d'uso', cioè profano, senza scala, da cui si attingeva l'acqua con un secchio, sempre di età nuragica, coperto fino al 1913 dal pavimento della chiesa".

"Questo pozzo somiglia a quello di San Pietro in Ciel D'Oro", osservò Juno, "ed anche quel 'pozzo d'uso' di Sant'Anastasia ha restituito oggetti cultuali interessanti. Mi sa che, come è capitato altre volte, un pozzo profano è stato poi consacrato, e quegli oggetti erano un'offerta alla dea della fonte".

"Ed anche il pozzo sacro visitabile di Sant'Anastasia contiene acqua ritenuta salutare", ribattè Rebecca, "prima che arrivasse Taramelli, la sorgente che sgorgava da quel pozzo era chiamata 'funtana de is dolus = fonte dei dolori', perché vi ricorrevano gli ammalati".

"Ed a Sardara ci sono le acque termali", ricordò Juno, "credo che Giaele direbbe che dal punto di vista medico le terme sono inefficaci, ma recarvisi è la forma moderna di pellegrinaggio alla dea delle acque".

"Già. Che facciamo, amore", chiese Rebecca, "ci andiamo?"

"Certo. Ricordami domattina di modificare il biglietto e programmare il navigatore. Spero che a Dina non dispiaccia il cambiamento di programma. L'ambiente non familiare del Continente sta facendo emergere anche in lei dei tratti Aspie".

martedì 19 settembre 2017

Juno.00004.006 - Mariscuola Maddalena - 006


Il mattino dopo Rebecca e Giaele tornarono felici e pure riposate, Juno le aiutò a scaricare il furgone, Giaele poi andò a Mariscuola per insegnare il BLSD, e Rebecca riferì a Juno che le sorelle avevano molto apprezzato l'idea dell'appartamento a Sassari.

"Però vorrei comunque levarmi lo sfizio di vedere com'è l'appartamento che vuoi vendere. Non è che sei semplicemente troppo esigente?"

"Guarda, l'aveva comprato per me mia madre quando avevo trovato lavoro a Verona, ed essendo un trilocale, dovrebbe ospitare non più di tre persone - ma non ci vedo tre studentesse dentro. Comunque, io devo andare a vedere in che stato l'ha lasciato l'attuale inquilino, per decidere se restituirgli il deposito di garanzia. Tu e Dina potete venire con me, ma non posso ospitare anche Debora, Rachele, Giaele e Lia - non c'è spazio!"

"Come mai l'attuale inquilino se ne va?"

"Va a vivere con una donna, e l'appartamento non gli serve più".

Fa un po' ridere viaggiare su un furgone frigorifero, ma se contatti dei circoli sardi in Continente e ti offri di portare loro leccornìe dall'isola, riesci a farti pagare il biglietto dell'andata (più il prezzo dei cibi commissionati).

Consegnati i cibi, Juno, Rebecca e Dina si diressero verso l'appartamento. L'inquilino aveva già portato via le sue cose, ma non i mobili, che erano infatti di proprietà di Juno; fu redatto il verbale di riconsegna, e l'appartamento ed i mobili risultavano aver subìto solo il normale logorìo, e non ulteriori danni, per cui Juno restituì il deposito di garanzia all'inquilino, e lo salutò.

Rebecca si rese subito conto che aveva ragione Juno a dire che l'appartamento era scomodo. Era difficile da scaldare, i mobili non erano un granché, e lo spazio era poco - tre ragazze si sarebbero fatte male se avessero vissuto insieme, e non sarebbero riuscite a studiare.

Dal punto di vista artistico, Verona era carina, ma dal punto di vista politico e culturale si dimostrava una città spaccata tra fulgidi esempi di volontariato religioso (non solo cattolico) e laico, ed organizzazioni biecamente reazionarie che demonizzavano non solo la diversità sessuale, ma anche quella etnica e religiosa.

L'università aveva punte di eccellenza, ma anche molte carenze che la penalizzavano nelle classifiche nazionali. Chi voleva studiare in modo eccellente andava a Trento, ma l'appartamento di Juno era lontano dalla stazione, e questo significava perdere ogni giorno quattro ore sui mezzi di trasporto (bus veronesi + treno + bus tridentini).

Come disse Juno: "L'università di Trento è appena appena migliore di quella di Sassari, sempre secondo la classifica del CENSIS. Non val la pena affaticarsi tanto per studiare a Trento quando puoi faticare meno a Sassari".

"Ho cercato pane migliore di quello di grano", ammise Rebecca, "Puoi vendere tranquillamente l'appartamento".

Visto che erano a Verona, la famiglia ne approfittò per visitare Mantova, il Lago di Garda, Vicenza, Padova, Treviso e Venezia - Dina fu deliziata da quest'ultima città, ma un po' scossa dagli evidenti monumenti all'Olocausto che si trovano nel Ghetto.

Ci sono genitori che si chiedono come fare a spiegare ai figli le sessualità non etero e non cis, ma è un problema ben peggiore spiegare come fu possibile che delle persone intelligenti e sensate potessero ritenere altre persone la radice di ogni male, da estirpare ad ogni costo - per fortuna quel po' di vitalità ebraica che c'era nel Ghetto rianimò Dina facendole capire che anche in situazioni cupe spesso si trova la luce.

Dina fece anche una piccola marachella entrando nella yeshivah [scuola rabbinica] della Chabad che si trova a Venezia mentre tutti erano in piedi a pregare, e provò perfino ad imitarli dimenandosi come loro e pure agitando le manine.

Per fortuna erano tutti padri di famiglia, e le sorrisero finché lei non si avvicinò al capoculto e gli afferrò una delle frange del tallit [scialle rituale].

Il vecchio signore rise, ma capì che il gioco era durato troppo, e quando vide Rebecca e Juno che cercavano di far segno a Dina di uscire, la prese per mano e la riaccompagnò alla porta.

Trasalì un attimo quando si rese conto che Juno era trans, ma rispose a lei e Rebecca quando cercavano di scusarsi: "'Ein davar = Non c'è problema'. Quando un ebreo si sposa, ed il rabbino gli legge le condizioni del contratto di matrimonio, per accettarle lui deve tirargli il tallit come la bimba ha fatto a me - fate conto che sia un 'Amén'. La bimba mi ha tirato il tallit quando ho recitato la benedizione: 'Signore Dio nostro, benedici per noi quest'anno ed ogni tipo dei suoi raccolti, e da' una benedizione alla faccia della terra, e saziaci della tua bontà, e benedici il nostro anno come gli anni migliori. Benedetto Tu Signore, che benedici gli anni'. Mi sa che la vostra bimba ha portato questa benedizione sulla vostra famiglia!"

Juno e Rebecca risero e ringraziarono quel vecchio signore, che non volle stringere la mano a Rebecca, ma la strinse volentieri a Juno - e salutò Dina.

"Come mai ha stretto la mano a te e non a me?", chiese Rebecca, e Juno rispose: "Perché non sono 'passata'. Un ebreo molto osservante non tocca una donna che non sia sua moglie, e nemmeno lei, se teme che abbia il ciclo. Lui ha capito che non lo potevo avere, e mi ha trattato come un uomo".

"Per me sei la donna migliore del mondo, Juno", disse Rebecca mentre loro due uscivano dal Ghetto, e lo baciò in bocca.

Juno.00004.005 - Mariscuola Maddalena - 005


Furono acquistati i furgoni frigorifero, e Rebecca per questo sacrificò la propria auto - la Maddalena è infatti una piccola città che si può percorrere a piedi, e poiché i furgoni acquistati avevano tre posti, era possibile per tutta la famiglia (Juno, Rebecca, Dina) andare in giro con il furgone, se necessario.

Nei primi tempi era Juno ad andare all'alba dai grossisti con il furgone - tornava appena in tempo per scaricarlo ed iniziare ad insegnare a Mariscuola; ma dopo qualche settimana volle farlo Rebecca.

Juno ringraziò, perché cominciava a soffrire per la mancanza di sonno, ma gli venne un sospetto che potè approfondire quando l'inquilino che abitava da anni una delle sue case in Continente, raccomandato a suo tempo dalla sua prima moglie, aveva dato disdetta dell'affitto.

Pensò che questa era l'occasione per parlare dei suoi sospetti con Rebecca - incaricò il sindacato dei proprietari di immobili a cui era iscritto di formalizzare all'inquilino l'offerta di vendita della casa. Immaginava che l'inquilino non avrebbe accettato, ma la legge imponeva questo passo prima di offrire l'immobile in vendita ad altri.

Quando Rebecca tornò a casa dopo aver diretto i lavori di posa dei tubi e dei cavi (preliminari alla posa dei prefabbricati) nel campeggio naturista, Juno, che si era fino a quel momento occupata del ristorante, le disse: "Amore, sai che cosa ho aggiunto ai due furgoni frigorifero?"

"Santini e rosari certo no", rispose scherzando Rebecca, e Juno ribattè: "Un localizzatore GPS ciascuno".

"Come mai?"

"Metti che tu abbia un incidente tanto grave da non poter chiedere aiuto da sola - l'applicazione che riceve il loro segnale nota l'anomalia ed allarma me, ed io allarmo i mezzi di soccorso".

"E cosa ha notato l'applicazione?"

"Nessun incidente, per fortuna, però è strano che tu spesso vada dal grossista insieme con Giaele, e che il vostro furgone si dia appuntamento con quello di Debora che viene da Bosa nei boschi vicini al grossista, alcune ore prima che questi apra".

"Ci siamo rimesse insieme, amore", ammise Rebecca, e Juno rispose: "Mi va bene. Ne sono contenta. Mi preoccupa però che vi esponiate al freddo ed ai malfattori. La mia prima moglie, figlia di contadini, una volta disse che in Continente gli agricoltori che venivano all'alba a vendere le loro derrate, dopo essere stati pagati dai grossisti andavano a fare bisboccia. Non bevevano un grappino a quell'ora - andavano a puttane! Le prostitute sapevano che a quell'ora avrebbero trovato i clienti con cui concludere la nottata, e ronzavano intorno ai mercati all'ingrosso. E spesso le prostitute non si muovono sole - se hanno dei papponi, quelli le seguono a distanza di sicurezza. Capisci che il vostro modo di fare mi preoccupa. Se poi diventate delle habitué, rischiate veramente che venga pianificato un colpo a vostro danno".

"Sinceramente, non abbiamo mai visto uomini o donne sospetti intorno al nostro grossista, anche se non manca mai chi ci prova anche se vede al mio dito un 'solitario' così grande che può illuminare tutto il capannone".

Juno avrebbe voluto dire: "E pensi che un anello così non attiri i malintenzionati?", ma scherzò invece: "Non supera le mie tette, e me ne dispiace", ed aggiunse: "Sto vendendo una delle mie case in Continente, e due sono le possibilità: la prima è comprare un bilocale nella città del vostro attuale grossista - quello che ora fate nei boschi lo farete lì, al riparo dal freddo e dai mascalzoni ..."

"Interessante idea!"

"L'altra possibilità è comprare un appartamento di tre camere a Sassari".

"A che pro? Una camera grande con un letto a tre piazze ci andrebbe molto meglio!"

"Quando le nostre figlie andranno all'università, quello sarà il loro appartamento. Intanto lo usate voi. Il salotto sarà abbastanza grande da ospitare il vostro letto a tre piazze!"

"Ci toccherà cambiare grossista. E Sassari è più vicina a Bosa che alla Maddalena. Senti, se proprio ci vuoi 'punire' facendoci fare la strada più lunga per acquistare il cibo, perché non compri l'appartamento a Cagliari? Dovremmo fare solo un'ora di strada in più, e ci sono molti grossisti intorno a Cagliari, quindi possiamo metterli in concorrenza".

"Ma l'università di Sassari vale più di quella di Cagliari, amore - lo dice il CENSIS. Non posso comprare un appartamento accanto al Balliol College di Oxford, lo compro per le figlie presso il miglior ateneo che posso permettermi".

"Se è per le figlie, perché non tieni l'appartamento in Continente? Non è lontano da un'università".

"L'università di Verona è meno quotata di quella di Sassari - et pour cause, visto che è nella città più reazionaria d'Italia. E l'appartamento, che non hai mai visto, è sopravvissuto alla guerra, è scomodo e da ristrutturare. Tre persone ci stanno male e non riescono a studiare senza disturbarsi a vicenda. Da' retta a me, a Sassari le figlie hanno delle possibilità in più".

"Vorrei però che le nostre figlie uscissero da quest'isola e conoscessero il mondo. Quest'isola è una Grande Madre incarnata - protettiva e generosa, ma anche soffocante!".

"Venderò altri immobili e comprerò loro una casa presso l'ateneo di loro scelta, se proprio Sassari non piacerà loro. Però intanto vi salva da molti pericoli un appartamento a Sassari!"

Rebecca tacque, ma quella notte, dopo aver fatto l'amore con Juno e prima di prepararsi per l'appuntamento con le sorelle (Juno aveva insistito che prenotassero una camera d'albergo), le disse: "Non ci hai mai portato in vacanza in Continente".

"Non sono più affezionato a Verona", rispose Juno.

"Vero, ma io contavo che mia figlia avrebbe studiato in Continente, e quindi, prima di accettare di vendere l'appartamento, portaci lì e facci vedere se è proprio impossibile viverci!"

"Ne riparliamo domattina, amore. Ora devi andare, e salutami le sorelline. Se foste tre uomini vi direi: 'In alto l'asta!', ma che potrei dire a tre donne?"

"Buon appetito e più grande piacere!", rispose sorridendo Rebecca.

lunedì 18 settembre 2017

Juno.00004.004 - Mariscuola Maddalena - 004


L'edificio di cui parlava Juno era stato acquistato appena l'anno prima - il proprietario purtroppo si era gravemente ammalato, ed aveva deciso di estinguere il mutuo perché sapeva che avrebbe schiacciato gli eredi, che avevano già le loro case.

Juno volle essere generosa e propose di ricavare al pianterreno (alquanto ampio) un bilocale con diritto d'abitazione per l'ex-proprietario, in modo che egli potesse vivere i suoi ultimi mesi almeno in una parte di quella che era la casa dei suoi sogni, ma il possibile beneficiario rispose sdegnosamente di no.

"Transfobia", pensò Juno, "Ma non posso insistere a fare del bene a chi non ne vuole".

Poiché tutti i problemi che poteva avere l'edificio erano stati risolti con la precedente compravendita, e non c'erano mutui da chiedere, il rogito fu fatto in poche settimane. Rebecca rivendette la cucina del ristorante per far spazio ai germogliatori (non risultava pratico farsi portare tutti i giorni i germogli da Bosa), ed il ristorante "Miqdash me'at = Piccolo santuario" aprì anche alla Maddalena.

Mariscuola aveva comunicato intanto a Juno, Rebecca e Giaele che avevano vinto il concorso ed a breve avrebbero cominciato l'anno scolastico - giusto in tempo per completare il trasloco. Giaele avrebbe voluto portarsi in casa Dalia, ma Rebecca e Juno le fecero notare che mettersi a convivere troppo presto può destabilizzare una relazione - le consigliarono perciò di portare pazienza.

Il ristorante cominciava a tirare, ma Rebecca dovette tornare alla carica con Juno: "Amore, a questi grossisti ordino delle derrate, ed i loro camion ce ne consegnano altre. Non si rendono conto che quella che per loro è una minima differenza è per me uno scadimento inaccettabile, e mi tocca scartare buona parte di quello che portano. Sta diventando conveniente comprarle dal fruttivendolo - quello che vedo e scelgo porto al ristorante".

"Che dobbiamo fare?"

"Ci vuole il famoso furgone frigorifero: faccio caricare sul furgone davanti ai miei occhi la frutta e la verdura che ho scelto e pagato, e la porto qui. Oltretutto, il furgone non paga il traghetto come un camion".

"E va bene, sei tu l'ingegnera, scegli tu il mezzo che ci conviene. Non è che per caso ci vogliano due furgoni - uno anche per Bosa?"

"Non osavo proporlo".

"Per quanto riguarda il campeggio naturista?"

"La domanda di concessione è stata accolta - il nostro campeggio separerà ancora più nettamente il tratto di spiaggia naturista per tradizione dal resto. Chi vuole andarci gratis e scomodo sarà ancora più protetto dai 'tessili' (guardoni, esibizionisti, poliziotti che argomentano che le nudità altrui non sono abbastanza nascoste), chi è disposto a pagare, verrà da noi. Ovviamente, chi vuole mangiare ha bisogno di cibo, ed anche per questo conviene avere il furgone".

"Non posso occuparmi da sola di due ristoranti", osservò Juno, e Rebecca rispose: "Tu ti occupi del campo naturista e del suo ristorante, di quello qui al porto ci occupiamo io e Giaele".

"Ma avrete anche il tempo di occuparvi dei compiti degli alunni, e delle vostre professioni di dottora ed ingegnera?"

"Si vede, amore, che sei stata assegnata alla nascita al sesso maschile! Noi assegnate alla nascita al sesso femminile siamo abituate a fare i salti mortali fin dalla culla! Non risparmieremmo tempo facendo da mangiare solo per la famiglia anziché per tutti i clienti del ristorante!"

"Colpita ed affondata! Va bene, facciamo così. Quando facciamo il trasloco del campeggio da Bosa a Caprera?"

"Una parte dei prefabbricati li portiamo là già a dicembre. Sono quelli che non siamo mai riusciti a riempire, perché ne avevamo comprati troppi".

"Giusto. Abbiamo solo le spese di trasloco e posa di cavi e tubi".

"Esatto. Non ci sta andando male".

sabato 16 settembre 2017

Juno.00004.003 - Mariscuola Maddalena - 003


Dopo la "festa", Rebecca fece alcune ricerche in Internet, e provò a discutere con Juno:

"Amore, che dici se noi, anziché affittare una casa alla Maddalena non ci compriamo un camper per viverci?"

"Mah ... il mio davanzale in un comune camper non ci sta, dovreste viverci anche tu e Dina, ed una casa mobile abbastanza grande per noi tre dovrebbe essere come quelle dei rom. Non costerebbe meno di un immobile, non la potrei guidare perché non ho la patente C, e si deprezzerebbe più rapidamente di una casa. E se rimane sempre nello stesso posto, ci vuole per essa una licenza edilizia perché è mobile solo di nome".

"Ci ho pensato anch'io. Però se deludiamo la Mariscuola, e dopo un anno non ci rinnovano l'incarico di istruttori, il camper lo possiamo portare via".

"Se succede una cosa del genere, rivendiamo la casa o la diamo in affitto. Mi pare molto più pratico. Affittare una casa adatta a noi per un anno costerebbe quanto pagare il notaio per acquistare la medesima casa. Se abbiamo sfortuna, non abbiamo speso di più; se abbiamo fortuna, non dobbiamo ripetere la spesa per continuare a vivere nella medesima casa".

"Ottima osservazione. Ed abbiamo già scartato l'idea di fare i pendolari, perché da Bosa a Palau ci vogliono minimo minimo due ore e mezzo d'auto".

Rebecca fece varie ricerche sul web, scoprì un immobile molto interessante e chiese: "Tesoro, ti va di insegnare al mattino e cucinare a mezzogiorno e sera?"

"Cos'hai trovato?"

"Uno stabile con un piccolo ristorante al pianterreno e due appartamenti al primo piano. Uno andrebbe bene per noi, uno per Giaele".

"Quanto?"

"Mezzo milione di Euro in tutto. Se Giaele accetta e paga il suo appartamento, ce lo possiamo permettere".

"Se il ristorante ha successo. Dove si trova?"

"Al porto".

"Dubito che i turisti vogliano mangiare vegano crudista alla Maddalena. E probabilmente non potremo farlo naturista, altrimenti non avremo abbastanza clienti per far tornare i conti".

"Già. Me ne dispiace. Ma il vegano crudista può riuscire. Ma non lo farei gestire dall'associazione Pardes Rimmonim. Fonderei un'SRL per gestirlo, a cui cedere anche il locale e le attrezzature del ristorante di Bosa".

"Va bene. A Bosa la situazione continua come adesso, con la Pardes Rimmonim che si limita ad affittare locale ed attrezzature, e continuerà a fare utili poco sopra lo zero. E le figlie avranno un'associazione lucrativa in cui lavorare, se lo vorranno".

"Esatto. C'è un problema: qui alla Maddalena il cibo costa più che a Bosa".

"Che vuoi fare?"

"Direi che ci conviene comprare un camion frigorifero per acquistare i cibi all'ingrosso, e portarlo a Bosa ed alla Maddalena".

"Ehi! Un ristorante vegano crudista deve fare la spesa ogni due giorni al massimo! Non vogliamo fare i pendolari per andare ad insegnare, e lo diventiamo per portare il cibo ai ristoranti? Sei sicura che qui in Sardegna non ci siano grossisti capaci di consegnare il cibo ai clienti?"

"Mi informerò. Ma pensavo che i due ristoranti insieme potessero spuntare condizioni migliori".

"Non al prezzo di ammazzarci al volante! Per l'oasi naturista ti sei interessata?"

"C'è la spiaggia nudista di Caprera. Bisogna vedere se ci concedono un tratto di spiaggia su cui portare eventualmente i prefabbricati che avevamo a Bosa ed erigere la succursale del ristorante. Qui contiamo su Dalia".

"Ma non possiamo farlo subito, e quindi nel frattempo compriamo l'edificio alla Maddalena. E nessun altro veicolo".

giovedì 14 settembre 2017

Juno.00004.002 - Mariscuola Maddalena - 002


Invece Debora sentiva un problema più pressante. Convocò un "consiglio di famiglia" con le sorelle Rebecca e Giaele, e la cognata Juno, ed esordì così: "Come si chiama in ebraico la proprietà avita che giunge all'erede come il fiume alla foce?"

"'Fiume' in ebraico si dice 'nachal'", rispose Juno, "e 'nachalah' è la parola a cui alludi. Quando in 1 Re 21 il re Acab chiede a Nabot la sua vigna, questi rifiuta dichiarandola 'nachalat avotay = il retaggio dei miei padri', a cui lui è particolarmente affezionato. Ed una signora valdese che conoscevo in Continente mi disse che un commentatore spiegava lo strano viaggio di Giuseppe e Maria da Nazaret a Betlemme (ora basta un'ora di autostrada, ma allora ci volevano diversi giorni a dorso d'asino) descritto dal Vangelo secondo Luca dicendo che forse Giuseppe voleva far censire la sua famiglia presso la sua 'nachalah'".

"Esatto, Juno", disse Debora, che però obbiettò: "E come mai a Betlemme la Sacra Famiglia non aveva posto per dormire, allora? Si spiega solo se si pensa che la 'nachalah' di Giuseppe fosse lontana da lì. Magari ad Hebron, città di Davide, avo di Giuseppe, ed alla quale si arriva proseguendo verso sud?".

"Ottima osservazione, ma non mi hai fatto la domanda per parlare di esegesi biblica", ribattè Juno, e Debora venne al punto: "La nostra 'nachalah' qual è? E dov'è?"

Rebecca rispose: "In questa città. È l'oreficeria di famiglia, e tutto ciò che abbiamo costruito a partire da essa"; Giaele assentì con la testa, ma Juno corresse: "Non ho più 'nachalah' nel mio paese in Barbagia, e da ebrea sono abituata ad applicare a me stessa il detto talmudico: 'Dal giorno della distruzione del Tempio, nulla ha Dio Benedetto al mondo se non i soli quattro cubiti dell'halakhah' (bBerakhot 8a). Sono una persona molto mobile, ed ho adottato la vostra 'nachalah' come fosse la mia. Rut disse a Noemi: 'Non mi pregare di abbandonarti e di cessare dallo starti dietro, perché dove camminerai camminerò, e dove alloggerai alloggerò, ed il tuo popolo sarà il mio ...' (Rut 1:16). Ho detto le stesse cose a Rebecca il giorno della nostra unione civile. Non avevo bisogno di finire il versetto perché ebrei e cristiani adorano il medesimo Dio".

"Cosa vuoi che facciamo?", chiese Rebecca, e Debora chiese: "Voi pensate di trasferirvi definitivamente alla Maddalena e lasciare la nostra città?"

"Per le nostre figlie, questo ed altro", rispose Rebecca, e Giaele aggiunse: "Ho già ottenuto il trasferimento all'ospedale di Olbia. Ed a quanto pare, dovrò collaborare con il presidio sanitario di Mariscuola Maddalena. Quell'isola è la mia nuova casa".

Juno disse: "Io rimango legata alla nostra città, ma le nostre figlie valgono questo trasferimento".

Debora disse: "La figlia più vecchia è la mia, Rachele, che ormai ha cinque anni ed il prossimo anno inizia le elementari. Io farei così: voi andate alla Maddalena, non comprate case, ma al massimo affittatele, e fiutate l'ambiente. Se davvero è bello come sembra ora, venderemo tutte le attività e conserveremo solo la nostra casetta per passarvi le vacanze e per ricordare a figli e nipoti da dove siamo venuti. Se non è bello, potete tornare qui".

"Avevo pensato ad una cosa simile", osservò Rebecca, "presumendo però che non ci fosse un 'periodo di prova', e che tu saresti rimasta a Bosa per il tempo necessario a liquidare gli affari di famiglia. Il mio piano viene solo posposto di un anno".

"Allora siamo quasi d'accordo", rispose Debora, che però aggiunse: "C'è un altro problema di cui dobbiamo parlare solo noi sorelle", e si rivolse quasi minacciosa a Juno, ma Rebecca la interruppe: "Juno sa tutto, anche se non si è mai scandalizzata né opposta. Possiamo parlarne davanti a lei".

Debora e Giaele la guardarono stupite, ma Juno rispose: "Se delle adulte consenzienti vogliono divertirsi insieme, io non glielo vieto".

"Quand'è così", disse Debora, e proseguì: "Siamo distanti, e siamo fidanzate. Continuare ad incontrarci come facciamo adesso sarà impossibile. Che facciamo?"

"Chiedete alle vostre fidanzate la qualità e la quantità che finora avete chiesto l'una alle altre. Mi pare semplice", rispose Juno, con le sorelle che abbozzarono un mezzo sorriso come per dire: "Non sai quanto esigiamo!"

"Non abbiamo molta scelta", disse Giaele, "in questo inqualificabile paese si rischia di finire in prigione per una cosa del genere".

"Tu cosa dici, Debora?", chiese Rebecca, e Debora rispose: "Giovanna mi ha detto che qualcuno aveva provato a fare la spia, ma lei ha risposto che doveva 1. coglierci sul fatto od avere una prova inequivocabile; 2. dimostrare che questo aveva provocato pubblico scandalo".

"Ed infatti Giovanna un giorno mi ha preso da parte e consigliato su come proteggere casa nostra dallo spionaggio", osservò Rebecca, "non ero sicura che stesse pensando proprio a questo, ma le ho dato ascolto, eccome!"

"Quindi, in un certo senso, a Giovanna manca solo il tuo 'coming-out'", osservò Juno, "Ci vuole un grande amore per resistere ad una scoperta del genere".

"Lo so che mi ami", disse Rebecca, "e rido pensando che a te nei primi tempi avevo detto solo che ero poly ..."

"Secondo me, tu e le tue sorelle vi siete così strettamente legate insieme che, quando siete maturate sessualmente ed avete scoperto il potere del desiderio", disse Juno, " è stato naturale per voi esplorare i vostri corpi insieme anziché separatamente. Dovete aver ingerito più orgasmi che spaghetti nell'adolescenza".

"Non abbiamo avuto un'adolescenza facile, amore", rispose Rebecca, "Dio solo sa che sarebbe stato di noi se non ci fossimo potute consolare a vicenda. È come se avessimo creato la nostra banda giovanile, con un rito di affiliazione piacevole anziché doloroso".

"Alcune ferite le noto ancora. Anche per questo non vi giudico", rispose Juno.

"Io invece non ho una complice in Dalia", osservò Giaele, "Giovanna sembra una neurotipica, ma una di quelle che prima di entrare nell'Arma hanno visto tante di quelle cose che non si stupiscono più di nulla, ed è disposta ad interpretare le norme con un po' di elasticità - per cui se una donna indossa gioielli erotici d'oro, per lei non è un problema, ed il problema glielo crea semmai chi cerca di ricattarla e coinvolgerla in affari poco puliti. Invece Dalia è convinta che ci siano degli standard di proprietà che riguardano anche la sfera sessuale. L'omosessualità va bene, la transessualità anche, il naturismo ci mancherebbe, ma solo se ci si comporta in modo analogo alle coppie etero".

"Tu, Rebecca, che ne pensi?", chiese Juno, e lei rispose: "Una volta ero perfettina e dignitosa come Dalia, poi ho incontrato te ed 'Eros lysimeles glykypikron orpeton = Eros che scioglie le membra, che dolceamaro striscia', l'amore come lo cantava Saffo, mi ha colto, e da allora sono come la sposa del Cantico, che doveva custodire le vigne delle figlie di sua madre, ma la sua non ha custodito!"

"'Mi ha condotto alla cella del vino ed il suo vessillo su di me è amore!', dice più avanti il Cantico", rispose Juno, e Debora e Giaele riportarono la conversazione al punto: "Insomma, le nostre vigne da beni comuni diventano giardini chiusi. Ci entreranno d'ora in avanti solo le nostre spose".

"Non si può fare una festa di chiusura? Anche i locali che falliscono la fanno, e mi pare che le vostre vigne abbiano prodotto invece del vino squisito!", disse Juno, e Rebecca le intimò sorridendo: "Esci!"

Le sorelle si scambiarono un sorriso d'intesa, Juno si finse indignata, e quando si avviò alla porta affettò una lamentela: "Questo lipofilling non mi ha ingrandito solo il davanzale, ma anche la bocca! Quando mai imparerò a stare zitta!"

Più che una festa, fu un baccanale.

mercoledì 13 settembre 2017

Juno.00004.001 - Mariscuola Maddalena - 001

[Inizio]

Nella precedente storia, il Ministero della Difesa aveva chiesto a Juno, Rebecca, Debora e Giaele di acquistare dei terreni vicini alla base di Torre Marina per crearvi un agriturismo naturista, che solo la strada avrebbe separato dal campeggio naturista di Ohel Mo'ed, con le medesime proprietarie.

Rebecca compì le trattative con i proprietari dei terreni, ed eseguì i rilievi per costruire l'edificio dell'agriturismo con vista sul mare, ma non sulla base - se un cliente voleva tenerla d'occhio, doveva uscire dall'edificio e farsi vedere mentre andava ad appostarsi di vedetta.

Ma quando fu firmato il compromesso per l'acquisto, Dalia disse a tutte loro: "Controordine!"

"Come mai?", chiese Rebecca, e Dalia spiegò: "Diciamo che il nuovo comandante della base, ed i suoi superiori, ritengono un agriturismo in questo luogo non una protezione, ma un pericolo".

"E perché non ce l'hanno detto prima del compromesso?", chiese Rebecca, e Dalia rispose: "Non vi preoccupate, una SRL di copertura acquisterà tutto quanto e voi non ci rimetterete un centesimo. Abbiamo preferito fare così perché è più comodo comprare da un solo proprietario che con l'aiuto del notaio ha già risolto i problemi e riscattato tutte le servitù e le ipoteche, che con una dozzina di proprietari che hanno lasciato incancrenirsi delle brutte situazioni, e magari parlano pure troppo".

"Inutile dunque che costruiamo l'agriturismo", disse Rebecca, e Dalia rispose: "Anziché progettare un albergo, potresti progettare una villa. Come puoi immaginare, sarà in realtà un posto di vedetta, per sorvegliare non solo il terreno, ma anche il mare. Ti daremo le specifiche per il tetto, che dovrà ospitare radar ed altri apparecchi elettronici".

"Non vi sognerete di puntare i cannocchiali verso il campeggio naturista, spero!", protestò Juno, e Dalia rispose: "Purtroppo la concessione non verrà rinnovata, quindi il campeggio fra tre anni non ci sarà più. Per lo stesso motivo".

"Noi abbiamo individuato le spie. Senza di noi, l'avrebbero fatta franca", insistè Juno, e Dalia rispose: "Ce ne ricordiamo, e vi proponiamo di trasferire il campeggio altrove".

"Dove?"

"Alla Maddalena".

"Bel posto, ma non capisco perché proprio lì", osservò Rebecca, e Juno aggiunse: "Io vengo dalla Barbagia, ed il dialetto nuorese del mio paese somiglia ancora a quello logudorese di questa città; invece alla Maddalena si parla il gallurese, un dialetto toscano che deriva dal corso - quasi non lo capisco".

Dalia mostrò a Rebecca, Juno e Giaele i PDF del concorso per istruttori non militari alla Scuola Sottufficiali della Marina Militare de La Maddalena (detta in gergo Mariscuola Maddalena).

Juno disse: "Mah ... io potrei insegnare informatica, dopo oltre trent'anni di pratica, ma non sono laureata in questa disciplina, e penso che gli studenti se ne accorgerebbero subito".

Rebecca disse: "Sono un'ingegnera idraulica, quindi le mie competenze sono eccentriche rispetto alla condotta di una nave. Potrei studiare le materie da insegnare, ma perché non rivolgersi direttamente ad un'ingegnere navale, elettrico, meccanico, dei materiali, gestionale?"

Giaele disse: "D'accordo, posso insegnare pronto soccorso - ma una neurochirurga ed ora nutrizionista è sprecata in questo".

"Ma di voi ci fidiamo!", disse Dalia, "E la fiducia è estremamente importante per questi incarichi!"

Juno si mise a ridere: "Mah ... nel bando è scritto chiaramente che i docenti debbono evitare atteggiamenti confidenziali verso gli studenti. Ma ci offrite di portare il campo nudista a La Maddalena. Non è così facile avere un atteggiamento mentale severo ed esigente come dev'essere la vita militare la mattina, e pieno di 'body positivity' il pomeriggio e la sera. Inoltre le mie foto in cui sono vestita come Eva sono già finite nelle riviste naturiste e pure in quelle mediche (un seno come il mio rappresenta il miglior risultato che si può ora ottenere con il lipofilling), su carta ed online, e dubito che gli studenti e le studentesse riescano a rispettare una persona di cui hanno visto ogni particolare anatomico!"

"Non esagerare, amore", disse Rebecca, "nel nostro ristorante vegano crudista naturista kasher sono venuti un sacco di nostri amici, loro hanno visto i nostri corpi, noi abbiamo visto i loro, ed il rapporto tra noi e loro non è affatto cambiato. La nudità completa non destabilizza come un abito che mostra e nasconde insieme, lo dovresti sapere!"

"Diciamo che voi tre", disse Dalia rivolgendosi a Juno, Rebecca e Giaele, "non potete più essere ricattate. Ed un'insegnante trans come Juno promuoverebbe la diversità all'interno delle Forze Armate".

Juno bofonchiò: "Dalia, hai tenuto in mano l'asso pigliatutto fino all'ultimo. Se è per le persone trans lo faccio. Però come faccio con la banca dello sperma Aspermer, l'associazione Ebraismo Umanista Sardo, il ristorante Pardes Rimmonim?"

"Deleghi. La banca dello sperma è gestita da Anna, il ristorante lo può gestire Debora quando non tiene aperta l'oreficeria, l'Ebraismo Umanista Sardo vedo che va avanti da sola, il campeggio lo può gestire Giaele quando non insegna, e vi stavo dicendo che lo potrete spostare a La Maddalena ..."

"Per fortuna tutti gli edifici del campeggio sono prefabbricati facilmente amovibili - solo alcuni cavi ed alcune tubazioni non le posso traslocare", disse Rebecca, aggiungendo: "Noi tre abbiamo delle figlie che fra poco andranno a scuola. Sarà dura per loro integrarsi a La Maddalena, ed il profitto scolastico potrebbe risentirne".

"Vi dico due sole parole: Francesco Morosini", rispose Dalia. Rebecca e Debora non capirono, Juno immaginò abbastanza da strabuzzare gli occhi, e Giaele esplicitò: "Intendi dire il Collegio Militare Francesco Morosini che la Marina ha a Venezia?"

"Brava, gheto capìo propio ben!", rispose Dalia scimmiottando il dialetto veneziano, e poi proseguì in italiano: "Il collegio ha le ultime due classi dei licei classico e scientifico. Se le vostre figlie hanno delle belle pagelle, possono ambire a frequentarlo al momento giusto. E magari essere ammesse all'Accademia Navale di Livorno. E prima ancora ci sono i corsi di vela che la Mariscuola Maddalena organizza per gli studenti e le studentesse adolescenti".

Quale genitore rifiuterebbe simili opportunità? Rebecca cominciò a pianificare il trasloco - Debora sarebbe rimasta per il momento nella loro città d'origine, anche perché ormai aveva fatto le pubblicazioni della sua unione civile con Giovanna, la locale luogotenente dei carabinieri.

Giaele esitava invece ad impegnarsi con Dalia, anche se era evidente che non si vedevano nude solo in ambiente naturista - non sapeva come dire quale rapporto la legava alle sue sorelle, ed aveva paura ormai di mettere a repentaglio il futuro della figlia e delle nipoti dicendo la verità.

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Il primo controllo era molto semplice: il giorno dopo Dalia girò per il campeggio con un telefonino dotato di applicazione di analisi WiFi - mentre lei sembrava chattare con gli amici, in realtà si stava accertando che l'hotspot aveva sì attivato una rete WiFi nascosta, ma che chi vi si era collegato non era nel campeggio, né in spiaggia, né in strada.

Intorno al campeggio vi erano macchia mediterranea e degli alberi sparsi, sopravvissuti agli incendi boschivi, e questi alberi diventavano più folti allontanandosi dalla costa e salendo verso le colline vicine.

Non è una buona idea esporsi ad un pericolo da soli, ma Dalia vide che qualcuno si era collegato dal bosco lontano, e si avviò in quella direzione, dimenticando pure di rivestirsi per la fretta.

L'antenna WiFi del telefonino era omnidirezionale, ma lei aveva foderato parte dell'interno della custodia del telefonino con della carta d'alluminio, in modo da ostacolare la ricezione del segnale WiFi da dietro e di lato, ed imporre di puntare il telefono verso il dispositivo WiFi per riceverne il segnale alla massima potenza - così potè marciare verso la fonte.

Prima incontrò un cane di media taglia che si mise davanti a lei e la fissò per intimarle di fermarsi - senza tuttavia abbaiare o ringhiare. Lei ubbidì, vide delle pecore a poca distanza, e si disse: "Siamo in estate. Le pecore non dovrebbero stare qui vicino al mare - dovrebbero stare sugli altipiani od in montagna per non soffrire il caldo. Bisogna che indaghiamo sul pastore".

"Signora, si è dimenticata di rivestirsi?", chiese una voce maschile che apparve da dietro un albero vicino alle pecore, e Dalia cercò di fare la finta tonta: "Credevo di essere ancora dentro il campeggio naturista".

"No, signora, il confine è la recinzione che si trova tra la strada ed il mare. Ci sono dei carabinieri dell'ex-corpo delle Guardie Forestali in giro - le conviene tornare indietro prima che la vedano e la multino".

"Curioso", pensò Dalia, "non solo non ci prova con me come farebbe un qualsiasi tessile italiano, non solo non mi chiede se voglio bere qualcosa come farebbe un qualsiasi pastore sardo vedendo una donna tutta sudata, ma cerca di mandarmi via".

"Giusto. Mi scusi per averla disturbata. A menzus biere = Arrivederci!", disse Dalia, prima di girarsi e tornare indietro - tenendo d'occhio quell'uomo con la coda dell'occhio, e cercando di stare lontana dagli alberi per timore di agguati.

Una volta al campeggio si mise in contatto con la base, raccomandandole di tener d'occhio quel pastore - e beccandosi una bella ramanzina per essersi esposta così. Si sarebbe potuta fare la medesima indagine con meno rischi caricando un analizzatore WiFi più professionale su un elicottero antincendio, e mandarlo sulla zona con il pretesto di riempire un secchio (di alcune migliaia di litri) d'acqua di mare per combattere un incendio!

La segnalazione fu comunque utile - come ci sono pastori sardi emigrati in Continente (spesso per sfuggire a faide familiari più antiche del Vangelo - di solito chi se ne va viene risparmiato), così ci sono pastori non sardi immigrati in Sardegna (perché il pastore è un mestiere ingrato, e sempre meno giovani sardi lo vogliono fare), e quello che Dalia aveva incontrato era già noto all'AISE (Agenzia Informazioni Sicurezza Esterna).

Purtroppo quel pastore aveva imparato nel suo paese natale a mungere le pecore, tosarne la lana, fare il formaggio, e farsi obbedire dai cani - ma non era riuscito a navigare tra gli scogli della burocrazia dell'Unione Europea in generale ed italiana in particolare. Fu facile per una pattuglia di carabinieri riscontrare che le pecore erano state comprate senza registrare il passaggio di proprietà, molte erano senza microchip, quelle che l'avevano risultavano appartenere a diversi proprietari, ed un paio risultavano pure rubate!

Abigeato, ricettazione, incauto acquisto, contratto di sòccida solo verbale? Il pastore ed i suoi "theraccos = servi-pastori" furono arrestati e portati in caserma per accertamenti, mentre un'altra pattuglia di carabinieri assai meglio addestrati perquisiva i loro averi, e rinvenne non solo delle macchine fotografiche sofisticate ed altri strumenti per eseguire rilievi geografici, ma perfino dei manuali d'uso della piattaforma robotica "Arduino".

Arduino sta alla robotica come l'open source allo sviluppo software: permette anche ad hobbisti e bambini di sviluppare dei piccoli robot, non solo giocattolo. In casa del pastore e dei suoi "theraccos" furono rinvenute parti di robot "Arduino", soprattutto ruote motrici.

Più che alle pecore, il pastore pensava ai robot, e l'esame del suo computer mostrò che la squadra di spie voleva creare dei robot semoventi tanto piccoli che dei sensori elettronici potessero scambiarli per volpi e non allarmarsi - ma ognuno portava in groppa dell'esplosivo da cava (in Sardegna le cave da cui rubare l'esplosivo non mancano, purtroppo - chi visita l'isola non manca di rammaricarsene vedendo montagne sventrate e dimezzate), e doveva dirigersi verso una delle parti più infiammabili della base, per farla saltare in aria.

Le contromisure contro questo tipo di attacco furono migliorate (le parti più infiammabili furono difese con muri e paratie supplementari, ed i sensori elettronici furono affiancati da cani da guardia, meno facili da ingannare), e le spie furono rimandate nel loro paese - senza clamore.

Dalia ebbe una promozione, Juno, Rebecca, Debora e Giaele un encomio verbale ed un premio in denaro, e Dalia disse a Giaele: "Ma lo sapete perché vi hanno dato tutti quei soldi in tempi di ristrettezze anche per noi agenti segreti?"

"Avanti, che dobbiamo fare per voi?", chiese Giaele, e Diana rispose: "Aprire un agriturismo dove si era appostato il falso pastore. Quello produrrebbe anche i cibi crudi per il vostro ristorante".

"Va bene se è naturista?", chiese Juno, e Dalia rispose: "Deve essere naturista. Avete dato buona prova di voi, e non vorremmo una struttura ricettiva tessile!"

[Fine]

martedì 12 settembre 2017

Juno.00003.008 - www.kosher-naturist-restaurant.com - 008


Un giorno Juno era alla reception del campeggio naturista, ed entrarono due clienti, un uomo ed una donna, che si tenevano per mano, e sgranarono gli occhi quando la videro.

Juno pensò: "Ecco due 'tessili'. Vediamo se dopo alcuni giorni qui diventano dei bravi naturisti", e chiese loro:

"I signori desiderano?"

"Potete noleggiarci una roulotte per una settimana?", chiese lui.

"Certo. Mi servono i vostri documenti e le tessere della Federazione Naturista Internazionale".

"Non le abbiamo", rispose lei.

"Nessun problema. Ve le rilascio io".

Juno prese i documenti, ne ricopiò i dati sul computer, e si alzò per scannerizzarli con la fotocopiatrice-stampante-scanner-fax. Se fino a quel momento di lei si era potuto vedere solo il maestoso davanzale, quando lei si alzò il piano della scrivania non copriva più i genitali, e divenne evidente che lei era una trans non operata.

I due ospiti non riuscirono a trattenere dei risolini tra l'eccitato e l'imbarazzato, e Juno li rimproverò dicendo: "Signori, qui nessuno giudica il corpo altrui, nemmeno quando è di proprio gusto. Vi ricordo che se fate apprezzamenti od avances od atti sessualmente espliciti in pubblico non solo vi caccio via, ma vi segnalo alla Federazione Naturista Internazionale ed in un campo nudista non mettete più piede".

I due si ricomposero e si scusarono, pagarono l'acconto, e Juno chiese loro la targa dell'auto per assegnare loro un posto nel parcheggio.

"Non abbiamo l'auto", rispose lui, "siamo scesi dall'autobus di linea".

Juno si stupì molto: un autobus di linea passava veramente vicino al campeggio, ma l'ultima corsa era stata due ore prima - e malgrado il caldo, i due ospiti non sembravano sudati dopo aver trascorso due ore sotto il sole. Inoltre i bagagli che avevano con sé sembravano esagerati per una settimana di permanenza in un campo nudista - tantopiù che il campeggio era dotato di lavanderia.

Quello però che la insospettì di più fu quello che accadde quando i due si avvicinarono alla porta della reception verso il campeggio. Juno dovette dir loro: "Signori Vinci! Oltre quella porta ci sono solo persone nude! Dovete spogliarvi qui!"

"Davvero?" chiese lei, e Juno rispose: "Fino alla prossima primavera non prevediamo eventi 'clothing-optional' per introdurre le persone al naturismo. Volete che annulli la prenotazione e vi restituisca l'acconto?"

"No, no, ci spogliamo", rispose lui, e Juno notò che lui sembrava sorpreso dal corpo di lei, e lei imbarazzata a mostrargli il proprio. Juno concluse: "È la prima volta che i due si vedono nudi. E perché mai risultano entrambi sposati, hanno lo stesso cognome e si tengono per mano come fossero una coppia?"

Non appena i due si furono svestiti e varcarono quella porta, Juno mandò a Giaele la scansione dei loro documenti e riferì i suoi sospetti. Giaele rispose con un: "Inoltro a chi di dovere", ma non disse più nulla.

Gli ospiti Vinci, Giovanni lui e Gigliola lei, sembravano a disagio - era soprattutto lei a sentirsi fuori luogo. A tavola c'erano delle ragazze della sua età che cercarono di fare amicizia, ma lei non riuscì a ricambiare i loro approcci, e lei sembrava preoccupata soprattutto di difendere il proprio pudore dagli sguardi di Giovanni.

"Ci sono le donne che vengono in un campo nudista per seguire il proprio uomo, non per passione per il naturismo, ma non è nemmeno il caso di Gigliola", pensò Juno, e si chiese: "Ma che sono venuti a fare qui?"

Dopo pranzo, mentre Juno metteva i piatti in lavastoviglie, Giaele entrò in cucina e le chiese: "Hai un passepartout per aprire la roulotte dei Vinci? Si sono vestiti come per un'escursione nei boschi e sono usciti dal campeggio.

"Vuoi vedere se hanno lasciato lì dentro qualcosa di compromettente?"

"Dalia vuol vederlo".

"Ah, allora avevo visto giusto!", disse Juno, prima di staccare una chiave elettronica dalla cintura e spiegare a Giaele come usarla.

"È meglio che vieni anche tu. In fin dei conti, sei tu la padrona. Rebecca non c'è".

Juno prese una cassetta degli attrezzi, e si recò alla roulotte con Giaele e Diana. Mentre le ultime due perquisivano, Juno faceva finta di sostituire i tubi dell'acqua e di scarico della roulotte, ed ogni tanto chiedeva se tutto funzionava oppure no.

La roulotte non era grande, e la perquisizione durò poco; Giaele riferì a Juno che Diana aveva trovato uno hotspot satellitare nascosto sopra l'oblò del soffitto, e la SIM inserita puntava ad un paese straniero.

Quando Rebecca tornò al campeggio (era stata all'ospedale a vaccinare Dina) e Giaele ne parlò anche con lei, Rebecca commentò: "Ragazze, è una cosa mostruosa! Quell'apparecchio lì può collegare ad un satellite fino a 10 dispositivi in un raggio di oltre 30 metri! Probabilmente le spie più pericolose non sono questi nostri clienti (che si sono dimostrati anche alquanto sprovveduti), ma altre persone che stanno raccogliendo informazioni qui intorno ed inviandole via satellite!"

Dalia replicò: "La situazione è sotto controllo. Non fate nulla, stiamo cercando di rintracciare chi usa quello hotspot, e risalire ai livelli superiori dell'organizzazione".

lunedì 11 settembre 2017

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Al chiuso, Debora vuotò il sacco: Giovanna le aveva riferito che Giaele aveva ricevuto un "Nulla Osta Sicurezza" che era in relazione con i viaggi che lei ultimamente faceva ad Alghero.

"Credo che l'unico posto vicino ad Alghero in cui serva un NOS", osservò Rebecca, "sia il Centro Addestramento Guastatori di Torre Marina. Lì si addestrano spie italiane e di paesi alleati! Devi aver avuto un NOS stratosferico, Giaele!"

"No comment!", rispose Giaele, e le sorelle le chiesero: "Hai trovato la tua Mata Hari?"

"A tempo debito lo saprete!", rispose Giaele.

Le sorelle risposero solo: "Ti auguriamo ogni fortuna!"

Il ristorante cominciò subito a rendere, per la stanchezza di Juno, che era la sua unica cuoca, sguattera, cassiera, donna delle pulizie, ed amministratrice, e si trovò a lavorare moltissimo. E la formula dell'associazione no-profit le impediva di godere degli utili del ristorante - l'unico vantaggio che ne aveva era che lei e la sua famiglia allargata potevano mangiare al ristorante, detraendo le spese del cibo dalle tasse.

In poco più di due anni non solo si erano pagate le attrezzature, ma si era accumulato abbastanza denaro da pensare di chiedere in concessione un tratto di costa e fondarvi un campeggio naturista.

Fu interpellata Giaele, per non rischiare di scegliere un tratto di costa di interesse militare, e Rebecca compilò l'istruttoria e presentò la domanda a nome dell'associazione "Pardes Rimmonim".

La Regione Sardegna e gli altri enti interessati assentirono, ma Giaele avvertì le sorelle ed Juno: "In realtà l'area scelta è di interesse militare, ma l'autorità militare ha pensato che fosse meglio affidarla ad un'associazione come la nostra, che scheda puntigliosamente chi entra nel campeggio naturista, che lasciarla aperta al pubblico!"

"Che tipo di interferenze avremo?", chiese Juno, e Giaele rispose: "Fra i clienti ci saranno sempre degli agenti segreti. Questo non vuol dire che dovete aver paura di loro. Se un cliente si comporta male, lo cacciate via; e se il cliente è un agente segreto, il mazzo glielo faranno i superiori per essersi bruciato. Se voi faceste finta di niente, insospettireste gli altri clienti, o li costringereste a chiamare i carabinieri, ed allora salterebbe la copertura di tutto il campeggio".

"Agli ordini, Giaele", disse Juno.

Ci volle poco tempo per attrezzare il campeggio (che fu chiamato biblicamente "Ohel Mo'ed = La tenda dell'incontro"), e di esso si occupò Rebecca: trasferì lì il suo studio di ingegnera, e così potè verificare che i dipendenti dell'associazione Pardes Rimmonim facessero un buon lavoro.

Con la scusa che il campeggio era più vicino ad Alghero della loro casa, anche Giaele vi si trasferì, e Rebecca notò che passava molto tempo con una bella ragazza di nome Dalia, che aveva inizialmente prenotato una settimana solo di permanenza, ma continuava a rinnovarla come se lei non dovesse pensare alla scuola od al lavoro.

"Spero che gli altri clienti non facciano due più due come me", pensò Rebecca, "anche se lei e Giaele sembrano una bella coppia".

La notte tutta la famiglia preferiva passarla nel palazzo con il ristorante in città - sarebbe stato spiacevole farsi sentire dai campeggiatori, e creare il temuto "pubblico scandalo", durante il loro passatempo notturno.

Juno.00003.006 - www.kosher-naturist-restaurant.com - 006


Decisa la data, fu inviato un comunicato stampa ai giornali, che spiegava che il giorno di "Tu Bi-Shvat" (nel 2018 cadrà il 31 gennaio) si sarebbero svolte due cerimonie. La sera della vigilia, ci sarebbe stato il "Seder - pasto rituale", in cui si sarebbero consumati 12 frutti provenienti dalla Sardegna:
  • Olive;
  • Datteri;
  • Uva;
  • Fichi;
  • Melagrane;
  • Grano (germogliato, non panificato, perché il ristorante è crudista);
  • Arance, mandorle e noci (in quanto frutti col guscio oppure con una buccia immangiabile);
  • Pesche (in quanto futti con un nocciolo da scartare);
  • More (in quanto frutti completamente commestibili);
  • Pompìa (un ibrido sardo tra cedro e limone).
La coltivazione delle palme da datteri in Sardegna è ancora amatoriale, e quella degli aranci in Sardegna è cominciata da poco, ma sarebbe stato spiacevole importare questi prodotti da oltremare.

Infatti il rito prevedeva questi frutti in quanto autoctoni della Terra d'Israele, e celebrarlo con frutta d'importazione sarebbe stato far torto all'Isola, il cui clima è solo un po' più freddo di quello israeliano.

Giaele, divenuta ormai nutrizionista, si lamentò perché il menu prevedeva frutta fuori stagione (pesche e more), e Juno dovette promettere di far meglio l'anno successivo.

Il mattino dopo invece si sarebbe piantato un albero in giardino (per quell'anno fu scelto il fico), alla presenza del sindaco Paolo e della luogotenente dei carabinieri Giovanna. Se il seder era previsto naturista, la cerimonia in giardino sarebbe stata aperta ai tessili.

Nel seder era previsto bere vino oppure (per gli astemi) mosto non fermentato; il rito prescelto prevedeva di bere quattro bicchieri, ognuno con un tipo diverso di vino o mosto, dal bianco pallido al rosso cupo, per rappresentare i quattro mondi della Qabbalah ('Asiyah = Azione, Yetzirah = Formazione, Beriyah = Creazione, 'Atzilut = Elevazione).

Anche le ultime quattro categorie di frutti rappresentano i quattro mondi della Qabbalah; il mondo più elevato, "'Atzilut = Elevazione" dovrebbe essere rappresentato da un cedro del Libano (Citrus medica), ma in Sardegna ne esiste una varietà chiamata pompìa (Citrus monstruosa).

Purtroppo ambo le varietà di cedro sono troppo amare per essere mangiate senza trattamento; di solito la polpa viene messa a bollire, ma Giaele dovette inventarsi un trattamento a freddo, adatto ad un ristorante crudista - immergendo l'albedo (la parte bianca della buccia), l'unica parte commestibile, in acqua fredda e succo di limone per alcune ore e poi sciacquandola.

Ogni coperto finì con il costare di più del suo prezzo, ma il ristorante fu pieno di gente che apprezzò molto l'atmosfera - piacque particolarmente l'idea di danzare intorno alla tavola imbandita, imitando il rabbino Yaakov Koppel, il quale danzava addirittura per un'ora intera intorno alla tavola di Sabato, perché prima di gustare il cibo ne assimilava l'essenza spirituale, che lo riempiva di tanta gioia da farlo ballare!

Un seder ha due parti - i cibi rituali (di tipo ed ordine prescritto) e quelli nutrienti (a piacere), e gli ospiti apprezzarono anche quelli, anche se il sapore era un po' diverso dal solito perché erano stati arricchiti con integratori di ferro, calcio, iodio, vitamine, eccetera, per rendere nutrizionalmente valida una dieta puramente vegana.

Diverse persone lasciarono una mancia che rimise in equilibrio i conti del ristorante, e tra i presenti c'era anche Giovanna, la luogotenente dei carabinieri. La famiglia la conosceva già da quando uno dei gioielli prodotti da Debora era stato usato per un'operazione spionistica, e Giovanna, quando non era imprigionata dalla divisa, era una donna carina e simpatica, tant'è vero che Juno, Rebecca e Giaele si chiesero se non stesse facendo il filo con Debora.

Loro due non avevano bisogno di scambiarsi i numeri di telefono privati, ed il mattino dopo, mentre Juno ed il sindaco piantavano il fico (gran parte del lavoro la faceva il sindaco, a dire il vero, perché Juno non vedeva sotto il suo davanzale), Debora e Giovanna si scambiarono delle occhiate poco protocollari, che passarono inosservate solo perché il pubblico era distratto dalla goffaggine di Juno.

Le notarono invece Rebecca e Giaele, che dopo la cerimonia presero a braccetto Debora e le dissero: "Che fai, sorellina, ti accasi ora?"

Debora arrossì come una melograna e rispose: "Giovanna è carina, ma è presto per impegnarsi con lei".

Rebecca disse a Giaele: "E tu, sorellina, non dai una mamma a tua figlia?"

"Dovrei fare un bel coming-out all'ospedale, anche se ormai il mio è un segreto di Pulcinella, ed hanno notato in molti che Lia assomiglia a Juno. Poi, deluderei un po' di colleghi maschi. Infatti, ogni volta che c'è da far tacere le chiacchere, flirto con uno di loro, e poi lo pianto".

"Quanti cuori hai spezzato così?", chiese Juno, vittima anche lei da giovane di camioniste velate, e Giaele rispose: "Una dozzina - ma tranquilla, dopo si sono tutti felicemente sposati. Il danno non è stato permanente!"

"Non c'è nessuna bella lesbica in ospedale?", chiese Rebecca, e Giaele rispose: "Il lesbodar trilla quando entrano in reparto le ragazze delle cooperative di pulizia, ed il segnale Bi-Fi è forte quando entrano alcune OSS, ma nessuna di loro fa per me".

Debora chiese: "Giaele, mi spieghi come mai ultimamente ti sei presa diversi libri non sulla vela, ma sulla marina militare italiana?"

"Una delle tante passioni che noi Aspie coltiviamo", provò a rispondere imbarazzata Giaele, ma Debora la incalzò: "Non ce la conti giusta. Non sai che mi ha detto Giovanna ieri sera dopo il seder!"

"'Buonanotte, amore'?!?", rispose ridendo Giaele, e Debora ribattè: "Ne parliamo al chiuso. È una cosa seria!"

sabato 9 settembre 2017

Juno.00003.005 - www.kosher-naturist-restaurant.com - 005


Il ristorante era pronto per la metà circa di dicembre, e la prova generale fu il pranzo di Natale a cui furono invitati tutti i parenti di Juno, Rebecca, Debora e Giaele (e delle loro figlie Rachele, Lia, Dina).

Non è facile organizzare un pranzo natalizio crudista, ma le ricette si trovano sul web, ed il momento peggiore non fu portare in tavola un piatto malriuscito, ma quando Rachele chiese alle mamme Debora e Juno: "Mamme, perché ora siamo tutti vestiti anziché nudi come al solito?"

La domanda era stata prevista, e Juno rispose: "La maggior parte delle persone vuol farsi vedere nuda solo dalle persone più care, e si stente a disagio quando la vedono nuda altre persone. Per questo abbiamo permesso loro di vestirsi, e ci siamo vestite anche noi".

Nessuno dei presenti cristiani era particolarmente religioso, e questo rese più facile festeggiare insieme; anche le persone che avevano criticato in passato la scelta di Rebecca di unirsi civilmente a Juno, e di Debora e Giaele di avere delle figlie con la fecondazione eterologa, si riappacificarono con loro.

Dopo quella festa, Juno volle discutere la data dell'inaugurazione ufficiale del locale.

Debora disse: "L'avessimo inaugurato ieri, sarebbe stato un successone. Potremmo provarci a Pasqua".

"Perché non il Martedì Grasso?", chiese Juno, e Rebecca rise e rispose: "Lo sai anche tu che quel giorno in questa città la mattina si piange la morte del Carnevale e la sera si va in cerca di lui con le candele. Non hai scritto una pagina web in cui confrontavi questo strano rito con la 'bdiqat chametz = la ricerca del grano vecchio' con cui inizia la Pasqua ebraica?"

"Sarebbe molto bello fare una festa del genere nel nostro locale!", disse Juno, e Rebecca disse, mentre le sorelle Debora e Giaele ridevano per non piangere: "Lo sai che la sera illuminano con le lanterne il pube dei malcapitati che vanno a passeggio e dicono che vi hanno trovato il Giolzi, la personificazione del Carnevale! Per uno che è vestito è uno scherzo pesante, per uno che è nudo è una molestia, e molestie nel nostro locale non ce ne devono essere!"

"Non sapete stare allo scherzo!", disse Juno, e Rebecca spiegò alle sorelle: "Scusatela - le piace proporre delle cose ridicole a dirsi ed assurde a farsi perché conta su di noi per impedirle di realizzarle".

"Scusata", disse Debora, che aggiunse: "All'Università ho studiato queste cose, e penso che sia il caso di festeggiare non il Carnevale, ma la Pasqua. Lo possiamo fare un 'Seder Pesach = cena pasquale ebraica' in questo ristorante?"

Juno divenne seria e disse: "Le 'matzot = gallette di pane azzimo' non sono crude. Se non sono state infornate entro 18 minuti dal termine dell'impastatura, ragionano i rabbini, esse hanno avuto il tempo di lievitare. Ed un 'Seder Pesach' senza 'matzot' è inconcepibile. Si può organizzare un seder vegano, ma uno crudista proprio no. Quel giorno festeggeremo la Pasqua in altro modo".

"Hmm ...", disse Debora, "E se festeggiassimo, se non la Pasqua, la nascita di colui che l'ha inventata - Mosé?"

"E come?"

"Una cena, un breve discorso ..."

"Mi divertirei molto, ma facendo la figura della guastafeste", rispose Juno, "perché non potrei fare a meno di ricordare come già dall'inizio del Seicento si fosse notata la somiglianza tra la vita di Mosé ed il mito di Dioniso. Non è bello festeggiare una persona di cui si pensa che non sia mai realmente esistita e le cui gesta sono chiaramente mitologiche".

"Peccato, sembrava una bella idea", disse Debora, ma venne in soccorso Rebecca: "Una volta siamo andate in Israele, in gennaio, ed una tua vecchia amica ci ha invitato ad un pranzo rituale, perlopiù vegano ..."

"Sorbole! È vero!", rispose Juno, "era il giorno di 'Tu Bi-Shvat = 15 del mese ebraico di Shevat', nel quale si celebrano i frutti che crescono nella Terra d'Israele, e lo si fa con 'Seder', un pasto elaborato e simbolico in cui si riafferma il legame dell'uomo con la terra e con i suoi frutti!"

"Ed immagino che non siano vietati i cereali quel giorno, e non ci sia obbligo di mangiare cibi cotti", osservò Giaele, e Juno rispose: "No, anzi! I cereali fanno parte dei frutti della terra da onorare!"

"Possiamo fare allora un 'Seder di Tu Bi-Shvat'", disse Debora, e Juno disse: "La tradizione israeliana è quella di piantare degli alberi quel giorno, noto anche come 'Capodanno degli alberi'. Sarebbe bello portare questa tradizione in Sardegna - a cominciare dal nostro giardino".

"Ed infatti la maggior parte degli alberi va piantata alla fine dell'inverno od all'inizio della primavera", disse Giaele, aggiungendo: "La fine di gennaio non sembra il momento perfetto qui in Sardegna (la fine di febbraio sarebbe meglio), ma è già buona".