domenica 20 febbraio 2022

Gabriella.0003 - Transitoriamente

 (Precedente)

“Che sta guardando nel suo telefonino?”, chiese Rav Yoel, e Ciccio rispose: “Cerco preghiere da usare per ridare forma umana alle anime dentro la mia gatta”.

Rav Yoel rispose trattenendo un sogghigno: “Non sia ingenuo. Queste preghiere non si trovano neanche nel Dark Web. Stabilirò con i miei colleghi un rituale da usare. Una cosa gliela posso chiedere intanto?”

“Sentiamo", rispose Ciccio, e Rav Yoel disse: “Servono quattro vestitini da donna, taglia 46. Non devono essere sontuosi - bastano quelli che una massaia indossa mentre cucina”.

Il giorno dopo Ciccio comprò i vestitini in un negozio di cinesi - la commessa glieli procurò dello stesso taglio, ma di diversi colori, e gli fece pure lo sconto. Mentre pagava, nel negozio entrò Yael, la moglie del rabbino.

“Buongiorno, Ciccio. Vedo che lei ha preso i vestiti che ha prescritto mio marito”, disse Yael, e Ciccio rispose: “Sì - serve altro?”

Yael gli sussurrò nell'orecchio, e Ciccio comprò anche biancheria intima per signora ed una confezione di assorbenti mestruali, dicendo fra sé: “Beate le gatte che non hanno questo problema”.

Quella sera vennero a trovare Ciccio Rav Yoel e la sua signora Yael; mentre la micia saltava in grembo a Yael, Rav Yoel mostrò a Ciccio un fascicolo con le preghiere da recitare, e gli chiese se poteva mettere la lettiera della micia in un'altra stanza, “perché è vietato pregare dove ci sono degli escrementi - anche i bambini piccoli creano complicazioni ai loro papà”.

Yael fece invece una domanda a Ciccio: “Vedo che la sua casa è un terracielo. All’ultimo piano cosa c'è?”

“Una camera matrimoniale con bagno, signora”.

“Si potrebbero portare la gatta e gli indumenti lassù?", chiese il rabbino, e Ciccio prese in mano la gatta, si incamminò verso la scala e disse: “Seguitemi. Portate voi per favore i vestiti”.

Una volta lassù Yael mise i vestiti sul letto matrimoniale addossato alla parete ovest, mentre Rav Yoel diceva a Ciccio di tenere la micia in braccio volgendo le spalle alla parete est; il rabbino si volse verso Ciccio e la micia, cominciò a pregare, ed alla fine la gatta scomparve sostituita da quattro donne nude, che scesero dalle braccia di Ciccio, e s'incamminarono verso il letto matrimoniale, in direzione dei vestiti e di Yael.

Yael disse ai due uomini: “È meglio che usciate - queste donne non sono le vostre mogli e finché non sono vestite non le potete guardare”.

Mezz'ora dopo però Yael strillò, richiamando in camera Yoel e Ciccio - che videro la gatta dentro uno dei vestiti, e nessuna traccia delle donne.

“Marito mio, che è successo? È stata solo un'illusione?", chiese Yael, e Ciccio osservò: “Illusione non è stata: sul letto vedo un assorbente macchiato”.

Rav Yoel rilesse il fascicolo e con una smorfia disse: “La trasformazione è solo transitoria, a meno che queste preghiere non vengano recitate da un minyan, ovvero dieci ebrei maschi adulti nella medesima stanza”.

“Non si può fare”, disse Ciccio, “Facciamo i conti: lei, altri nove oranti, io che devo portare qui la gatta, le quattro donne che la sostituiranno, e sua moglie che le deve assistere - sedici persone qui dentro non ci stanno! Affittiamo una sala?”. 

“No, perché la pubblicità sarebbe tanto inevitabile quanto indesiderata. Potremmo invece portare la gatta nella mia sinagoga, convocare un minyan, e completare così l'operazione”, rispose il rabbino, ma la moglie indicò il sole che stava per tramontare, e di Sabato non si parla neanche di ciò che in quel giorno non si può fare.

Il rabbino e sua moglie salutarono quindi Ciccio, dandosi appuntamento per la domenica successiva; poiché è vietato portare oggetti dentro o fuori casa di Sabato, il rabbino lasciò il fascicolo a casa di Ciccio.

Quella notte Ciccio entrò nel divano-letto matrimoniale della stanza al pianterreno (tecnicamente, un salotto con angolo cottura ed antibagno e bagno a lato - Ciccio e la micia risparmiavano riscaldamento e condizionamento stando quasi sempre in quella stanza) e la gatta lo seguì; Ciccio coccolandola disse: “Ti voglio bene”, e la micia rispose: “Anche noi tanto!”

“Ma ... micia! Tu parli!”

“Questo effetto della preghiera non è transitorio!”, osservò la micia, che continuò, cambiando voce: "Il rabbino è un po' maschilista, non gli importa di ascoltare le donne, e perciò non ha badato ad un'avvertenza in fondo al fascicolo”.

“Se io recitassi di nuovo la preghiera che accadrebbe?”, chiese Ciccio, e la micia, cambiando ancora voce, rispose: “Per favore, non farlo. Trasformazione e ritrasformazione ci hanno stancato molto. Ci dai una razione extra di cibo e ci mettiamo a dormire?”

venerdì 18 febbraio 2022

Gabriella.0002 - Post COVID

(Precedente)

“Buonasera, Bastiano”.

“Buonasera, Ciccio. Mi spieghi perché tutte le volte che qui a Bosa si parla di cose ebraiche, la tua gatta viene ad arruffianarsi il conferenziere, e tu devi venire a riprenderla?”

“Devi chiederlo a lei. Con chi parla di altre cose è molto fredda, invece”.

“Tra l'altro, questi incontri sono gratuiti, ma con prenotazione a causa del COVID. Non c'è bisogno di mandare lei in avanscoperta”.

“Lei è una gatta, non una cagna. Va dove vuole lei, non dove vorrei io”.

“Buonasera”, disse un signore vestito come un chassid con una gatta in braccio, “È lei l'umano della micia?”

“Sì, la perdoni”, rispose Ciccio, ed il chassid rispose: “Perdonatissima. Le spiace parlarmi in privato dopo la conferenza? La sua gatta ha una peculiarità che le debbo spiegare”.

La conferenza era sulla reincarnazione nella Qabbalah, ed al termine il conferenziere rav Yoel Ben Nun, il sindaco di Bosa e Ciccio si recarono al ristorante “Pardes Rimmonim = Giardino dei Melograni”.

Come ricordava Ciccio, era nato come ristorante vegano crudista e naturista, ma il COVID aveva obbligato le proprietarie a vendere, e l'acquirente ne fece un ristorante kasher (solo carne, a scanso di complicazioni), con rav Yoel Ben Nun come “mashgiach = ispettore”, che garantiva la kashrut del locale.

Non è che un ristorante giapponese organizzi seminari di iamatologia, ma il nuovo proprietario del Pardes Rimmonim ritenne che delle conferenze di ebraistica fossero un modo alto ed efficace di fare pubblicità al locale - e Gabriella, la gatta di Ciccio, ne era la frequentatrice più assidua.

Dopo cena rav Yoel prese da parte Ciccio e gli chiese: “Ha ascoltato bene la conferenza?”

“Sì. C’entra con la gatta?”

“Sì. Secondo la Qabbalah, una persona può reincarnarsi in un animale, ed un corpo può ospitare più anime precedentemente appartenute a diverse persone”.

“Questo è successo alla mia gatta?”

“Pare proprio di sì. La sua gatta ospita l’anima di quattro donne ebree, trucidate durante il pogrom di Worms del 1096”.

“E come mai si sono reincarnate proprio in lei?”

“Qualcuno ha pronunciato un incantesimo che ha fatto passare le anime di costoro in una gatta, che le ha poi trasmesse alla sua figlia maggiore, e costei alla nipote, fino alla sua micia”.

“E adesso?”

“E qui c’è una complicazione: la sua gatta ha un orecchio spuntato. Vuol dire che è stata sterilizzata?”

“Sì. Lei mi capisce, non posso accudire due o tre cucciolate l’anno per 10-20 anni”.

“Lei non avrebbe dovuto farlo. Il Signore lo ha espressamente vietato nella Torah”.

“Ai soli ebrei, ed io non lo sono”.

“Lei crede?”, chiese rav Yoel, sbalordendo Ciccio.

Rav Yoel riprese: “Quello che è fatto è fatto. Il problema è che occorre far riassumere a queste quattro donne forma umana. Se la gatta avesse generato quattro micine insieme, ognuna di esse avrebbe ricevuto un’anima, ed alla successiva reincarnazione ognuna di loro sarebbe entrata in un corpo umano. Queste anime rischiano invece di estinguersi alla morte della sua gatta”.

Ciccio osservò: “Se le antenate della mia micia non sono state capaci di generare quattro micine insieme, ma solo una ogni volta, questo spiega perché tutte e quattro le anime siano passate a quella micia. Ma lei ha spiegato nella conferenza che il reincarnarsi in un animale è una punizione – com’è che è durata oltre mille anni?”

Rav Yoel rispose: “Il Talmud [Eruvin 100b.29] dice che l’essere umano avrebbe potuto imparare la modestia dal gatto, e mi sa che queste donne avevano molto da imparare. Comunque, la punizione è al termine, ed ora occorre aiutarle a ritornare umane”.

Gabriella.0001 - Pogrom

 (Inizio)

“Buonasera, Tzitzu. Ma perché mi avete portato il formaggio a quest’ora? Sta tramontando il sole, è già cominciato il Sabato!”

“Buonasera. Rabbino. Mi spiace, si era sfilato un ferro all’asino, sono dovuto smontare, abbiamo preso il sentiero più facile e l’ho accompagnato prima dal maniscalco”.

“Povera bestia! Avete fatto bene. Sentite, il modo per consegnarmi il formaggio c’è, ma non per pagarvi fino al tramonto di domani. Di me vi fidate?”

“Certamente. Ci conosciamo da un pezzo”.

“Benissimo. Voi posate il formaggio sulla soglia, ed io lo porto dentro. Così non violo il Sabato. Ma non posso pagare nessuno di Sabato, e quindi lo faccio domani”.

Tzitzu non perse tempo ad acconsentire, ma cominciò a scaricare l’asino come lo aveva istruito il rabbino, ed in pochi minuti ebbero finito e si salutarono.

La sera dopo Tzitzu passò a ritirare i soldi, ed il rabbino, mentre lo pagava, disse: “Volete passeggiare con me? Devo farvi una proposta”.

“Non è di matrimonio, immagino”, rispose scherzando Tzitzu, ed il rabbino rispose, iniziando la passeggiata ed agitando la mano in segno di diniego: “Mia figlia è già promessa – ma in qualche modo c’entra. Il suo promesso sposo viene dalla Germania, ha trovato delizioso il vostro formaggio, e vorrebbe rivenderlo nella sua città, a Worms”.

“Quanto mi pagherebbe vostro genero?”, chiese Tzitzu, ed il rabbino rispose: “Tre quattrini alla libbra, anziché un denaro intero come pago io – ma lui è disposto a comprare anche mille libbre di formaggio all’anno …”

“… Per un totale di 3 lire, 2 soldi, 6 denari”, interruppe Tzitzu dopo un rapido calcolo, “Più di quanto avrei mai sognato di guadagnare in vita mia. Ma non ho abbastanza pecore per produrre tutto quel formaggio”.

“Possiamo finanziarti”, disse il rabbino, “Intendo dire, io ti faccio da garante presso il feneratore, e con i soldi che ti presta tu compri le pecore”.

Tzitzu non comprò solo le pecore – anche i paioli e tutti gli attrezzi per produrre il formaggio, e dovette assumere dei servi-pastori che gli costruissero ovili e capanni, oltre a badare alle pecore, e si procurò pure degli asini per il trasporto e dei cani da guardia.

Venne a trovarlo in campagna il rabbino, e Tzitzu gli chiese: “Che vi succede, rabbino?”

“Chiamatemi pure Iochanan, o, nella vostra lingua, Iuvanne”, egli rispose, “Mi hanno semplicemente spaventato i vostri cani: ritenendomi un intruso mi fissavano come se avessero già deciso come sbranarmi. Per fortuna non mi hanno aggredito”.

“Devo difendere i miei beni ed il vostro formaggio”, rispose Tzitzu, “Ma dopo una dozzina di volte che venite qui vi faranno le feste. Siete venuto a controllare la fabbricazione del formaggio?”

“Sì, ma c’è un altro problema”, disse Iuvanne, e mostrò un topino che aveva appena preso per la coda, dicendo: “I cani vi difendono dai lupi a due gambe (quelli a quattro zampe in Sardegna non ci sono), ma dai topi vi devono difendere i gatti”.

“E dove li trovo?”, chiese Tzitzu, ed il rabbino rispose: “Mia figlia è una gattara, e può darvi dei gatti che spaventano e prendono i topi. Vi rammento che il formaggio piace anche ai gatti, quindi non lasciatelo comunque incustodito”.

I gatti li portò il mese dopo Eliyahu, il genero di Iuvanne – il matrimonio si era già celebrato, ma avevano fatto prima le gatte a generare i micini di Avigail a dargli il primogenito.

Eliyahu disse a Tzitzu: “Sono molto contento di voi e del vostro formaggio, tant’è vero che mi sono permesso di passare dal feneratore e saldare il vostro debito …”

“Grazie, ma avrei preferito usare quei soldi per alcuni lavori prima di restituirli”, rispose Tzitzu, ma Eliyahu disse: “Non vi preoccupate, il feneratore vi ha concesso una linea di credito – in una parola, ve li ripresterà volentieri. Volevo invece invitarvi a venire con me a Worms”.

“A far che?”

“Chi comprerà il formaggio non comprerà un cibo qualunque, ma un formaggio fatto da voi. Mio suocero ed io ne garantiamo la qualità, ma conoscervi personalmente sarà il miglior argomento per acquistarlo”.

“Il formaggio viene lavorato in autunno. In inverno potrei lasciare le pecore ai servi-pastori ed accompagnare voi ed il vostro formaggio”.

Così fu deciso, ma il maltempo fece rimandare la partenza fino all’inizio della primavera, e Tzitzu ritenne inopportuno lasciare il gregge quando nascevano gli agnelli, per cui infine Eliyahu e Tzitzu a metà aprile del 1096 s’imbarcarono da Bosa per Genova con l’intenzione di proseguire per Worms, accompagnati da Gabriella, la gatta preferita da Tzitzu, che doveva difendere il formaggio.

Vi giunsero a fine mese, quando la Prima Crociata, bandita il 27 dicembre dell’anno prima, si stava trasformando da una spedizione verso il Santo Sepolcro in una serie di pogrom contro le comunità ebraiche di Germania.

Eliyahu accompagnò Tzitzu a casa della zia Minna, donna ricca e colta di Worms – aveva suggerito ad Eliyahu l’affare e lo aveva finanziato.

Tzitzu la trovò affascinante, ma nessuno dei due parlava la lingua dell’altro, ed oltre un gioco di sguardi non si poté andare.

Il formaggio invece non aveva bisogno di parole, e Minna invitò tre sue amiche a cena quella sera per assaggiarlo.

Alla cena parteciparono anche Tzitzu ed Eliyahu, che tradusse per Tzitzu gli apprezzamenti delle invitate per il suo formaggio, ma dopo la lavanda delle mani al termine del pasto bussarono alla porta.

Era il capo della comunità ebraica locale, che voleva urgentemente parlare con Minna. Lo fece davanti a tutti, e tutti coloro che lo potevano capire si mostrarono sempre più spaventati – finché Minna si volse verso Eliyahu e Tzitzu, dando al primo un ordine che il secondo non capì.

Eliyahu accompagnò Tzitzu in un’altra stanza, prese da un cassetto pergamena, penna e calamaio, si sedette ad un tavolo e scrisse un documento che consegnò a Tzitzu dicendogli: “Questa lettera ordina al feneratore di Bosa di pagarti lui il formaggio in nostro nome e conto. Mi spiace, ora devi scappare perché in questa casa siamo in pericolo, e rischi anche tu di essere ucciso”.

“Adesso mi spieghi che sta accadendo”, disse Tzitzu mentre prendeva in mano la lettera, ed Eliyahu disse: “Ci sono delle persone che per dimostrare la loro fede in Dio ci vogliono ammazzare. Ovviamente hanno torto, ed il vescovo della città, a cui loro dovrebbero obbedienza, ci ha invitato a rifugiarci nel suo palazzo per metterci sotto la sua protezione. Speriamo che ci stiamo tutti lì dentro”.

“Perché, quanti siete?”, chiese Tzitzu, ed Eliyahu rispose: “Più di ottocento”.

Tzitzu aggrottò gli occhi per lo stupore e chiese: “E non potete difendervi?”

Eliyahu rispose: “Ci è stato vietato di portare armi”, prima di accingersi a scrivere un secondo documento, che avrebbe poi consegnato al capo della comunità, il quale fuggì subito via.

“In quella lettera che hai scritto?”, chiese Tzitzu, ed Eliyahu rispose: “I nostri confratelli di Magonza sperano di riscattare la loro vita con l’oro, se i medesimi malfattori assaliranno anche loro, e la lettera serve a procurarglielo”.

“Siete matti”, rispose Tzitzu, “Anche nella mia isola si minaccia la gente di morte se non paga, ma il criminale spesso uccide lo stesso. Quell’oro vi servirebbe per rifarvi una vita altrove”.

“Tzitzu, vattene”, ribattè Eliyahu, “E ringrazia che se qualcuno sospettasse che sei ebreo, ti basterebbe calare le brache per dimostrare che non è vero”.

Tzitzu chiese: “Datemi la mia gatta Gabriella”.

La gatta aveva cenato in grembo a Minna ed a tutte le sue amiche – ma Eliyahu volle prenderla in braccio dicendo: “Permettimi di darle una benedizione prima che ve ne andiate”.

Tzitzu non si oppose, Eliyahu pronunciò delle parole che fecero piangere le donne, ma Tzitzu non capì, ed alla fine lui e Gabriella salirono su un asino e fuggirono, mentre Eliyahu, Minna e le sue amiche si incamminarono verso il palazzo vescovile – presagendo che vi avrebbero trovato la morte.

(Segue)